Studi e riscoperte. 2
Il Monet di Calisto Tanzi

IL TESORO
SCOPERTO E POI DISPERSO

Una grande tela di Monet, Scogliera del Petit Ailly a Varengeville, della raccolta sequestrata a partire dal 2009 a Calisto Tanzi, finì, con gli altri beni, alla Pilotta di Parma.
Dopo il tentativo, vano, di far rimanere lì il dipinto, lo scorso ottobre un’asta ha disperso questa e altre opere della collezione tra mani private, permettendo però di recuperare del denaro per risarcire i risparmiatori truffati dal crac Parmalat.

Marta Santacatterina

Era il 19 dicembre 2003, il cosiddetto “venerdì nero” per Parmalat. Proprio quel giorno venne scoperto il buco di bilancio dell’azienda, che in seguito risultò consistere nella strabiliante cifra di quattordici miliardi di euro. Il 27 dicembre dello stesso anno Calisto Tanzi fu condotto in carcere a San Vittore a Milano: la lunga storia imprenditoriale del “gran lattaio” era finita, e il resto è cosa nota.

Tuttavia, fin dall’inizio dei processi, si cominciò a parlare di un misterioso “tesoro di Tanzi”: un tesoro monetario mai trovato e che forse non è mai esistito, e un tesoro di opere d’arte che invece venne sequestrato a partire dal dicembre 2009, quando un’azione congiunta coordinata dalla Procura di Parma e condotta da Polizia tributaria, Guardia di finanza, Carabinieri, prelevò dalle abitazioni di Tanzi e di altri personaggi a lui vicini una serie di opere e arredi. Questi confluirono nei depositi della Galleria nazionale di Parma (Complesso monumentale della Pilotta) e furono affidati alla custodia giudiziale dell’allora dirigente, Lucia Fornari Schianchi; da quel momento in poi le vicende della collezione vennero trattate nella massima segretezza, nonostante già nel 2011 la successiva soprintendente avesse progettato una mostra - ottenendo anche l’autorizzazione dal procuratore della Repubblica -, poi non realizzata a causa dell’avvicendarsi di vari dirigenti alla guida dell’istituzione museale.

Nei Monet di quegli anni si può rintracciare una prima origine dell’astrattismo

Sono passati più di sedici anni da quel crac - che sembra incredibile, a rileggerne lo svolgimento - e alla fine dello scorso ottobre i cinquantacinque dipinti e i disegni più importanti appartenuti all’ex proprietario di Parmalat sono stati messi all’asta, destinando il ricavato al risarcimento dei risparmiatori truffati. Una vendita straordinaria, attesissima dagli addetti ai lavori e dai media, e che ha incassato in totale circa 12,5 milioni di euro. Negli ultimi anni alcuni quadri erano usciti dai caveau per essere prestati in occasione di varie mostre - è il caso, per esempio, di Donna con cane di Vittorio Corcos (1885) o della Finestra di Düsseldorf di Giacomo Balla (1912) - ma l’operazione più significativa precedente alle iniziative attuate per promuovere l’asta è stata intrapresa dall’attuale direttore del Complesso monumentale della Pilotta di Parma, Simone Verde, con la collaborazione di Fondazione Cariparma. Una tra le opere più preziose della raccolta, Scogliera del Petit Ailly a Varengeville di Monet, è stata esposta per tutta la scorsa estate (dal 15 giugno al 28 agosto) in una sala della Galleria nazionale, da un lato con lo scopo di far conoscere un esemplare di una serie non troppo nota dell’artista francese, dall’altro per sensibilizzare l’opinione pubblica in merito al rischio della dispersione del dipinto nel mercato dell’arte. L’obiettivo del direttore era quello di far rimanere questa opera in una collezione pubblica, possibilmente proprio in Pilotta: un obiettivo mancato, perché il 29 ottobre, dopo un’appassionante battaglia cominciata da una base d’asta di ottocentomila euro e combattuta a colpi di rilanci, la grande tela (di dimensioni notevoli, 65 x 92 cm) è stata battuta per 1.532.500 euro, con divieto di esportazione fuori dai confini nazionali.


Claude Monet, Le scogliere di Varengeville (1897), Le Havre, Muma - Musée d’Art Moderne André Malraux.

Ma perché Simone Verde aveva scelto proprio la Scogliera del Petit Ailly di Monet e non una delle altre opere della collezione di Tanzi? Il direttore l’aveva giudicata come l’unico dipinto di livello museale e internazionale tra quelle sequestrate: un esempio rappresentativo della fase matura del pittore francese, realizzato nel 1896-1897 e quindi ascrivibile alla seconda serie dedicata alle falesie. La tela reca la firma autografa di Monet e la data 1882. Tuttavia secondo Daniel Wildenstein si tratterebbe di una datazione errata assegnata dallo stesso artista in occasione di una mostra organizzata nel 1920 da Paul Durand-Ruel, il quale fu anche il primo proprietario del quadro, da allora rimasto sempre in mano di collezionisti privati. Monet aveva visitato le scogliere della Normandia già nel 1882 per poi tornarvi qualche anno dopo, in un momento malinconico causato dalla scomparsa recente di alcuni amici. Nel secondo periodo ritrasse le rocce, i cieli e i mari di quel territorio con uno stile diverso rispetto ai paesaggi più datati. La mostra di Parma intendeva evidenziare come, nei lavori di Monet di quegli anni, si possa rintracciare una prima origine dell’astrattismo. Spiccano infatti la rottura delle regole classiche della composizione e il taglio rigorosamente verticale che separa la scogliera dagli azzurri del mare e dal cielo, essi stessi nettamente separati da una linea orizzontale.

Della raccolta di Tanzi facevano parte anche tre importanti nature morte fra cui una di Picasso

La Scogliera del Petit Ailly dimostra l’autonomia espressiva dell’artista e la sua sperimentazione in pittura, quella pittura che già da qualche decennio si stava confrontando da un lato con un’innovazione tecnica - la fotografia -, dall’altro con l’arte giapponese e le stampe di Hokusai o comunque del genere Ukiyo-e che, lontane dal realismo occidentale, influenzarono non poco la cultura figurativa europea dalla metà dell’Ottocento.
Non basta, proprio i Covoni di Monet furono l’elemento scatenante per le prime riflessioni sull’astrattismo di Kandinskij: nel 1891 ebbe modo di osservarli durante l’Esposizione universale di Mosca, rimanendo folgorato «al cospetto dei valori cromatici e spaziali di questa via scientifica e concettuale alla pittura», come recitava il pannello illustrativo posto nella sala della Pilotta in occasione dell’esposizione sopra citata.
Ma torniamo alle opere sequestrate a Tanzi. Oltre a Corcos e a Balla, già menzionati - insieme a Il pollaio di Francis Picabia, sono sottoposti a tutela ai sensi degli art. 10 e 12 del DLgs 42/2004 e devono quindi rimanere in Italia - ne facevano parte anche tre importanti nature morte fra cui una di Picasso (Natura morta con limone, un’arancia e un bicchiere, 1944, recuperata dal pavimento di una cantina e che è stata aggiudicata a più di due milioni di euro, il risultato più alto tra tutti i lotti), una di Van Gogh (1885 circa) e una di Gauguin (1876 circa); un pastello di Pissarro (Contadini seduti degli anni Ottanta del XIX secolo); un olio su cartoncino di Kandinskij (Sestri Levante, 1905); un autoritratto di Ligabue del 1960-1961 e molto altro.


Claude Monet, Covoni (1891), Parigi, Musée d’Orsay.

Pablo Picasso, Natura morta con limone, un’arancia e un bicchiere (1944), dalla cosiddetta “raccolta Tanzi”.

La “raccolta Tanzi” oggi non esiste più: le opere sono in mano a collezionisti privati, galleristi e “buyers” rigorosamente anonimi, ma l’esposizione temporanea in Galleria nazionale prima - visitata da più di quindicimilaquattrocento persone in pochi giorni di apertura - e le successive mostre dell’intera raccolta allestite a cura di Pandolfini Casa d’aste presso APE Parma Museo (Arte Performance Eventi) e poi a Firenze, Roma e Milano possono essere considerate una sorta di “risarcimento morale” dovuto alla città emiliana, all’epoca duramente ferita dal crac Parmalat, e a tutti coloro che hanno subito gravi conseguenze dal disastro finanziario.

ART E DOSSIER N. 372
ART E DOSSIER N. 372
GENNAIO 2020
In questo numero: VALLOTTON Il lato ombroso dei Nabis; RESTAURI Doppio Angelico a Firenze; IMPRESSIONISTI DISPERSI Il Monet parmigiano, I Cézanne fiorentini; IN MOSTRA: Boltanski a Parigi. Medardo Rosso a Roma. Gauguin a Londra. La Mellon Collection a Padova. Valadier a Roma. Direttore: Philippe Daverio