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ALTALENANTE IL PERIODO
PIù TARDO DI ERNST

di Daniele Liberanome

Le opere più apprezzate del surrealista Max Ernst risalgono a metà degli anni Venti e ai primi anni Quaranta. Per il resto occorre cautela anche se, di recente, qualcosa sta cambiando

Pittore surrealista fra i maggiori e grande “tombeur des femmes”, non ultima, tra le sue conquiste, l’ereditiera e collezionista statunitense Peggy Guggenheim con cui si sposò nel 1941 e dalla quale divorziò due anni dopo, Max Ernst (1891-1976) si legò inizialmente al gruppo degli espressionisti tedeschi e soprattutto ad August Macke. Come lui fu colpito dalle opere di Gauguin, di Cézanne e dei postimpressionisti, ma anche dalla dura esperienza al fronte della prima guerra mondiale, alla quale però sopravvisse. Il disprezzo per i meccanismi razionalistici e per la tradizionale cultura europea lo avvicinò al gruppo dei surrealisti. Nella Coppia (L’abbraccio), una tela del 1924, espresse con forza il suo rifiuto della classica immagine di due innamorati, tanto che le figure paiono avvinghiate in modo così stretto l’una all’altra da soffocarsi reciprocamente. Rifletteva così (cioè realizzando opere come La coppia) sulle sue idee e sui suoi comportamenti da Casanova (in quell’anno si era già sposato e aveva divorziato una volta e stava gestendo un “ménage à trois” con Paul Éluard e la moglie), ma anche su un tema sviluppato in quegli anni dal suo nuovo mentore, Giorgio de Chirico. Nel dipinto, mentre una delle due figure pare vestita da buon borghese del tempo, l’altra sembra metà macchina e metà essere umano, con effetti inquietanti. Christie’s di New York ha venduto La coppia (L’abbraccio) l’11 maggio 2015 per oltre 8,1 milioni di euro e con ampia soddisfazione, superando la stima massima e segnando uno dei migliori risultati in asta di Ernst. Anzi, in realtà, sarebbe il migliore, se non fosse che Lo specchio rubato del 1941 per ben due volte ha fatto segnare un prezzo più elevato. Questo quadro pare fuori dal tempo e dallo spazio, eppure risulta ricco di riferimenti autobiografici come accade spesso per le opere dell’artista di fine anni Trenta-Quaranta. Delle tre sculture raffiguranti ninfe semi-antropomorfe in primo piano, almeno una rappresenta probabilmente Leonora Carrington, colei che Ernst aveva amato in Francia. Una relazione interrotta dallo scoppio della seconda guerra mondiale quando Ernst viene fatto prigioniero (per la sua nazionalità tedesca è ritenuto straniero in Francia) e Leonora fugge in Spagna per arrivare, dopo varie vicissitudini, a New York con il diplomatico Renato Leduc (suo futuro marito). Qui incontra di nuovo Ernst ma ormai il loro rapporto amoroso risulta esaurito.

Lo sfondo della tela richiama i monumenti khmer di Angkor, che Ernst vide nel 1924 dopo che la moglie di Éluard (forse una delle altre ninfe) aveva optato per un rapporto stabile col marito ponendo fine al “ménage à trois” portato avanti per qualche tempo. Nello Specchio rubato Ernst fece ampio e sapiente uso della tecnica della decalcomania. Sovrapponendo un foglio a un altro impregnato di colore ad acquerello o a gouache, ottenne un risultato così soprendente che l’artista non volle separarsi dall’opera, passata poi al figlio Jimmy e infine alla nuora vedova Dallas. Messa all’asta il 1° novembre 2011 da Christie’s a New York, venne pagata 11,8 milioni di euro triplicando la stima, ma riproposta da Christie’s a Londra un lustro dopo, il 2 febbraio 2016, venne scambiata per poco più di 10 milioni di euro, con disappunto del venditore. In effetti, il mercato di Ernst non mostra un trend chiaramente positivo o negativo, per cui i collezionisti devono avvicinarsi con cautela. È vero che Lo specchio rubato ha perso valore, ma non altrettanto possiamo dire della Notte senza fine datato 1940.


Lo specchio rubato (1941).

Il periodo è il medesimo, per cui non deve stupire l’ampio uso delle decalcomanie e i riferimenti autobiografici: in questo caso la recente scoperta delle grotte di Ardèche ricche di stalattiti, nei pressi del villaggio in cui allora l’artista viveva (Saint-Martin-d’Ardèche), e l’inquietante presagio del potere nazista che stava per soffocare l’Europa. Il quadro venne venduto da Sotheby’s a New York una prima volta il 2 novembre 2011 per 2,1 milioni di euro, e una seconda il 14 novembre 2017 per 3,3 milioni di euro. Del resto, l’opera venne creata (come la precedente) nei primi anni Quaranta, uno dei periodi più apprezzati insieme a quello di metà anni Venti, ossia gli anni della Coppia (L’abbraccio). È a questi due intervalli di tempo che risalgono quasi tutte le opere più care di Ernst, ma recentemente qualcosa sta cambiando, e anche i primi anni Trenta iniziano a richiamare attenzione. Non può sfuggire il buon risultato di Ritratto erotico velato dipinto in due fasi: nel 1933 e nel 1950, venduto da Christie’s di Londra il 28 febbraio 2017 per 2,7 milioni di euro. Ernst pensò alla minacciosa figura antropomorfa, che di erotico non ha niente, nello stesso anno (1933) in cui Hitler salì al potere in Germania.


Troviamo echi delle opere angoscianti degli anni Venti ma con una scelta di colori e di tecniche ben differenti.

Agli stessi anni risale anche Agli antipodi del paesaggio (1936), ricco di suggestioni surrealiste con uno scenario misterioso popolato da piccole e sconosciute creature. Lo scorso 27 febbraio da Christie’s a Londra è passato di mano per 840mila euro.
Le maggiori case d’asta stanno anche cercando di promuovere le opere più tarde di Ernst, con risultati alterni. Dove sono nati i cardinali del 1962, a tinte rosse intense con una forma rotonda che pare un sole o un pianeta lontano è stato scambiato da Christie’s (Londra, 27 febbraio 2019) per 830mila euro superando appena la stima minima; ma altre due tele, fra cui Susanna e i vecchioni del 1953 (Sotheby’s, Londra, 27 febbraio 2019), sono andate invendute, evento raro per Ernst. Conviene quindi rimanere sui periodi più richiesti dell’artista, cercando opere ben inserite nel suo percorso, e incrociare le dita. Il mercato è più stabile, ma non offre garanzie.

ART E DOSSIER N. 369
ART E DOSSIER N. 369
OTTOBRE 2019
In questo numero: Save Italy Una villa torinese, misteriosa e abbandonata. L'intervista Cesare Viel, performer. Trea gioco e design La lunga storia dei libri aniimati. Van Gogh inatteso L'artista si diverte. Le forme del caso Paraeidolia: quando l'arte inganna il cervello. In mostra: Le fotografie di Eve Arnold ad Abano Terme, Peggy Guggenheim a Venezia, De Chirico a Milano, Signorini a Firenze, Tessuti ebraici a Firenze.Direttore: Philippe Daverio