La pagina nera

QUEL MUSEO NON È UN ORRORE,
MA NON TROVA UN DIRETTORE

A Pisa da oltre un anno due musei nazionali, San Matteo e Palazzo reale, languono nel disinteresse generale: pochi visitatori, scarso personale e nemmeno un direttore. Eppure il loro contenuto non è di poco conto.


di Fabio Isman

Siamo a Pisa, autentica cartina di tornasole di molteplici vizi nei beni culturali del nostro paese. Città bellissima, piena di scoperte da fare e monumenti e musei da visitare. Dove però la piazza dei Miracoli, la torre pendente, con il duomo e il battistero, e qualche incursione nel Camposanto che ne chiude il lato nord, fanno, ovviamente, la parte del leone nell’afflusso dei visitatori. E così, tanti musei in città sono davvero “minori” (e minorati) più che non dicano le loro realtà e, magari, i tesori che contengono. È il caso, per citarne due, di quelli nazionali di San Matteo e Palazzo reale: nel 2017 (ultimi dati disponibili), rispettivamente 12.277 visitatori (di cui 5.273 gratuiti), e 3.584 (meno di 1.500 a pagamento), cui vanno aggiunti altri 409 paganti, con un biglietto cumulativo: diciamo trentadue persone in media ogni giorno, e per giunta, cifre perfino in calo rispetto al 2016. Facendo qualche conto, appena quattro frequentatori ogni mille che varcano la soglia dei monumenti nella piazza (e lasciamo pur perdere chi vi si reca soltanto per ammirarla) si sono spinti fin lì.

Ma se i due musei, come vedremo assai importanti per quel che sono e quanto contengono, non possiedono un grande appeal per i visitatori, evidentemente non costituiscono un richiamo nemmeno per i funzionari della Soprintendenza: infatti da oltre un anno sono privi di direttore: da quando a inizio ottobre 2017 è morta Alba Macripò (l’ultima direttrice).

Un bando è andato deserto; presto se ne lancerà un altro. Frattanto ricopre il ruolo Stefano Casciu, responsabile del Polo museale toscano, il quale, però, lavora a Firenze, e si deve occupare di ben quarantuno istituti: quindi provvede un funzionario delegato. Del resto, anche a Lucca è in simili condizioni il Museo nazionale di Villa Guinigi: sempre nel 2017, appena 7.806 visitatori (4.584 paganti) e, anche per questo luogo, nessun direttore.

Ma oltre a chi li capeggi, nei musei pisani è carente anche il personale tecnico e amministrativo, con le riforme confluito nelle Soprintendenze; e pure svariati custodi sono andati in quiescenza, senza essere surrogati. Non lontano, dalla certosa di Calci, a dieci chilometri dal capoluogo pisano, giunge un altro grido d’allarme: di custodi ne sono rimasti appena cinque, quindi, ogni tanto, le visite devono essere sospese.


La corte interna del Museo nazionale di San Matteo a Pisa.

Nel museo nazionale di San Matteo nessuna mostra da tanto tempo e neppure un catalogo: né scientifico, né divulgativo


In compenso, il ministro Alberto Bonisoli, in visita a Pisa, ha annunciato l’imminente apertura del Museo delle navi: sono stati stanziati 17 milioni di euro, anche se quei reperti sono stati scoperti appena (si fa per dire) al 1998. Senza prendere partito tra i favorevoli e i contrari alle più recenti riforme del Ministero, questi sono soltanto alcuni fatti. Magari accresceranno le perplessità di quanti già nutrono dei dubbi sul “nuovo corso”, ma pazienza.

Sempre a Pisa, la situazione è ulteriormente complicata a Palazzo reale, il cui museo ospita gli uffici della Soprintendenza: e così, il personale che appartiene a enti ormai diversi si mescola e convive. Mentre assai in pochi vanno a guardarsi, per esempio, Eleonora di Toledo e il figlio Francesco, la moglie di Cosimo I de’ Medici, eternata da Agnolo Bronzino; Ferdinando de’ Medici, in abiti cardinalizi, ritratto da Alessandro Allori, o i novecento armamenti antichi, fino a importanti opere del Novecento. L’edificio, sulle rive dell’Arno, è del 1583: opera di Bernardo Buontalenti, lo stesso architetto della Tribuna degli Uffizi e tanto altro; ingloba “domus” e torri medievali: di qualcuna si leggono ancora le tracce. La corte medicea vi ha ospitato anche Galileo Galilei e Francesco Redi, grande medico e letterato, che vi muore nel 1697. Dopo, passa ai Lorena, quindi ai Savoia, e il palazzo diventa così “reale”, ma dal 1919 è dello Stato. In quell’anno, infatti, la casa regnante dismette numerose residenze.

Seguono, fino al 1926, «altri ventinove decreti sul tema», spiega la studiosa Clara Goria. Nel 1919 passano al demanio, tra l’altro, anche le regge di Milano, Monza, Genova, Caserta, Palermo (con la tenuta della Favorita) e Venezia; a Firenze, Pitti e Boboli; a Napoli, Capodimonte e Palazzo reale; Moncalieri e Stupinigi a Torino. Con tutti gli arredamenti, e perfino «i palchi di corte dei teatri». «Nel 1938, con oltre duecento verbali, le consegne saranno regolarizzate », aggiunge Goria.


Adolfo Wildt, Augusto Solari (1918) Pisa, Museo nazionale di Palazzo reale.

Né meno occasioni altrettanto ghiotte si perdono mancando la visita del museo di San Matteo, che è nella piazzetta di San Matteo in Soarta: era l’omonimo convento, facciata in stile romanico-pisano. Per il Medioevo è dei più importanti in tutt’Europa, ed è museo dal 1949. L’archeologia; la ceramica di quando la città era una Repubblica marinara; la scultura pisana dal XII al XIV secolo, con esempi dei Pisano, di Tino da Camaino, e altri; il monetiere; un’eccezionale serie di croci, del XII e XIII secolo, con una firmata da Berlinghiero Berlinghieri e due splendidi esemplari di Giunta Pisano, quasi i capostipite di quelle, successive, di Cimabue e Giotto; qui sono pure i lacerti delle sculture rinvenute nel Camposanto e l’immenso (in tutti i sensi: è lungo quattro metri) Polittico di santa Caterina d’Alessandria di Simone Martini; un Masaccio; la Madonna dell’umiltà di Gentile da Fabriano; un paio di Domenico Ghirlandaio e altrettanti Benozzo Gozzoli; un Beato Angelico; il Reliquario di san Rossore, scolpito in bronzo dorato da Donatello, e altri capolavori ancora.


Simone Martini, Polittico di santa Caterina d’Alessandria (1320), Pisa, Museo nazionale di San Matteo.

Ma non bastano nemmeno queste pietre miliari dell’arte a invogliare qualcuno a dirigere tanto bendiddio. Per alcuni, il museo di San Matteo conserva un’immagine alquanto “démodée”, diciamo scarsamente attrattiva. Pochi gli introiti (nel 2017, non molto più di 30mila euro): anni fa, era disponibile a rimpinguarli una associazione del luogo; ma un progetto di riordino degli istituti rimase lettera morta.

I due musei nazionali pisani diventano così delle navi senza nocchiero: è difficile programmare infatti delle iniziative, con risorse scarse e mancanze di personale tanto significative. L’ultimo addetto alla fototeca del museo di San Matteo è in pensione dallo scorso settembre, e non è stato surrogato. Così, non si valorizzano certo le ricchezze che gli istituti possiedono; per esempio, da tanto tempo, di mostre nemmeno a parlarne. Il museo, inoltre, non può vantare un catalogo: né scientifico, né divulgativo. A Pisa, il vero Camposanto non è quello degli affreschi magnifici (e il cui restauro si è concluso da poco) di Benozzo Gozzoli, o Buonamico Buffalmacco: forse si è proprio trasferito nei due musei nazionali.


La sala delle croci dipinte (XII-XIII secolo) nel Museo nazionale di San Matteo a Pisa.

ART E DOSSIER N. 366
ART E DOSSIER N. 366
GIUGNO 2019
In questo numero: Le anime del Novecento: Kounellis: le radici; Lee Miller tra fashion e guerra. In mostra: Burri a Venezia, Haering a Liverpool, Lygia Pape a Milano. Rinascimenti in mostra: Verrocchio a Firenze, Il Mediterraneo a Matera. Il mito dell'odalisca: Orientalismi in mostra a Parigi.Direttore: Philippe Daverio