Grandi mostre. 5
Leonardo disegnato da Hollar a Vinci

LO SPECCHIODEL GENIO

Nel cinquecentenario della morte di Leonardo da Vinci, la prima mostra italiana, qui presentata dalla curatrice, sulle incisioni secentesche di Wenceslaus Hollar da disegni leonardiani dedicati al tema delle caricature e delle grottesche.
Un prezioso confronto reso possibile grazie all’apprezzamento per l’opera dell’artista boemo da parte di Carlo Pedretti, massimo esperto del maestro toscano.

Annalisa Perissa Torrini

L'esposizione in corso a Vinci (Firenze) è il primo degli eventi realizzati dalla Fondazione Rossana & Carlo Pedretti nella nuova sede della stessa, villa Baronti-Pezzatini, storico edificio recentemente restaurato, nel cuore della cittadina toscana. È dedicata a colui che più d’ogni altro ha approfondito la conoscenza di Leonardo da Vinci e la divulgazione della sua opera in Italia e nel mondo, Carlo Pedretti. A lui si deve l’idea di valorizzare le trentuno incisioni del boemo Wenceslaus Hollar (1607-1667), che lo studioso acquistò negli anni Cinquanta del Novecento, rare testimonianze dell’interesse per i disegni di Leonardo nel Seicento e importante veicolo di analisi e diffusione dei disegni leonardiani di caricature e grottesche.
I pezzi qui presentati non sono mai stati esposti prima d’ora: si tratta della prima mostra in Italia centrata sulle stampe di Hollar. Il quale estrapola da diversi disegni di Leonardo - all’epoca ritenuti tutti autografi - riportandoli su carte di piccolo formato e con estrema precisione e fedeltà, profili di uomini, donne, vecchi e giovani, teste “caricate”, teste bizzarre e teste grottesche. Le isola, a suo piacimento, da altre immagini e scritte dello stesso foglio, prendendone dal contesto originale leonardiano tre, quattro e anche più, unendole in una singola incisione, associando spesso il giovane con il vecchio e il brutto con il bello, riflettendo alla perfezione il pensiero di Leonardo stesso sulla bellezza e sulla bruttezza. Hollar, inoltre, li riproduce, con la sua abilità da miniaturista, molto spesso mantenendo il rapporto in scala 1:1, secondo l’ipotesi di lavoro avanzata da Margherita Melani nello studio condotto per quest’occasione. Esemplare il caso del foglio n. 19012v della Royal Collection di Windsor, databile al 1510-1511. L’artista boemo prende tre particolari diversi: la testa cesarea che utilizza nel frontespizio della prima serie delle sue incisioni del 1645 e ben quindici anni dopo, nel 1660, riprende due teste maschili di profilo “scorticate”.


Le incisioni di Wenceslaus Hollar riprodotte in questo articolo sono conservate nella Fondazione Rossana & Carlo Pedretti di Vinci (Firenze). Wenceslaus Hollar, Cinque teste grottesche (1646), P 1609(*).

Proprio nella serie di incisioni dagli studi anatomici (P 1578 e P 1768-1777)(*) è evidente la fedeltà dimensionale: a partire dai due busti - visti da tergo e di lato - datati 1645 (P 1768 e P 1772), tratti rispettivamente da disegni leonardiani del 1508 circa (ovvero Windsor, RL 19044r e RL 19032v), per passare poi alla testa maschile “spellata” di tre quarti, del 1648 (P 1578, da Windsor, RL 19003r), e infine al profilo di un uomo “scorticato”, del 1651 (da Windsor, RL 19002v). 

Nella microscopica incisione con tre profili maschili di tre età diverse del 1645 Hollar raggruppa un profilo di giovane ricavato da un disegno del periodo francese (Windsor, RL 12557, 1517-1518 circa), un profilo di uomo di mezza età derivato da un foglio giovanile (Windsor, RL 12276v, 1478 circa) e un uomo barbuto con cappello, dal particolare di un foglio con studi anatomici del 1510 circa (Windsor, RL 19106r, 1510 circa). 

Ma come ha potuto l’incisore boemo vedere i disegni di Leonardo e trarne le sue stampe? Li ebbe a disposizione dopo che nel 1636 entrò in contatto con Lord Thomas Howard, XXI conte di Arundel (1585-1646), diplomatico e noto collezionista che possedeva un ma noscritto di Leonardo - che porta ancora il suo nome ed è conservato alla British Library di Londra - e, probabilmente, un album di disegni, ora alla Royal Library, e venticinque caricature nella collezione di Chatsworth. Fu quest’incontro fortunato che permise a Hollar di diffondere con la sua opera la conoscenza dei disegni di Leonardo con le teste “caricate” e grottesche, rimaste fino ad allora pressoché sconosciute e diventate da allora in poi i temi più incisi. Alla loro popolarità contribuiscono anche, nello stesso secolo, Spencer (1669) e, nel Settecento, i volumi esposti in mostra sia del conte di Caylus (1730) che di Carlo Giuseppe Gerli (1784). 

Altri volumi prestati dalla Biblioteca leonardiana di Vinci documentano sia le fonti del sapere leonardiano, con il tomo di Plinio in primis, che le fonti storiche letterarie che elogiano il Leonardo che amava «certe teste bizzarre» (Vasari) e «le facce mostruose» (Lomazzo). «De visi mostruosi non parlo, perché senza fatica si tengono a mente» (Libro di pittura, par. 290), dice Leonardo, e infatti le sue fisionomie create ex novo senza riscontro diretto con il reale, sono talmente accentuate nella loro deformità da diventare del tutto inverosimili. Visi mostruosi e indimenticabili, appunto. Così le contrazioni muscolari enfatizzate e le espressioni facciali spinte al parossismo portano dalla normalità ideale all’anormalità mostruosa. 

L’idea originale di Michael Kwakkelstein approfondita nel catalogo dell’esposizione circa la superiorità di Leonardo rispetto ai poeti e allo stesso genere umano affascina particolarmente per l’interpretazione inedita del celebre disegno di Windsor con le cinque teste, manifesto della mostra con la relativa incisione di Hollar, quale elaborazione di un duello poetico.


Da sinistra: Wenceslaus Hollar, Testa virile con busto ammantato (senza data), P 1580; Leonardo da Vinci Studi miscellanei anche detto Foglio tema (1490 circa), particolare, Windsor, Royal Collection, RL 12283r.


«Se ’l pittore vol vedere bellezze che lo innamorino, lui è signore di generarle, e se vol vedere cose mostruose che spaventino, o che sieno buffonesche e risibili, o veramente compassionevole, lui n’è signore e dio»
(Leonardo, Libro di pittura, par. 13)

(*) L’iniziale P seguita da numeri, più volte presente nell’articolo e nelle didascalie, si riferisce alla catalogazione delle opere di Wenceslaus Hollar indicata nel volume di R. Pennington, A Descriptive Catalogue of the Etched Work of Wenceslaus Hollar 1607-1677, Cambridge 1982.

Quattro disegni originali, fonte figurativa delle riprese di Hollar, sono accostati in un esemplare e raro confronto, particolarmente importante per la conoscenza della grafica. In tal senso sono due le prove eccellenti di Leonardo, prestate dalla milanese Biblioteca ambrosiana, documenti delle «passioni dell’anima» e dei «moti mentali», quelle emozioni che alterano i tratti del viso e infondono alla faccia un’infinita gamma di espressioni: «Come la figura non fia laudabile s’ella non mostra la passion de l’animo» (Libro di pittura, par. 367). Profondamente convinto che il volto sia lo specchio del carattere e dell’interiorità, l’artista insiste e aggiunge: «Vero è che li segni de’ volti mostrano in parte la natura degli uomini, di lor vizii e complessioni; ma nel volto li segni che separano le guancie da labbri della bocca, e lle nari del naso e casse degli occhi sono evidenti, sono uomini allegri e spesso ridenti; e quelli che poco li segnano sono uomini operatori della cogitazione; e quelli ch’hanno le parti del viso di gran rilevo e profondità sono uomini bestiali et iracondi con poca ragione; e quelli ch’hanno le linee interposte infra le ciglia forte evidenti sono iracondi». E, sempre seguendo il metodo patognomonico, in base al quale la passione più ricorrente finisce per modificare l’aspetto in modo stabile e quindi riconoscibile, ribadisce: «Sia variata l’arie de’ visi secondo li accidenti de l’uomo in fatica, in riposo, in ira, in pianto, in riso, in gridare, in timore, e cose simili». Fino ad arrivare al grottesco che, come argomenta Sara Taglialagamba nel catalogo, rappresenta un’ulteriore caratterizzazione e stadio di esasperazione di tratti già caricati, moltiplicando all’infinito i tipi di volto, in un gioco di trasformazione e permutazione.


Leonardo da Vinci Studio dell’anatomia della spalla e del collo, (1510-1511 circa), Windsor, Royal Collection, RL 119003r e Wenceslaus Hollar, Testa virile di “scorticato” (1648), P 1578.


Leonardo da Vinci, Studio dei muscoli del volto e dei bracci e dei nervi e delle vene della mano (1510-1511 circa), Windsor, Royal Collection, RL 19012v e tre incisioni di Wenceslaus Hollar, da sinistra a destra: Testa di uomo “spellato” verso sinistra (1660), P 1769; Testa di uomo “spellato”, (1660), P 1770; Ritratto di condottiero, (1645), P 1558.

Un altro esplicito accostamento è instaurato tra due preziosi disegni della Elmer Belt Library of Vinciana di Los Angeles da Hollar creduti di Leonardo, ma ora attribuiti dalla critica all’allievo Francesco Melzi (1491/93-1568), prima appartenuti alla collezione privata del conte di Pembroke a Wilton House con altri dieci disegni di coppie assortite, ora nella biblioteca dell’Università di Los Angeles dove Carlo Pedretti ha insegnato per quasi cinquant’anni. Un’occasione, dunque, per ammirare due disegni ognuno con una coppia di teste affrontate: in uno, un uomo con i capelli al vento, corti, folti e riccioluti e il sorriso beffardo è disegnato prima da solo dallo stesso Leonardo in un foglio del Getty Museum (n. 84. GA. 647), e avvicinato da Melzi al contrastante profilo serio e corrucciato; nell’altro viene ripresa la testa di donna tracciata dal maestro in un foglio di Chatsworth (n. 824A) e affrontato a un vecchio riccioluto con una lunga barba. Hollar assembla il prototipo leonardiano, disegnato anche da Melzi con un diverso profilo a mezzo busto di donna con cuffia, creando coppie assortite a suo gusto e piacimento. Da disegni caricaturali di Melzi, Hollar trae sei incisioni tra le trentuno della collezione della Fondazione Pedretti, ora a Vinci, che rispecchiano la potenza espressiva degli originali ed esaltano il pensiero di Leonardo: «Le bellezze con le bruttezze paiono più potenti l’una per l’altra» (Leonardo, Libro di pittura, par. 139).


Francesco Melzi, Profilo di volto maschile con capelli ricci che ride di fronte ad uno con copricapo (1490), Los Angeles, University of California, Elmer Belt Library of Vinciana, n. 30c.


Wenceslaus Hollar, Tre profili virili di varie età (1645), P 1605.


Wenceslaus Hollar, Due teste grottesche che ridono affrontate (1645), P 1591.

Di Leonardo da Vinci: Testa “caricata” di profilo con cappello (1490), Milano, Biblioteca ambrosiana;


Di Leonardo da Vinci: Teste caricaturali di uomo e donna di profilo (1485-1490), Milano, Biblioteca ambrosiana, F 274 inf. n. 27 e inf. n. 28.

Leonardo disegnato da Hollar

Vinci (Firenze), Fondazione Rossana & Carlo Pedretti
a cura di Annalisa Perissa Torrini
l’esposizione ha il patrocinio del Comitato nazionale
per il cinquecentenario della morte di Leonardo da Vinci
fino al 5 maggio
orario 10-17, sabato e domenica 10-18
catalogo CB Edizioni
www.fondazionerossanaecarlopedretti.org

ART E DOSSIER N. 363
ART E DOSSIER N. 363
MARZO 2019
In questo numero: Expat: artisti senza patria. Anguissola, una cremonese in Sicilia. Cassatt, dalla Pennsylvania a Parigi. Ribera, uno 'Spagnoletto' a Napoli. In mostra: Hokney e Van Gogh ad Amsterdam. Futuruins a Venezia. Hammershoi a Parigi. Boldini a Ferrara. Hollar a Vinci.Direttore: Philippe Daverio