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La nuova oggettività
non avanza

di Daniele Liberanome

Languono, negli ultimi anni, le quotazioni delle opere della Nuova oggettività e trovare collezionisti interessati, oggi più che mai, è un’ardua impresa.

Rituffarsi nel mondo reale, mettendo a nudo tutte le sue storture, tutte le assurdità e le tragedie della prima guerra mondiale era l’imperativo della Neue Sachlichkeit o Nuova oggettività, che scandalizzò la Germania degli anni Venti del Novecento. Impressiona la differenza incolmabile fra questo movimento artistico e l’astrattismo di Kandinskij, che in quegli stessi anni dominava la scena. Da una parte opere astratte, di raro equilibrio/ disequilibrio, basate sull’interdisciplinarità adatta ai palati più fini, dall’altra le figure di un George Grosz (1893-1959) o di un Otto Dix (1891-1969), non di rado prostitute o loschi personaggi, seduti in caffè e in bordelli o in giro per strade inquinate dove si vedono ciminiere che scaricano fumi. Oppure invalidi di guerra finiti ai margini della società. In questo senso, la Neue Sachlichkeit fa sì parte della corrente di recupero della figurazione che si diffuse in Europa fra le due guerre, ma ha molto in comune con tanta arte contemporanea, per volontà di colpire gli animi con ogni mezzo, di usare toni decisamente forti. Le opere del movimento non potevano che suscitare l’opposizione degli ambienti conservatori, tanto che Hitler le mise al bando come prototipi di quella che definiva «arte degenerata » e i loro autori finirono spesso per emigrare e trovarsi altrove come pesci fuor d’acqua.
Oggi nessuno ne disconosce il ruolo nella storia dell’arte, e gli stessi autori sono ormai tanto famosi da rientrare nelle maggiori collezioni di arte moderna, specie in quelle dell’Europa centrale, ma non convincono i collezionisti come ci si potrebbe aspettare. Peserà la crisi generalizzata del figurativismo, o il legame fin troppo evidente della Neue Sachlichkeit con il mondo di inizioNovecento che viene ora percepito come lontanissimo, ma le quotazioni non decollano, anzi negli ultimi anni arretrano. Su questo piano, il paragone con Kandinskij e gli astrattisti non regge davvero.
La parziale eccezione che conferma la regola è Donna incinta che Otto Dix dipinse nel 1919 con spirito diverso rispetto a quello utilizzato per gran parte dei suoi lavori. Il quadro è pressoché astratto, di dimensioni assai maggiori del solito (135 x 72 cm), e richiama motivi cristiani rileggendoli in chiave paganizzante. La donna, appena accennata, stringe un toro - antico simbolo di fertilità - e porta in grembo una stella luminosa, come elemento divino contrapposto al muso scuro dell’animale. Insomma, un’opera stranamente poco immediata e scioccante, che per di più era rimasta dallo stesso proprietario per una quarantina d’anni; venne quindi presentata il 2 febbraio 2016 da Christie’s di Londra con una stima di 2,6-4 milioni di euro, molto elevata e con un’ampia forchetta tra valore minimo e massimo a dimostrare che ci si aspettava di tutto. Venne poi battuta per 3,6 milioni di euro, cifra record non solo per Dix ma per l’intera Neue Sachlichkeit, e di gran lunga, specie se si guarda a quanto accade negli ultimi anni.


Otto Dix, Donna incinta (1919).

La seconda opera dell’artista per prezzo di aggiudicazione risulta infatti Alba, anch’essa atipica - perché del 1913 e dal soggetto naturale e rilassante - che è stata venduta per 793mila euro da Grisebach a Berlino nel piuttosto lontano 29 novembre 2012. Da sottolineare che era stimata metà di quella cifra, e quindi che il risultato è giunto del tutto inatteso. Fra i tipici lavori di Dix venduti in asta spicca l’interessante acquerello Coppia francese del 1925, in cui non si capisce se la donna sia un uomo, una prostituta o altro, e i due personaggi si scambiano uno sguardo che non ha nulla non solo di languido, ma neanche di rassicurante. Offerto da Christie’s di Londra ancora prima di Alba, il 23 giugno 2010, è stato scambiato per 660mila euro; come a dire che il risultato in asta di Donna incinta è un unicum, nonostante la rarità delle opere di Dix, di cui un buon numero venne distrutto dai nazisti.
Anche il mercato di George Grosz, altro esponente di punta del movimento, non fiorisce. Bisogna tornare a vent’anni fa, al 9 ottobre 1996, per trovare il top lot. Quella sera Christie’s di Londra offrì Selvaggio West (Wildwest), un dipinto dissacrante del mito americano su uno sfondo dai colori scuri, forti e pastosi. Venne venduto per 1,9 milioni di euro, subito esposto a Venezia alla Peggy Guggenheim Collection e poi sparito. Ma i collezionisti oggi non sarebbero disposti a pagarlo molto meno.
Altro pezzo particolarmente caro di Grosz, la piccola tela Caféhaus (1915), riflette uno spirito meno dissacrante, ma pur sempre in contrasto con la morale del tempo. Prezzo finale: oltre 1,3 milioni di euro, ossia più del doppio rispetto alle aspettative, ma stabilito da Christie’s di Londra addirittura il 6 febbraio 2006.
Di recente, è andato piuttosto bene l’acquerello Orge, disdicevole come racconta il titolo. Nonostante la sua rarità è stato venduto per 550mila euro il 12 novembre 2015 da Sotheby’s di New York.
Se poi guardiamo alle quotazioni dell’altro mostro sacro del movimento, Max Beckmann (1884-1950), troviamo valori ben più alti, ma pagati per quadri degli anni Trenta e Quaranta che poco hanno a che fare con lo spirito della Neue Sachlichkeit. Per risollevare sul mercato le sorti della Nuova Oggettività ci vogliono dunque collezionisti interessati a Grosz o a Dix, artisti che incarnano appieno l’anima del movimento più di tanti altri loro colleghi contemporanei. Ma collezionisti del genere oggi latitano.


George Grosz, Cafèhaus (1915).

ART E DOSSIER N. 362
ART E DOSSIER N. 362
FEBBRAIO 2019
In questo numero: Zerocalcare L'anima antagonista di una generazione in mostra a Roma. Avanguardie inattese. Astrattismo rinascimentale. Finestre surrealiste. In mostra : Picasso a Basilea; Bonnard a Londra; I kimono a Gorizia; Van Dyck a Torino; Rinascimento ticinese.Direttore: Philippe Daverio