CATALOGHI E LIBRI

NOVEMBRE 2018

ANDREA MANTEGNA ALLO SCRITTOIO

Ventisette lettere e un contratto scritti da Andrea Mantegna, è tutto quello che finora sappiamo con certezza provenire dallo scrittoio del grande artista padovano. Alla sua epoca Mantegna fu forse il pittore più vicino al mondo degli umanisti, in linea coi suoi interessi antiquari e il suo studio filologico dell’Antico. I documenti in questione riguardano ventisei lettere spedite ai marchesi di Mantova e una a Lorenzo il Magnifico, nonché il contratto, con alcune note di pagamento, per il Polittico di San Luca destinato al monastero di Santa Giustina a Padova. Mantegna, nato a Isola di Carturo (oggi Isola Mantegna) alla fine del 1430 o forse nel 1431, non veniva da una famiglia illustre (il padre era falegname). Tuttavia, come testimoniano gli apprezzamenti d’illustri umanisti suoi amici e la natura stessa della sua biblioteca di classici (nota per l’inventario degli eredi), aveva una cultura superiore alla media degli artisti del tempo. Un eccellente linguista, Alessandro Aresti, si è occupato di analizzare con acribia e rigore quei pochi documenti scritti che ci sono rimasti. Non parlano d’arte, non sono particolarmente apprezzabili dal punto di vista dello stile, avverte lo studioso, dato che sono soprattutto comunicazioni di natura pratica. Sono tuttavia, per lo storico dell’arte, importanti anche perché illustrano alcuni aspetti del suo rapporto con i committenti, con i quali non mancava di lamentarsi per i ritardi nei pagamenti a suo favore. Il profilo linguistico tracciato da Aresti dimostra che la lingua di Mantegna è una lingua di «koinè», che risente dell’influsso toscano e del latino libresco, con poche infiltrazioni vernacolari: una lingua «posata e curata, stilisticamente neutra», poco incline alle influenze del parlato quotidiano, «che si lascia attrarre […] nell’orbita del toscano letterario». Insomma, Mantegna, raffinato interprete di una pittura di altissima eleganza umanistica, aveva assimilato dalle letture e dagli amici letterati una lingua consona alla sua arte. Attendiamo che Aresti pubblichi presto, da par suo, altri studi su questi temi.

Alessandro Aresti Salerno Editrice, Roma 2018 362 pagine, 88 figg. b.n. € 34

AFFRESCHI ITALIANI

Un libro strenna come ai vecchi tempi, di grande formato, e con le fotografie Scala, che chi ama i libri d’arte non manca mai d’apprezzare. È una sorta di album fotografico che ripercorre la lunga vicenda degli affreschi in Italia: non però dai tempi di Giotto e della sua scuola, come recita il sottotitolo, ma da ancor prima, con alcune fra le prime esperienze medievali e bizantine nel nostro paese, e poi con Cimabue, Cavallini, Giotto, fino ai Tiepolo di Udine, Venezia e le ville dell’entroterra. Un percorso che è bello seguire nei dettagli. A parte i brevi testi introduttivi a ciascun ciclo, c’è un solo scritto, peraltro autorevole, di Arnold Nesselrath, uno dei pilastri della direzione scientifica dei Musei vaticani, il cui Servizio fotografico è autore delle immagini nei diversi ambienti del Vaticano, Cappella sistina compresa. Lo studioso tedesco ricorda, fra le altre cose, come l’affresco non sia solo una tecnica pittorica, ma «quasi un brand italiano».


Introduzione di Arnold Nesselrath Electa, Milano 2018 396 pp., 360 ill. colore € 150

MUSEO STATALE ERMITAGE

Nell’immensità delle raccolte d’arte italiana dell’Ermitage di San Pietroburgo, le collezioni di scultura del Seicento e del Settecento vantano oltre trecento opere, non tutte esposte e non tutte finora pubblicate sistematicamente in un catalogo specifico. Si tratta non solo di statue e gruppi monumentali in marmo ma anche di bozzetti, modellini in terracotta e bronzetti. Oltre a un certo numero di scultori forse meno noti al grande pubblico, ma pur tuttavia di notevole interesse storico-critico per gli sviluppi della scultura barocca e tardo barocca in Italia, spiccano i nomi di Alessandro Algardi (1598- 1654) e Gian Lorenzo Bernini (1598-1680). Di questi l’Ermitage possiede piccole terrecotte, bronzetti, busti frammentari, oltre ad alcuni pezzi di non sicura attribuzione e diverse opere di bottega. Va anche segnalato, fra i tanti, un gruppo in marmo di Amore e Psiche già attribuito a Canova, che ora sappiamo opera rarissima di uno scultore di talento, scomparso molto giovane, Domenico Cardelli (1767-1797). Senza dubbio, comunque, è Antonio Canova (1757-1822) il vero protagonista di questa raccolta, tanto che il museo russo è considerato il principale nel mondo per quantità e qualità di opere monumentali del grande scultore di Possagno (Treviso). Ben venga allora la traduzione italiana di questo importante catalogo, già uscito in edizione russa, che ripercorre la storia della scultura in Italia dall’epoca barocca a quella neoclassica, e illustra le opere, molte finora inedite, secondo i tradizionali criteri di catalogazione scientifica. L’autore, Sergej Androsov, conosce forse meglio di chiunque altro questa raccolta, dal momento che fin dal 1974 ha curato la sezione di scultura occidentale del museo, mentre dal 2006 è a capo del Dipartimento delle arti figurative occidentali. Vale la pena innanzitutto leggere la sua introduzione, che ricostruisce la formazione della prestigiosa collezione che si deve, in prima battuta, agli interessi e agli acquisti di Pietro il Grande, agli inizi del Settecento. Le vicende delle raccolte russe non mancano mai di sorprendere, e vale la pena continuare a indagarle.


Sergej Androsov Skira/Ermitage Italia, Milano 2018 336 pp., 350 ill. colore, 37 b.n. € 45

PAUL KLEE

Fra gli artisti del Novecento ai quali Michele Dantini dedica da anni indagini tanto acute, Paul Klee (1879-1940), insieme forse a Duchamp e a Piero Manzoni, è uno dei prediletti. Ogni volta che torna a parlarne, offre ancor più attente e imprevedibili chiavi di lettura. Proprio nei giorni in cui al Mudec di Milano s’inaugura la grande mostra Paul Klee. Alle origini dell’Arte (31 ottobre 2018 - 3 marzo 2019), curata dallo stesso Dantini (con Raffaella Resch), esce opportunamente per Donzelli un suo nuovo libro sul grande artista tedesco. Libro che non va a sovrapporsi al catalogo della mostra (edito da 24 ORE Cultura), ma che anzi ne integra le aperture. Con il suo consueto, proteiforme approccio critico, l ’autore indaga qui l’unicità della ricerca di Klee, ma non nel senso che s’intende comunemente, tornando a inserirne l ’attività nella cultura artistica tedesca a lui contemporanea. Di fatto, fin dalla giovinezza, e soprattutto dopo il viaggio in Italia, fra l’autunno del 1901 e la primavera del 1902, Klee mostra un’attenzione tutta personale all’arte tardo-antica (che si diceva, in modo assai improprio, “barbarica”), e con la propria attività creativa, lui stesso si dichiara «l ’epigono» di una civiltà esausta. Dotato di una conoscenza profonda della storia dell ’arte occidentale, Klee, ci dice Dantini con intrecci che è impossibile sintetizzare, non era un artista-fanciullo come si vuole definirlo sulla scorta di sue annotazioni autobiografiche, così come si ricavano dalle pagine dei suoi Diari. Quando Klee inizia ad adottare segni criptici, glifi, rune, perfino “nuovi” alfabeti, si trova a reinventare «immagini- Madre» o «stili tradizionali », avvalendosi anche di uno spiccato senso parodistico, talvolta financo sgradevole, e commistioni culturali e figurative mai sperimentate da altri. Si rifà a “stili” decaduti, a tecniche desuete, deforma, carica, definisce gli acquerelli «come una “geroglifica” a uso del “poeta-disegnatore” ». Dantini lo definisce «amanuense di religioni a venire», un artista che forse come nessun altro della sua generazione, ama geroglifici, epigrafia mediorientale, calligrafia persiana, miniature altomedievali.


Michele Dantini Donzelli Editore, Roma 2018 VI-170 pp., 38 tavv. colore f.t. € 25

ART E DOSSIER N. 359
ART E DOSSIER N. 359
NOVEMBRE 2018
In questo numero: Laboratorio futuro - Gli scenari di Adelita Husni-Bey; Nuovi spazi per l'arte - In Cina, nelle Fiandre, in Lucchesia; Medioevo inquieto - Maria protettrice: un'iconografia fortunata In mostra: Picasso a Milano; Chagall a Mantova; Ghiglia a Viareggio; l'Oceania a Londra; Brouwer a Oudenaarde; da Tiziano a Van Dyck a Treviso.Direttore: Philippe Daverio