Grandi mostre. 6
Da Tiziano a Van Dyck a Treviso

IL COLLEZIONISTA
DI VOLTI

Dalla raccolta di un raffinato amatore d’arte trevigiano, Giuseppe Alessandra, nasce l’esposizione a Casa dei Carraresi dedicata soprattutto al ritratto, banco di prova per molti artisti italiani e d’Oltralpe dal Rinascimento al manierismo al Barocco.


Alejandro del Pozo Maté

La grande tradizione ritrattistica, l’evoluzione delle iconografie nella rappresentazione dei soggetti sacri, la moda, e il potere nel Cinquecento e nel Seicento. Questi sono alcuni dei temi della mostra Da Tiziano a Van Dyck. Il volto del ’500 ospitata a Casa dei Carraresi (Treviso): cinquantacinque opere distribuite lungo un percorso che inizia dalla fine del Quattrocento e arriva alle espressioni più tarde del Barocco maturo. Da dove nasce questa idea? Nel 1956 Giuseppe Alessandra acquista un San Giuseppe con Bambino di Sante Peranda. È la pietra miliare che porta alla costituzione di un incredibile fondo privato composto da più di trecento opere d’arte. Alessandra, negli anni seguenti, conosce alcuni tra i più grandi storici dell’arte veneta e impreziosisce la sua collezione con raffinati dipinti di Lotto, Tintoretto, Tiziano, Veronese; pazientemente cercati e acquistati e successivamente accolti nella sua villetta trevigiana accanto a opere di autori meno conclamati ma, cionondimeno, di grande interesse storico-artistico.

La mostra prende il via, quindi, dalla passione di un collezionista e dal suo coscienzioso lavoro di conservazione durato più di cinquant’anni e a cui ci è apparso indispensabile dedicare un omaggio nel più importante spazio espositivo della città in cui attualmente risiede.

Al termine di un anno di studi abbiamo quindi strutturato un percorso espositivo, rigorosamente cronologico, attraverso cui raccontare l’esperienza di questo collezionista, soffermandosi sugli elementi tecnici, di costume o storici che lo hanno spinto ad acquisire le cinquantacinque opere scelte.

Il punto di partenza è un’inedita piccola tela trasportata su tavola, studiata e analizzata da numerosi esperti fra cui Emilio Negro (critico d’arte di fama internazionale) e appartenente alla produzione del ferrarese Marco Zoppo, allievo di Andrea Mantegna, relativamente al suo oscuro periodo veneziano. Una rarità assoluta che conferma l’acutezza dello sguardo critico di Alessandra e la sua capacità nell’individuare tesori riconoscibili soltanto dai veri intenditori.

Attribuire un realistico senso di umanità agli sguardi dipinti



Tiziano Vecellio, Ritratto di Ottavio Farnese (1546).


Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, Ritratto di Sebastiano Venier (1576-1577).


Giorgione, Cristo portacroce (1506-1508).

La prima parte della mostra comprende dieci opere attraverso le quali è possibile individuare le caratteristiche principali della maniera di due fra i più grandi artisti del primo Rinascimento, Giovanni Bellini e Giorgione. Dalla variegata bottega di Bellini provengono infatti i dipinti di Giovanni Mansueti o di Francesco Bissolo, mentre la grande composizione di Girolamo da Santacroce (San Paolo pronuncia il discorso sul “Dio ignoto” ad Atene, davanti all’Areopago), datata 1540, dimostra come l’eco di Bellini fosse arrivata ben al di là dei limiti cronologici della sua bottega. Quindi il grande Giorgione con un raffinato Cristo portacroce in cui rivedere la straordinaria capacità del pittore di Castelfranco nell’attribuire un realistico senso di umanità agli sguardi dipinti. La lunga onda della rivoluzione giorgionesca sommerge Venezia e condiziona a vario titolo la maniera di molti autori fra cui Bonifacio de’ Pitati e Palma il Vecchio, oltre al grande Sebastiano Luciani, detto Sebastiano del Piombo, che lascia la laguna per raggiungere Roma. Qui Sebastiano del Piombo immortala due grandi personalità del Cinquecento, l’irrequieto e scapestrato Ippolito de’ Medici, morto a soli ventiquattro anni per avvelenamento, e il duca guerriero Pier Luigi Farnese, la cui vita meriterebbe un’ampia celebrazione letteraria e cinematografica.

La seconda parte della mostra inizia dove si conclude la prima con il Ritratto di Ottavio Farnese, figlio di Pier Luigi, dipinto in questo caso da Tiziano Vecellio. Il ritratto è stato realizzato di getto, ma è elegante e raffinato; presenta inoltre un dettaglio di grande importanza: la mano sinistra di Ottavio indica chiaramente la scarsella dei denari modellata con le sembianze di un personaggio inconfondibile: papa Paolo III, parente stretto di questo ramo dei Farnese. Il potere e la gloria delle grandi famiglie non conoscono confini e dal Ritratto di Sebastiano Venier di Jacopo Tintoretto si passa al Ritratto di Giorgio e Odorico Piloni, membri della più importante famiglia di Belluno, dipinti da Cesare Vecellio. La mostra continua con ritratti di cortigiane o “vanitas” dipinte dagli eredi di Paolo Veronese e dal trevigianissimo, seppure nato nelle Fiandre, Ludovico Pozzoserrato.


Hans von Aachen, Ritratto di gentiluomo (1585-1587 circa).

Il percorso segue successivamente le diramazioni geografiche dello spirito pittorico veneziano. Infatti, dopo la parentesi romana di Sebastiano del Piombo, si passa a tutta l’area lombarda, in un certo senso ripercorrendo le tracce di Lorenzo Lotto e seguendo le rotte mercantili che portarono a una grande diffusione di stampe riproducenti le opere di Tiziano e di altri maestri della laguna. Da queste dinamiche derivano gli stili del cremonese Giulio Campi o del bergamasco Giovanni Battista Moroni, rappresentati in mostra da eleganti ritratti di gentiluomini locali.

Seguendo le traiettorie del gusto del nostro collezionista, la mostra, nell’ultima parte, prende una direzione più ampia, portandoci alla scoperta di grandi artisti nati in altre parti d’Italia che sconfinano così i limiti cronologici del Cinquecento permettendoci di osservare le gloriose maniere dei secenteschi Luca Giordano e Carlo Maratta. Inoltre, come annunciato nel titolo, vi è una sezione che accoglie alcuni pittori d’Oltralpe, intendendo quest’ultima espressione in termini vasariani: ovvero Oltralpe come una vasta area senza alcuna distinzione tra la Germania e le Fiandre.
È così possibile ammirare, fra gli altri, i ritratti del tedesco Hans von Aachen, la magniloquenza dello stile di Van Dyck e l’esuberanza creativa di Jacob Jordaens, tra i principali allievi di Rubens. Una mostra che abbraccia un ampio periodo e che si sviluppa in diverse diramazioni, costruita nel tentativo di raccontare la figura esemplare di Giuseppe Alessandra. Il rischio, per così dire, è l’emulazione. Guardando queste opere e ascoltando le parole del suo proprietario non si può restare indifferenti e finiamo così per sentire a nostra volta l’irrefrenabile desiderio di diventare collezionisti di opere d’arte.

Hans von Aachen, Ritratto di gentiluomo (1585-1587 circa).


Antoon van Dyck, Studio di testa (prima metà del XVII secolo).


Sebastiano Luciani, detto Sebastiano del Piombo, Ritratto di Pier Luigi Farnese (1540 circa).

Da Tiziano a Van Dyck. Il volto del ’500

Treviso, Casa dei Carraresi, a cura di Ettore Merkel
fino al 3 febbraio 2019
orario 9-18 (compreso 24 e 31 dicembre), sabato, domenica e festivi 10-20
1° gennaio 14-20, chiuso Natale
lunedì aperto solo con prenotazione gruppi, telefono 0422-513150

catalogo Biblos
www.casadeicarraresi.it

ART E DOSSIER N. 359
ART E DOSSIER N. 359
NOVEMBRE 2018
In questo numero: Laboratorio futuro - Gli scenari di Adelita Husni-Bey; Nuovi spazi per l'arte - In Cina, nelle Fiandre, in Lucchesia; Medioevo inquieto - Maria protettrice: un'iconografia fortunata In mostra: Picasso a Milano; Chagall a Mantova; Ghiglia a Viareggio; l'Oceania a Londra; Brouwer a Oudenaarde; da Tiziano a Van Dyck a Treviso.Direttore: Philippe Daverio