Gino Famiglietti, sessantasei anni, è il direttore generale degli archivi del Ministero per i beni culturali, cioè di un patrimonio immenso; quasi centocinquanta istituti o sezioni sparsi in Italia; milioni di visitatori e studiosi; milioni e milioni di documenti: il più antico, una pergamena del 721, conservata a Milano, e del XII secolo la prima documentazione su carta, assai rara; quasi due milioni di metri lineari di documenti con tutta la storia di quanto è avvenuto nella penisola durante i secoli. E questo nostro immenso tesoro continua a impinguarsi. Famiglietti elenca le acquisizioni più recenti: è iniziato l’esproprio dell’Archivio dei fratelli Rosselli (l’ultima confisca risale al 1985: qui, solo uno dei tre proprietari non intenderebbe cedere la propria parte), e compiuto quello delle “carte” di Giorgio Vasari, che stanno ad Arezzo.
Acquisita dallo Stato, dai discendenti, l’ultima “tranche” dei documenti che erano di Baldassarre Castiglione (gli altri già gli appartenevano), per oltre un milione di euro: ci sono dei suoi autografi, e anche l’originale della lettera di Raffaello a papa Leone X (Giovanni di Lorenzo de’ Medici), il primo seme della tutela. E ora il Ministero tratta l’acquisto dell’Archivio di Luigi Federzoni, autorevole ministro del governo Mussolini, «c’è anche la minuta del verbale del 25 luglio [1943], non presente nemmeno nello studio di Renzo De Felice, il maggiore studioso del fascismo».