Luoghi da conoscere
Hof van Busleyden a Mechelen

Il museo
e Margherita

Claudio Pescio

Mechelen (Malines per i francofoni) ebbe il suo periodo di massimo splendore nei decenni attorno all’anno 1500. Era un luogo in cui era possibile dichiararsi borgognoni pur essendo nelle Fiandre, sentirsi parte del Sacro romano impero, incontrare intellettuali olandesi come Erasmo da Rotterdam o inglesi come Thomas More, oppure il giovane Carlo d’Asburgo futuro re di Spagna e poi imperatore, un luogo in cui si intrattenevano rapporti con artisti francesi o italiani, si commerciava con italiani e spagnoli, si parlava orgogliosamente neerlandese. Un modello di integrazione multiculturale(*). Idealmente, una capitale europea della cultura dei decenni attorno al 1500.


A Mechelen, nelle Fiandre, un nuovo museo racconta il periodo d’oro della cultura borgognona, quello di Margherita d’Austria

Dal 1473 era divenuta sede del principale organo giudiziario dei Paesi Bassi, il Gran consiglio istituito da Carlo il Temerario. Fino al 1530 fu di fatto la capitale del ducato di Borgogna.

Tra i protagonisti di questo periodo è certamente Margherita d’Austria, figlia di Massimiliano d’Asburgo e Maria di Borgogna. Ripudiata a undici anni dal delfino di Francia (a cui era stata promessa), a quindici - nel 1495 - viene sposata per procura a un principe spagnolo di due anni più grande di lei, Giovanni di Trastámara. A diciassette lo raggiunge via mare; la rotta viene tracciata nientemeno che da Cristoforo Colombo per evitare sorprese da parte dell’ostile re di Francia, ma la principessa arriva a destinazione per miracolo, dopo aver rischiato di morire per una terribile tempesta. I due ragazzi si innamorano follemente, ma sei mesi dopo Giovanni muore. Margherita è incinta, ma il bimbo non sopravviverà. Ed è solo l’inizio avventuroso di una storia lunga e complicata. Bella, colta e decisa, Margherita sposerà Filiberto di Savoia, finirà nel 1507 per essere governatrice dei Paesi Bassi, per ventitré anni, e avrà la sua corte proprio a Mechelen. È in quella corte che si prende cura del nipote, il futuro Carlo V, ed è lì che dà un impulso importante agli sviluppi della polifonia fiamminga, sua grande passione.

Centro ideale della Mechelen borgognona, a pochi passi dal palazzo di Margherita, è la Hof van Busleyden, il palazzo che si fece costruire Jeroen van Busleyden (1470 circa - 1517), umanista, mecenate, diplomatico e uomo di chiesa, amico dei citati Erasmo e More. Quel grande edificio oggi, dopo un decennio di restauri e ristrutturazioni, ospita un museo di nuovissima concezione, che unisce il rigore scientifico nella cura e selezione dei pezzi esposti (tutti originali di elevata qualità) al divertimento di raccontarne la storia per spiegare la cultura della società borgognona- fiamminga dei secoli XV-XVI con strumenti multimediali.


Ritratto di un membro della famiglia Busleyden (1495-1505), Hartford, Wadsworth Atheneum.

Il palazzo - a mattoncini con liste di pietra bianca - ha un curioso aspetto gotico temperato nella sua esuberanza da elementi rinascimentali, frutto dell’eclettica formazione di Jeroen, grande viaggiatore, per qualche tempo anche all’università di Padova. Al suo interno l’organizzazione degli spazi sposa contemporaneità ed elementi della struttura antica.

Il curatore Samuel Mareel, che ci ha accompagnato nella visita, descrive il museo come un luogo in cui un viaggiatore può scoprire i connotati altrimenti sfuggenti di una cultura composita, quella appunto fiammingo-borgognona - che ha fornito contributi importanti all’identità europea -, e i cittadini del territorio possono ritrovarsi acquisendo consapevolezza delle proprie contorte ma robuste radici culturali.

Essenziali (ma, volendo, anche molto ricchi di informazioni) i touch screen che possono consentire immediate contestualizzazioni o approfondimenti eruditi. In una sala il lavoro in proiezione 3D di uno studio creativo anima un personaggio e lo conduce in un suggestivo viaggio alla scoperta della scienza che si svolge sulle pareti ma anche su un tavolo e tra le pagine di un libro. Altri ambienti custodiscono esemplari delle tipologie creative più originali della città. Anzitutto le sculture a bassorilievo in alabastro. Poi le “poupées de Malines”, statuette in legno, policrome, perlopiù del periodo 1510-1530, esportate in tutta Europa; raffigurano la Vergine e alcune sante, erano destinate a far parte di composizioni di vario tipo, ma a Mechelen compaiono in singolari polittici tridimensionali, i “besloten hofjes” (giardini chiusi), costituiti da una parte centrale con scene di soggetto religioso composte da statuette, crocifissi e una profusione di elementi vegetali in seta, opere di monache e beghine; le ante erano invece dipinte e potevano essere chiuse. Sono una curiosa via di mezzo fra una pala d’altare e una casa di bambola, se ne conservano pochissimi e si trovano quasi tutti in questo museo.


“Giardino chiuso” (1513 circa), Bruxelles, Kik-Irpa.

(*) Oggi a Mechelen convivono persone di centotrentotto nazionalità diverse e si parlano ottanta lingue; il suo sindaco, nel 2016, è stato nominato “miglior sindaco del mondo”.

Hof van Busleyden

Mechelen/Malines
(Fiandre, Belgio)
Frederik de Merodestraat 65
orario 10-17, giovedì 10-22,
chiuso il mercoledì, il 24, 25 e 31

dicembre e il 1° gennaio
www.hofvanbusleyden.be

ART E DOSSIER N. 359
ART E DOSSIER N. 359
NOVEMBRE 2018
In questo numero: Laboratorio futuro - Gli scenari di Adelita Husni-Bey; Nuovi spazi per l'arte - In Cina, nelle Fiandre, in Lucchesia; Medioevo inquieto - Maria protettrice: un'iconografia fortunata In mostra: Picasso a Milano; Chagall a Mantova; Ghiglia a Viareggio; l'Oceania a Londra; Brouwer a Oudenaarde; da Tiziano a Van Dyck a Treviso.Direttore: Philippe Daverio