CATALOGHI E LIBRI

OTTOBRE 2018

VIAGGIO IN ITALIA

In un immaginario dialogo comparato fra autori e memorabili località italiane, ai nomi di Fenoglio e Pavese un buon lettore associa subito Piemonte e Langhe. Henry James o Hemingway “equivalgono” a Venezia (James anche a Roma; Hemingway all ’entroterra veneto). Joyce, Svevo, Saba evocano Trieste. Camera con vista di Forster e la Commedia di Dante fanno immaginare Firenze mentre Goethe o Gadda “significano” Roma. Potremmo citare infiniti altri esempi. Nominando l’Abruzzo, però, non è immediato ragionare sugli americani Fante e De Lillo e alla lontana perfino Boccaccio. Ci ha pensato e lo spiega, in questo agile libro, Marialaura Simeone, studiosa di Pirandello ma anche blogger e giornalista, che qui offre una selezione commentata di brani più o meno noti, con annotazioni divertenti e istruttive. Di libri sul viaggio in Italia ne esistono molti, impostati per regioni, epoche, scuole letterarie, temi, autori. Fra questi i più illuminanti sono i tanti, e sempre notevoli di Attilio Brilli, erudito anglista e luminare della letteratura di viaggio. L’autrice riesce però a insinuarsi in questi argomenti con garbo, sciorinando per ogni regione, in un caotico e avvincente itinerario, citazioni letterarie, aneddoti, gastronomia, musica e “filming location” (non solo la Venezia di Tempo d’estate o la Sicilia di Montalbano-Camilleri). Per chi ami andare alla ricerca di luoghi densi di storia o di fascino paesaggistico, e voglia rivivere le emozioni di illustri visitatori, questo vademecum è ideale, non scontato, utile anche per preparare una “gita”, non senza sorprese. Ogni lettore troverà da aggiungere qualcosa, potrà perfino non condividere le proposte ma è anche qui il bello: uno stimolo a ricordare, leggere, approfondire per proprio conto. E a viaggiare. Fosse anche solo fuori porta, la “scoperta” di un luogo o semplicemente l’osservazione da altri punti di vista, è comunque un viaggio. Senza il viaggio (e la lettura) l ’umanità non sarebbe quella che è. Anzi: con sguardi più illuminati e maggior tempo dedicato alla lettura, sarebbe migliore di ciò che è.

Marialaura Simeone Franco Cesati editore, Firenze 2018 102 pp., 250 ill. b.n. e colore € 18

COME IN UN REBUS

Nel 1524 il monastero di San Paolo a Parma, guidato da Giovanna da Piacenza, divenne di clausura. La badessa morì quell’anno, e per secoli pochi videro gli affreschi realizzati entro il 1522 da Correggio per la colta benedettina, in un piccolo ambiente. La volta e la cappa del camino mostrano un ciclo dedicato a Diana, con figure a monocromo, putti, una tavola imbandita e lo stemma della badessa (il drago che si mangia la coda). Esistono incisioni e riproduzioni fotografiche del ciclo ma è solo entrando nella “camera” che si avverte il fascino illusionistico del finto pergolato e il mistero delle figurazioni, del fregio in latino e delle scritte greche sulle tarsie. Impossibile sintetizzare, ma solo avvisare che l’eccellente autrice ricostruisce l’intrico di rebus, enigmi, acrostici, anagrammi, indovinelli, allusivi alla committente, che valgono come memoria di un sogno di virtù, istruttivo per le consorelle: «suora Ioanna Plachentia sogna dio».


Elisabetta Fadda Olschki, Firenze 2018 120 pp., 114 tavv. f.t. b.n e colore € 25

UN POSTO PER TUTTI

Capita talvolta, prima di leggere un libro, di non dar troppo peso al titolo. Ci è accaduto, all’inizio, con la penetrante autobiografia di Richard Rogers. Com’è noto l’architetto, nato a Firenze nel 1933 e naturalizzato inglese, firmò con Renzo Piano nel 1971, agli albori di una fulgida carriera per entrambi, uno dei progetti più innovativi dei nostri tempi: il Beaubourg, “palazzo della cultura” vivibile e aperto a mostre, film, cene, con l’impressionante veduta di Parigi dall’ultimo piano, da frequentare anche per la luminosa biblioteca Kandinskij, o per le popolari performance in piazza (e pensare che degli oltre seicento progetti presentati al concorso solo questo prevedeva uno spazio vitale antistante l’ingresso). I due giovani architetti, che poi presero strade diverse ma oggi restano come fratelli, crearono «un centro vivo d’informazione», «un incrocio tra una Times Square computerizzata e il British Museum». Insomma, «un posto per tutti, un contenitore flessibile, fisso ma non definito». Procedendo con la lettura si capisce che il titolo e il sottotitolo - Vita, architettura e società giusta - sono quanto mai rilevanti. Non solo Rogers offre una biografia appassionata e priva di orpelli, ricca di amore, amicizie, perdite (quella di un giovane figlio), ma propone anche una riflessione sulla società civile, la missione dell’architetto e dell’urbanista in un mondo minacciato da mutamenti climatici, disuguaglianze, incipiente populismo. Rogers vive a Londra ma più d’ogni altra città conosce Firenze, dove ha le sue radici. Il debito che ancora sente per le forme nitide, «l ’espressività disadorna» della cupola del Brunelleschi non è dichiarazione retorica ma l’idea di ciò che una città potrebbe essere. I suoi progetti, dalla strepitosa casa per i genitori a Wimbledon (1969), poi donata alla Harvard, fino ai più recenti, suoi e di altri colleghi, che qui descrive, anelano a ciò che giuravano gli efebi ateniesi: «Non lascerò la città più misera ma migliore, più grande e più bella». Ci uniamo alle speranze dell ’illuminato Rogers per una società che sappia pianificare un futuro migliore.


Richard Rogers Johan & Levi, Milano 2018 372 pp., 300 ill. b.n. e colore € 36

“SONO FERNANDA WITTGENS”

Dal 1947 al 1957 Fernanda Wittgens ha diretto con coraggio, competenza e durissimo lavoro uno dei più bei musei d’arte italiani, la Pinacoteca di Brera, succedendo all’ottimo Ettore Modigliani, che aveva dichiarato di morire tranquillo, passando le consegne alla sua «mano pura». La storica dell’arte vi lavorava già dal 1928, appena venticinquenne, e fu la prima donna a dirigere in Italia un museo. Impegnata antifascista, fra 1944 e 1945 aveva trascorso sette mesi in carcere per aver fatto fuggire alcuni ebrei in Svizzera. A quel ricordo, due mesi prima di morire, l’11 luglio 1957, scrisse a un’amica che «ovunque, persino nella galera, può essere salvato “l’umano” dal “bestiale”», convinta che l’arte sia «forse una delle più alte forme di difesa dell’“umano”». Nel difficile ritorno alla vita civile dopo la permanenza a San Vittore, rafforzò convinzioni e coraggio, prima come commissario straordinario dell’Accademia di Belle arti, poi come direttrice in carico alla soprintendenza lombarda. Ricostruire Brera fu il suo impegno, e ci riuscì, facendone un «museo vivente», come amava dire. Ventisei delle trentaquattro sale erano state distrutte dalle bombe: «murature divelte, volte crollate, pavimenti sprofondati [...] in un intrico diabolico di capriate lignee contorte». Eppure nell’immediato dopoguerra, fra i musei da sovvenzionare per il recupero, Brera era stata dimenticata dallo Stato. Assieme all’ancora direttore Modigliani la Wittgens restituì alla gente, con sforzi immani, il museo col suo immenso patrimonio artistico. Con mente aperta seppe anche attivare modernissime iniziative, non solo mostre di capitale importanza per gli sviluppi della storiografia artistica, ma perfino sfilate di moda. Contribuì poi, fra le altre cose, a estendere le collezioni a capolavori dell’Ottocento italiano, allora in sottordine, e si avvalse di brillanti collaboratori come Dell’Acqua e Russoli. Di tutto questo, con una bella ricerca di documenti d’archivio e varie fonti, rendono conto l’autrice, con Erica Bernardi, Emanuela Daffra e James Bradburne, attuale direttore del museo.


Giovanna Ginex Skira, Milano 2018 160 pp., 47 ill. b.n. € 19

ART E DOSSIER N. 358
ART E DOSSIER N. 358
OTTOBRE 2018
In questo numero: TINTORETTO 500 ANNI Philippe Daverio: Il pittore e gli architetti. PRERAFFAELLITI Elizabeth Siddal, Borea di Waterhouse. IN MOSTRA Licini a Venezia, Surrealisti a Pisa, Arte e magia a Rovigo, Burne-Jones a Londra, Courbet a Ferrara. Direttore: Philippe Daverio