Grandi mostre. 5
Firenze e l’Islam a Firenze

TRACCE DI UN LEGAMEANTICO

Una mostra fiorentina centra un tema ricorrente e cruciale del tempo in cui viviamo: quello delle relazioni tra Oriente musulmano e Occidente. Relazioni che hanno origini antiche, e l’arte è stata tramite privilegiato di intrecci e scambi che hanno visto Firenze fra i protagonisti principali già a partire dal Quattrocento. Ce ne parla qui il curatore dell’esposizione.

Giovanni Curatola

A Firenze troviamo una costante che come un filo tenace e mai spezzato lega un insieme, è banale dirlo (ma vero!), che la rende unica e irripetibile: si tratta, ovviamente, dell’arte: non solo, però, la sua arte. La città non è semplice nella percezione e nel rapporto con l’esterno. Infantile, presuntuosa, schiva ed esclusiva, pronta a entusiasmarsi per poi, se delusa - e lo è sempre o quasi… - colpire con critiche e sarcasmi feroci, spesso lapidari. Questa città ha tuttavia il grande pregio di scovare e riconoscere il bello ovunque lo abbia scorto. E di produrlo. Lo ha fatto per secoli, tenacemente. La consapevolezza di sé può facilmente sfociare nella superbia, se questa prerogativa non viene temperata da ironia e leggerezza (chi vuol esser lieto sia…), come, appunto, a Firenze. 

A metà del Quattrocento nel capoluogo toscano prosegue il Concilio iniziato a Ferrara (il problema, sempre quello, era l’unificazione fra le chiese orientale, greca e latina), al quale parteciparono autorevoli personaggi orientali: è politica. La minaccia turca-ottomana era reale e Maometto II il martedì 29 maggio 1453 entrò in Costantinopoli, capitale ormai scarsamente abitata e in declino; l’evento ebbe enorme eco, fu addirittura uno shock (a parole…) sulle sponde nostrane del Mediterraneo. Le cosiddette crociate (termine sconosciuto nel Medioevo), del resto, erano un’abitudine da un bel po’. L’Islam c’era ed era un avversario, ma senza dubbio anche un “partner” commerciale fondamentale. I fiorentini, in primis i Medici ma non solo loro, erano gente pragmatica. Più che sulle diversità di fede - evidenti - si puntava, come spesso avviene, su altri parametri. Meglio cercare ciò che unisce invece che ciò che divide: quella artistica è sempre una cartina di tornasole importante. Dunque, non una mostra sull’Islam, ma sulle relazioni fra le varie sponde del Mediterraneo: l’Italia - e Firenze, meno coinvolta di Venezia e Genova, ma pur sempre vigile -, il mondo ottomano, quello mamelucco d’Egitto (finché, 1517, non venne assorbito nell’impero ottomano), ma pure il Nord Africa e la Spagna, che sarà in parte musulmana fino al 1492 (anno che a Firenze vide la morte del Magnifico).


Bruciaprofumi sferico (Mosul, 1317-1335), Firenze, Museo nazionale del Bargello.

Di “roba” ne circolava parecchia. I metalli venivano di certo molto apprezzati (e i Medici saranno quelli che, inventari alla mano, pagavano i prezzi più alti per opere di livello notevole), non tanto per i materiali impiegati, perché l’oro e l’argento erano ageminati in foglie sottilissime e quantità minime, ma per la qualità della lavorazione e quel mix di lussuoso ed esotico che ancora oggi affascina anche l’osservatore più sprovveduto. Sono forse questi metalli con le loro incomprensibili ma bellissime iscrizioni (maestose, eleganti, equilibrate: oggi diremmo graficamente perfette) a ispirare la vetrata della chiesa fiorentina della Santissima Annunziata e un maestro quale Gentile da Fabriano - che nell’Adorazione dei magi (1423) inserisce lettere arabe nelle aureole di figure orientali (Maria e Giuseppe) - rendendo anche credibile l’ambientazione con preziosi tessili anch’essi iscritti. 

Ma nel Quattrocento i tessuti preziosi e rari, raffinati e ricercati non erano più i “panni tartarici” dei mongoli di Marco Polo. Quell’epoca era finita. I sultani vestivano fiorentino: la moda e il lusso erano di casa sull’Arno, mentre sul Bosforo e sul Nilo ci si adeguava. Però in quelle terre si faceva qualcosa che qui da noi, per varie ragioni, non s’è mai fatto: i tappeti.


Gentile da Fabriano, Adorazione dei magi (1423), particolare, Firenze, Gallerie degli Uffizi.

In Occidente si tessevano arazzi per le pareti dei palazzi; in Oriente i tappeti - strepitosi per geometrie, lucentezza, colori, proporzioni, disegni, armonie -, l’arredo più adatto per il pavimento della tenda del nomade o del soldato e per la moschea. Poi, a richiesta, facevano anche tappeti a croce quadrata o circolari per i nostri tavoli. Proprio i tappeti erano un attributo quasi immancabile ai piedi della Vergine Maria in trono col Bambino. Esotico? Forse. Orientale di sicuro. 

Esotica dovette certamente apparire la giraffa che nel 1487 Qaytbay, sultano d’Egitto, regalò a Lorenzo il Magnifico. Le armi, poi, acquistate o requisite, erano sempre, di qua e di là dal mare, uno dei doni più graditi per gratificare l’immensa vanità maschile. Alla moda sono le stoffe fiorentine nelle terre d’Oriente, e da Ponente vengono invece le ceramiche a lustro metallico (Valencia, Paterna, Manises), da noi maioliche, con il vezzo di ogni casata nobiliare fiorentina di farvi inserire il proprio stemma e anche il motto familiare. Pochi i vetri orientali, che erano fragili e difficili da trovare e da trasportare; così, dopo qualche tentativo, i fiorentini “ripiegarono” su Murano.


copertina di manoscritto con cornice iscritta e scene figurative (Persia, epoca Qajar, XIX secolo).


vetrata con stemma mediceo e pseudoiscrizione islamica, Firenze, Santissima Annunziata;

Tappeti strepitosi per geometrie,
lucentezza, colori, proporzioni,
disegni, armonie


I metalli del primo Cinquecento di provenienza egiziana furono molto amati: tanto da imitarne in Europa se non le forme i decori. 

I Medici cercarono di fabbricare la porcellana, come i cinesi, ed ebbero qualche successo. Stabilirono anche una Tipografia medicea orientale (1584) per diffondere la fede cristiana e si attrezzarono acquisendo alla bisogna un patrimonio librario di manoscritti orientali straordinario e assai ricercato. 

Nel periodo successivo altri episodici interessi, fino alla seconda metà dell’Ottocento quando la passione orientale, mai sopita, divampa nuovamente. Firenze è la culla dell’orientalismo italiano con il grande storico e arabista (senatore e ministro) Michele Amari che col suo prestigio vi portò nel 1878 un congresso mondiale di orientalisti. 

Ma in questo ambito sono soprattutto cinque, a Firenze, le figure di riferimento a cavallo fra Ottocento e Novecento. Stefano Bardini, plebeo di nascita che diverrà un grandissimo antiquario e venderà i più bei tappeti al mondo a musei e collezionisti, divenendo noto come “principe degli antiquari” e lasciando una pregevole collezione nel palazzo sede della sua attività. Per contro Frederick Stibbert, ricchissimo nobiluomo inglese, collezionò in tutta Europa soprattutto armi e armature che poi espose nella villa di Montughi, fatta erigere per ospitarvi le raccolte; vi fece allestire, per le armi islamiche, una sala “moresca” tipo Alhambra, proprio come un altro estroso personaggio, Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, fece costruire in stile “arabo” il bizzarro castello di Sammezzano (Reggello, Firenze), e vi diede un ricevimento proprio per gli orientalisti a congresso. Il barone Giulio Franchetti è stato un grande collezionista di tessuti, anche islamici; questa passione lo accomuna al francese Louis Carrand, che donò a fine Ottocento tremilatrecento opere all’allora neonato museo del Bargello, determinandone la storia. La sua collezione islamica (con i più importanti avori al mondo, metalli, vetri) è fra le più significative in Italia.


manifattura safavide, tappeto “Capponi”, con animali e figure umane, Persia centrale (Isfahan), seconda metà del XVI secolo, New York, Metropolitan Museum of Art;


“shishak” (elmo a taschetto) (Egitto o Siria, 1480-1510), Firenze, Museo Stibbert.

lampada da moschea (Egitto o Siria 1342-1345), Firenze, Museo nazionale del Bargello;


grande boccale con arme Medici, (Manises, Valencia 1455-1461 circa), Berlino, Staatliche Museen zu Berlin, Kunstgewerbemuseum.

Islam a Firenze. Arte e collezionismo dai Medici al Novecento

a cura di Giovanni Curatola
Firenze, Aula magliabechiana delle Gallerie degli Uffizi
orario 8.15-18.50, chiuso lunedì
Firenze, Museo nazionale del Bargello
orario 8.15-17, chiuso seconda, quarta domenica e primo, terzo
e quinto lunedì di ogni mese
fino al 23 settembre
catalogo Giunti Editore
www.uffizi.it, www.bargellomusei.beniculturali.it

ART E DOSSIER N. 357
ART E DOSSIER N. 357
SETTEMBRE 2018
In questo numero: MICHELANGELO INEDITO Il primo progetto della tomba di Giulio II. VENEZIA La biennale di architettura. I SACRI MONTI Itinerari tra arte, fede e natura. IN MOSTRA Abramović a Firenze, Fotografia e Astrattismo a Londra, Puccini e l'arte a Lucca, Arte islamica a Firenze, Pittura a Gubbio al tempo di Giotto. Direttore: Philippe Daverio