Luoghi da conoscere
I Sacri monti in Piemonte e in Lombardia

UN TEATRONELLA NATURA

Patrimonio dell’Unesco dal 2003, i Sacri monti, con gruppi di cappelle, sculture a grandezza naturale, affreschi, dipinti, realizzati nel XVI-XVII secolo, offrono suggestivi itinerari artistico-devozionali tra colline, laghi, giardini e boschi.
Approfondiamo il valore di questo capitale culturale con la direttrice dei complessi monumentali.

Elena De Filippis

In paesaggi suggestivi, vallate alpine, promontori affacciati su ambienti lacustri, anfiteatri naturali con colline e vigneti sono distribuiti i Sacri monti dell’arco alpino, sette in Piemonte e due in Lombardia. Il loro fascino e la loro storia li hanno visti inserire, nel luglio 2003, fra i beni di importanza mondiale protetti dall’Unesco, perché giudicati esempi eccezionali di un uso storico-artistico del paesaggio che, grazie all’opera di architetti, artisti, pittori e scultori, ha prodotto un modello di devozione, tipico del periodo tra la fine del XVI e il XVII secolo, diffuso in un’area culturale omogenea. 

I Sacri monti sono itinerari religiosi che si dipanano nell’ambiente naturale, sulla sommità di un colle, in un percorso scandito da piccole chiese al cui interno sono raccontati, con pittura e scultura, la storia di Cristo, o la vita di Maria o dei santi, o i misteri del rosario. Le scene sono molto realistiche: i personaggi scolpiti, fulcro del racconto, sono a grandezza naturale, hanno gesti, fisionomie ed espressioni molto realistiche. Questo modello narrativo ebbe grande fortuna dopo il Concilio di Trento, per la sua immediata comprensibilità e la capacità di favorire l’immedesimazione del fedele grazie alla presenza nella scena di figure simili a lui, animate da sentimenti ed emozioni verosimili, di facile memorizzazione e di aiuto alla preghiera per un pubblico in ampia parte analfabeta. 

Il primo costruito fu il Sacro monte di Varallo (Valsesia, Vercelli), a partire dal 1486, quando un frate francescano osservante, Bernardino Caimi, che era stato nel 1478 guardiano del Santo sepolcro di Gerusalemme, decise di riprodurre i luoghi della Terra santa nella sua terra di origine, ai margini del ducato di Milano, per permettere ai fedeli, che volevano compiere il pellegrinaggio dove Gesù era vissuto, aveva predicato ed era morto, una soluzione più comoda e meno rischiosa vista la presenza dei turchi che infestavano il Mediterraneo.


Sacro monte di Varallo (Valsesia, Vercelli), cappella 33, Ecce Homo (1609-1616), particolare.

Esempi eccezionali di un uso
storico-artistico del paesaggio


Grazie all’appoggio dei nobili locali Caimi costruì le prime cappelle imitando fedelmente i corrispondenti luoghi di Gerusalemme: il Sepolcro, il Cenacolo, l’Orto degli ulivi, il Calvario. Al loro interno aveva posto delle immagini, sculture o pitture, a ricordare quanto era accaduto in quei luoghi sacri. Il fedele che visitava le loro “riproduzioni” viveva così l’emozione di entrare negli spazi in cui aveva vissuto Cristo e di assistere alla scena di cui era stato protagonista, quasi come fosse un suo familiare, partecipando alle emozioni del momento, ben espresse dalle figure. Il coinvolgimento, intorno al 1510, di Gaudenzio Ferrari, pittore e scultore, valsesiano di origine, ma attento alle novità del mondo milanese (Leonardo, Bramante, Bramantino) e con una cultura arricchita da un viaggio a Roma e nell’Italia centrale per conoscere la pittura romana antica, vide la nascita di scene “vive e vere”, attraverso la realizzazione di statue raffiguranti personaggi tratti dalla vita quotidiana, amplificate da figure dipinte sulle pareti, accanto a quelle tridimensionali, in un inedito gioco di integrazione tra pittura e scultura. In una seconda fase il Sacro monte di Varallo (1565-1572) fu riprogettato dall’architetto Galeazzo Alessi, attivo per la corte, la nobiltà e il mondo finanziario fra Genova e Milano, secondo il gusto delle ville di tardo Cinquecento, con un ampio giardino all’italiana, con siepi, fontane, giochi d’acqua, in cui veniva distribuita una serie di tempietti tardorinascimentali e con una piazza terminale, a fingere la città di Gerusalemme. Sotto la guida del vescovo di Novara, Carlo Bascapè (1593-1615), in linea con il Concilio di Trento che chiedeva ai vescovi di controllare il contenuto delle immagini sacre, il complesso fu ancora riorganizzato per raccontare in modo ordinato la storia della vita di Cristo, in una sorta di grande catechismo illustrato.

Il vescovo decideva il tema da raffigurare, come raccontarlo in immagini, controllava e correggeva se necessario, voleva figure vere e naturali a esprimere sentimenti reali e credibili, additando Gaudenzio Ferrari come modello.


Il Sacro monte di Domodossola (Verbano-Cusio-Ossola).


Immagine del complesso monumentale del Sacro monte di Varallo.


Immagine del complesso monumentale del Sacro monte di Varallo.

Il Sacro monte di Oropa (Biella).

Un inedito gioco
di integrazione tra pittura
e scultura


È a questa versione del Sacro monte di Varallo che si ispirano i Sacri monti successivi, quello di Orta (sull’omonimo lago tra le province di Novara e del Verbano- Cusio-Ossola), programmato sin dal 1583, che narra la storia di san Francesco, con figure semplici e naturali nella prima fase (1590-1623) e più articolati gruppi barocchi dal pieno al tardo Seicento in un percorso che alterna devozione e spettacolo naturale con studiati squarci di visuale sul lago. 

A Crea (Monferrato, Alessandria), Varese, Oropa (Biella) e Belmonte (Canavese, Torino), invece - rispettivamente dal 1590, dal 1604, dal 1620 e dal 1712 - un importante santuario mariano preesistente ha visto aggiungere una nuova attrattiva all’antica devozione con la costruzione di un itinerario narrativo sulla storia della vita della Vergine o sui misteri del rosario e sulla Passione di Cristo, con cappelle e scene popolate da sculture e pitture con figure a grandezza naturale mutuate dal fortunato esempio di Varallo. 

A Crea, il forte legame fra il santuario e i duchi del Monferrato ha visto protagonisti dell’impresa il duca, la nobiltà locale, l’alto clero e le comunità vicine. A Varese il progetto ha avuto il pieno appoggio del cardinale Federico Borromeo, vescovo di Milano (1564-1631) ed è stato disegnato dall’architetto Giuseppe Bernasconi, aggiornato alla cultura architettonica lombarda di epoca borromaica, che lo ha popolato di architetture eleganti poste lungo un ampio percorso. Modello ripreso, sia pur in forma più semplificata, nel Sacro monte di Ossuccio (sulla sponda occidentale del lago di Como), iniziato verosimilmente nel 1644. 

Come quelli di Crea e Varese, anche il Sacro monte di Domodossola (Verbano-Cusio-Ossola), iniziato nel 1656 per illustrare la “Via Crucis”, fu costruito grazie alla forza trascinatrice di frati predicatori che guardavano al Sacro monte di Varallo. 

A metà Seicento fu intrapreso il complesso di Ghiffa, con uno straordinario affaccio sul lago Maggiore (Verbano-Cusio-Ossola), mai concluso, formato dalla chiesa preesistente, tre cappelle e il portico della “Via Crucis”. 

Ultimo per cronologia è il complesso di Belmonte avviato nel 1712 da un frate francescano che era stato in Terra santa come Caimi.


Sacro monte di Varallo, cappella 33, Ecce Homo (1609-1616).


Sacro monte di Orta (Novara e Verbano- Cusio-Ossola), cappella 10, San Francesco vince le tentazioni (1650-1655 circa).


Sacro monte di Domodossola, cappella 15, La Resurrezione (1703-1706 circa).


Sacro monte di Orta, cappella 20, La canonizzazione di san Francesco (1670-1682 circa).

Sacri monti di Piemonte e Lombardia

Ente di gestione dei Sacri monti
0141-927120, info@sacri-monti.com
www.sacri-monti.com

ART E DOSSIER N. 357
ART E DOSSIER N. 357
SETTEMBRE 2018
In questo numero: MICHELANGELO INEDITO Il primo progetto della tomba di Giulio II. VENEZIA La biennale di architettura. I SACRI MONTI Itinerari tra arte, fede e natura. IN MOSTRA Abramović a Firenze, Fotografia e Astrattismo a Londra, Puccini e l'arte a Lucca, Arte islamica a Firenze, Pittura a Gubbio al tempo di Giotto. Direttore: Philippe Daverio