Studi e riscoperte. 1 
La Tomba di Giulio II e l’architettura dipinta della volta della Sistina

QUELL’IDEA DI SEPOLTURACHE MAI VIDE LA LUCE

Qual era il progetto iniziale della Tomba di Giulio II di Michelangelo? L’ipotesi qui proposta si avvale della descrizione del biografo Condivi ripresa, in parte, da Vasari. Ipotesi che consente di individuare congruenze con gli elementi stilistici e formali impiegati dall’artista toscano nella volta della Sistina.

Adriano Marinazzo

Tutto ebbe inizio con la sepoltura, ovvero il grandioso monumento funebre che doveva ospitare i resti del vescovo di Roma, pastore supremo della cristianità, il pontefice Giulio II, al secolo Giuliano della Rovere (papa dal 1503 al 1513). 

Partendo dalle tormentate vicende di questa ambiziosissima impresa, commissionata a Michelangelo nel 1505, si sviluppa un lungo filo rosso che ci porta a comprendere meglio le possibili relazioni e concordanze con il capolavoro massimo del Buonarroti, l’affresco della volta della Cappella sistina. 

Sono gli anni dal 1505 al 1512, il periodo più importante della carriera artistica di Michelangelo. Sono gli anni della tomba “libera” (l’idea originaria del mausoleo di Giulio II prevedeva un monumento a quattro “facce” libero su quattro lati) e della volta della Sistina. In questi fondamentali sette anni l’artista conobbe il fallimento e la gloria che lo rese per sempre immortale. 

Non essendo pervenuto a noi nessun documento contrattuale e nessun disegno certamente riferibile al progetto originale, bisogna attenersi alla descrizione di Ascanio Condivi, discepolo e primo biografo del Buonarroti, poi ripresa con qualche differenza da Giorgio Vasari. 

La tomba «com’era il primo disegno» narrata da Condivi, grazie alle precise indicazioni di Buonarroti, era concepita come un edificio classico: per dirla con Vasari, un «tempio». 

Nel progetto, le statue «legate come prigioni» si articolavano plasticamente e quasi contorcendosi «sporgevano in fuori»; sopra a esse correva «una cornice, che intorno legava tutta l’opera», come quella dipinta da Michelangelo nella volta della Sistina che si dispiegava “intorno” ai grandiosi troni delle Sibille e dei Profeti

Le statue sarebbero state più di quaranta, alle quali si sarebbero sommati altri rilievi marmorei e bassorilievi bronzei. Di questi ultimi elementi si sa poco, nei tentativi ricostruttivi sono sempre raffigurati come semplici scomparti rettangolari; invece, non si dovrebbe scartare l’ipotesi che questi rilievi fossero in realtà raffigurati anche a guisa di medaglioni sulla scorta di quelli “retti” dagli Ignudi nella volta della Sistina.


Le immagini di questo articolo da p. 47 a p. 50 sono elaborazioni digitali dell’autore. In apertura, ricostruzione virtuale della tomba “libera” di Giulio II (che prevedeva un monumento a quattro facce libero su quattro lati), con la facciata principale e le statue.

Il progetto della tomba “libera” non vide mai la luce anche perché Giulio II, impegnato nelle dispendiose campagne militari di Perugia e Bologna in aggiunta alle ingenti spese per il cantiere della nuova basilica di San Pietro, aveva definitivamente virato per la ridecorazione del soffitto della cappella di “famiglia”, la Sistina appunto. 

Qui Michelangelo dipinse un’architettura fittizia come elemento base, componente unitaria dell’intero ciclo pittorico. 

Analizzata e studiata scientificamente in tutti i suoi singoli elementi, l’architettura affrescata da Michelangelo risponde a un’architettura che può essere estrusa e resa tridimensionale. Il risultato è sorprendente, la struttura ricostruita trasuda forza, una fonte vibrante di potenza michelangiolesca. 

Come nel caso della tomba, nella volta l’artista toscano realizza (dipingendola) una struttura architettonica adatta a ospitare sculture (dipinte come figure nella volta). 

Dopo la fine dei lavori della volta, nell’ottobre 1512, e la successiva morte di Giulio II, nella notte tra il 20 e il 21 febbraio del 1513, Michelangelo dovette ricominciare a lavorare alla sepoltura del papa. 

Nel 1513 il progetto della tomba “libera” venne abbandonato a favore di un monumento funebre parietale a tre facce che sfocerà, attraverso una serie di versioni sempre più ridotte, nella realizzazione nel 1545, della tomba in San Pietro in Vincoli (Roma).


Nella Cappella sistina Michelangelo
dipinse un’architettura fittizia

Veduta dal basso della volta della Cappella sistina (1508-1512), Città del Vaticano, Musei vaticani, con la struttura architettonica dipinta in evidenza;


Ricostruzione tridimensionale dell’architettura dipinta della volta della Cappella sistina, veduta di tutta la struttura in relazione con il disegno del profilo architettonico della volta di Piermatteo d’Amelia.

Passare dall’idea di mausoleo imperiale alla tomba ad archivolto di tradizione toscana quattrocentesca con un apparato iconografico eminentemente cristiano rappresenta un totale cambiamento progettuale sia dal punto di vista dei significati ermeneutici e filosofici sia dal punto di vista delle soluzioni formali e architettoniche. 

Ragione per cui la ricostruzione che qui viene proposta si differenzia sostanzialmente da quelle ipotizzate in precedenza. Secondo la soluzione qui presentata, la ricostruzione della tomba “libera” non dovrebbe fondarsi sulle soluzioni formali dei progetti della tomba parietale, ovvero non credo sia opportuno usare gli elementi architettonici, come nicchie, trabeazioni, piedistalli, pilastri ecc. dei disegni conosciuti. 

Lo stesso Michelangelo non avrebbe usato questi elementi in quanto, come egli stesso scrive in una lettera del 1557 al cardinale Rodolfo Pio da Carpi, «quando la pianta muta del tucto forma, è non solamente lecito, ma necessario, mutare del tucto ancora gli ador[na]menti». 

Nel prospetto principale della ricostruzione sono state previste due nicchie laterali e la porta centrale di entrata alla cella, questi elementi sono intervallati da erme impostate su basi che qui sono accomunate ai sedili degli ignudi della volta (a ben vedere il profilo dei sedili assomiglia a quello di una base di parastapilastro). 

Sopra la base, il fusto dell’erma si articola in tre fasce sovrapposte (che nella volta corrispondono a quelle degli archi trasversali) mentre il coronamento dell’erma viene immaginato come una porzione di trabeazione aggettante o capitello (che nella volta coincide con la cornice risaltante dei piedritti dei troni). Questi ultimi elementi sono “legati” da una cornice corinzia (la stessa che unisce tutta la struttura dipinta della volta). Al di sotto della cornice trabeata si sono ipotizzati i bassorilievi in bronzo non solo rettangolari ma anche circolari (che nella volta sono dipinti come medaglioni in finto bronzo).


Ricostruzione tridimensionale dell’architettura dipinta della volta della Cappella sistina, particolare di un trono con il profeta Daniele;


Eicostruzione virtuale della tomba “libera” di Giulio II, veduta prospettica.


Ricostruzione tridimensionale dell’architettura dipinta della volta della Cappella sistina, particolare di una campata dei riquadri minori.

La cella interna
del monumento probabilmente
era circolare


Lo stesso tipo di alternanza la ritroviamo nel fregio dell’attico del progetto di Michelangelo per la tomba doppia (probabilmente per i papi medicei) di Oxford (Christ Church, JBS 65). 

Nell’ipotesi ricostruttiva della tomba “libera”, al secondo piano sui lati corti si sono immaginati quattro troni (che nella volta sono dipinti come i troni dei veggenti) che avrebbero ospitato altrettante statue. 

Nella ricostruzione, al centro, tra i troni, vi è una campata liscia più semplice (anche nella volta i troni sono intervallati da un piano dipinto come una lastra in finto porfido semplicemente modanata). Il secondo livello è coronato dalla solita cornice corinzia (la stessa dipinta nella volta della Sistina), al di sopra della quale si imposta il terzo e ultimo livello composto da due statue (che nella ricostruzione qui esposta sono comprese nell’alzato di un piedistallo) che sorreggono l’arca (qui pensata come un trono) di Giulio II. 

Nelle facciate laterali si è immaginato al primo livello una nicchia per tutte le cinque campate seguendo la descrizione di Condivi «intorno di fuori erano nicchie» e di Vasari che parla di «nicchie [...] a torno a torno». 

Nella facciata tergale, come nella parete d’ingresso, sono state collocate, nelle campate laterali, altre due nicchie (intervallate da un’altra porta di accesso, speculare a quella principale) e infine, come appena detto, nei prospetti lunghi sono state previste cinque nicchie per lato, per un totale di quattordici nicchie su quattro lati. 

A inframmezzare le nicchie sono stati posti venti semipilastri (chiamati da Condivi e Vasari «termiti») nei quali «erano altre statue». A queste sculture si aggiungevano le quattro sopra il secondo livello disposte nei troni e altre tre nel terzo e ultimo piano: i due «agnoli» che sostenevano la statua in trono di papa Giulio II. 

Secondo questa ricostruzione il totale delle statue principali doveva ammontare a quarantuno, confermando l’affermazione di Condivi: «L’opera andava sopra quaranta statue». 

La facciata longitudinale della tomba secondo l’ipotesi di questo studio presenta cinque campate nel livello del piano terra e tre in quello superiore, Vasari infatti scrive che «ascendeva l’opera sopra la cornice in gradi diminuendo»; questo andamento verso l’alto «in gradi diminuendo» è reso evidente dalla riduzione, tra primo e secondo piano, delle campate della facciata laterale del sepolcro. 

Vasari, a differenza di Condivi, parla anche della cella interna del monumento che era «in forma ovale». 

È altamente improbabile che Michelangelo progettasse, soprattutto agli inizi del Cinquecento, uno spazio interamente ovaleggiante, mentre potrebbe essere più plausibile l’adozione di una forma circolare. 

Qual era il tempio per antonomasia a cui guardava la cultura rinascimentale per trarre ispirazione? Certamente per quanto riguarda l’età classica era il Pantheon, monumento che ovviamente sia Michelangelo che Vasari conoscevano bene. Alberti nel trattato De re aedificatoria descrive come dovrebbe essere costruito un monumento funerario-mausoleo. L’edificio, secondo Leon Battista, sarebbe costituito da un’alternanza di piani quadrati e circolari, con la cella interna sepolcrale rotonda. 

Negli studi classici, filosofici e teologici, tutti noti a Michelangelo, formatosi nella scuola neoplatonica del giardino mediceo di San Marco a Firenze, il cerchio rappresenta la forma perfetta, simbolo dell’universo, dell’Uno, di Dio, inoltre è simbolo del tempo infinito, che si ripete senza sosta ciclicamente. Esso simbolizza il Cielo cosmico come dimensione trascendente e spirituale in connessione con la dimensione materiale della Terra. 

Nella ricostruzione qui proposta sono state inserite come esempio (per dare un’idea al lettore) i profili di alcune sculture realizzate (interamente o parzialmente) da Michelangelo per i vari progetti della tomba tra il 1505 e il 1545. Utilizzare gli elementi architettonici dipinti della volta sistina per la ricostruzione della tomba non deve stupire, infatti è noto come Michelangelo nei suoi progetti architettonici utilizzò spesso gli stessi elementi, le stesse invenzioni formali, assemblandole e modificandole a seconda delle esigenze.


Michelangelo, Progetto per una tomba doppia, Oxford, Christ Church, JBS 65.


Ricostruzione virtuale della tomba “libera” di Giulio II: a sinistra sezione trasversale;


Sezione del solido della pianta del piano terreno.


Michelangelo, Tomba di Giulio II (nella sua versione parietale completata nel 1545), Roma, San Pietro in Vincoli.

Il tema affrontato nell’articolo sarà oggetto di un prossimo libro a cura dell’autore.

ART E DOSSIER N. 357
ART E DOSSIER N. 357
SETTEMBRE 2018
In questo numero: MICHELANGELO INEDITO Il primo progetto della tomba di Giulio II. VENEZIA La biennale di architettura. I SACRI MONTI Itinerari tra arte, fede e natura. IN MOSTRA Abramović a Firenze, Fotografia e Astrattismo a Londra, Puccini e l'arte a Lucca, Arte islamica a Firenze, Pittura a Gubbio al tempo di Giotto. Direttore: Philippe Daverio