Il premio Michetti a Francavilla al Mare 


Tendenzecontemporanee

Renato Barilli

Sono ben lieto che il premio Michetti, giunto alla sua sessantanovesima edizione (dal 14 luglio al 30 settembre), nella sede magnifica del Museo Michetti di Francavilla al Mare (Chieti), dedicato al grande pittore locale (Francesco Paolo Michetti), abbia accettato di far risuonare un grido fatidico: «Che arte fa oggi in Italia». Ritengo che rispondere a un simile interrogativo debba essere il primo dovere di ogni critico militante. In questa rassegna tento di assolvere il compito saggiando le prove di trentatré artisti, non di primo pelo, quarantenni in genere, ma giunti ormai a una solida maturità. Un responso immediato è che oggi la scena appare particolarmente ricca in quanto non dominata da un’unica tendenza. Un tempo si ragionava in termini di ondate, di “waves”, attualmente invece si dovrebbe parlare di una “no wave”, o di un’ibridazione di temi e tecniche, che però, se si ragiona nei termini della sempre a me cara dialettica pendolare tra estremi, registra un processo generale di ri-sensibilizzazione, per cui tendono a scomparire esiti di un “concettuale” duro e puro, magari alleato alla fotografia, o all’esibizione di scritte. Restano senza dubbio le installazioni ambientali, che però si fanno appunto sensuose, sensibili, confortanti. Penso alle corone di spine assemblate da Elisabetta Di Maggio, alle pile di documenti accumulati da Antonio Guiotto, ai blocchi di cento fogli assemblati e dipinti lungo i quattro lati di Alex Bellan raffiguranti un paesaggio dei colli Euganei. E c’è pure la scacchiera su cui Cristina Treppo depone le pedine di un suo gioco combinatorio. Il gruppo Bounty Kill art propone statue in cui i vari codici, dall’antico al kitsch contemporaneo, si mescolano brillantemente, così come T-Yong Chung esibisce una fila di erme, ma mutilate, al limite della rottamazione. Nicola Gobbetto dà movimento alle sue statue mediante un ventilatore, Paolo Gonzato erige sbarramenti, ma traforati, come esili cancellate. Giorgio Guidi erige muri degni di un archeologo, Federico Lanaro presenta curiosi reperti da zoologo o botanico. 

Però la marcia prevalente è verso la parete, con rientro nell’ambito della “vecchia signora”, la pittura, attraverso tante vie di mezzo. Alberto Tadiello raccoglie in rotoli gli apparati delle sue emissioni acustiche. Eloise Ghioni si ferma a metà strada af fidando i colori a drappi policromi, Diego Soldà, per sciorinare i suoi strati cromatici, si fa aiutare da una sorta di mulinello. Chiara Pergola schiera le sue immagini su lunghi scaffali, mentre il duo Marinangeli-Placucci si vale di lunghe ghirlande come di grani di un rosario. Ulteriori passi di avvicinamento alla presentazione a parete vengono fatti da Laurina Paperina, da Lisa Lazzaretti, da Alvise Bittente, da Emmanuele Panzarini, da Kenzuke Koike, mentre nel caso di Anna Galtarossa è davvero un’esplosione, una festa di colori, come per una fiera paesana, cui fanno eco le accensioni neodecorative di Elena Brazzale. Ma ecco finalmente la pittura quasi allo stato puro, col trio veneziano Andrea Grotto, Cristiano Focacci Menchini, Adriano Valeri, mentre con Matteo Montani siamo addirittura all’accendersi di aurore boreali. Vivi pozzi di informalità si hanno pure con Marilla Boffito, Lorenzo Di Lucido, Lucilla Candeloro, Giorgia Severi. 

Per non parlare di un modo particolarmente ardito di inseguire la pittura, ma offrendola in “trompel’oeil”, attraverso la compilazione di “scatole a sorpresa”, sospese tra le due e le tre dimensioni, com’è nel caso di Renzo Borella e di Lucia Veronesi, per stare quasi agli estremi alfabetici di questa sfilata. Che ha al suo centro i fiori esotici di Alessandro Roma, pronti a spingere nello spazio i loro viluppi. 

Proprio per evidenziare questo ritorno alla pittura, la mostra dedica un omaggio a un artista abruzzese recentemente scomparso, Domenico Colantoni (1938-2018), cultore di un iperrealismo, nei ritratti, nei paesaggi, nelle nature morte, a sfida di quanto viene fatto con le materie plastiche vecchie e nuove, dalla ceramica di Bertozzi & Casoni alla gommapiuma di Piero Gilardi. 

La “vecchia signora” affidata al magistero dei pennelli, come dimostra Colantoni, e oltre a lui anche altri virtuosi nello stesso esercizio come David Hockney e Alex Katz, resta competitiva, non si arrende, anche se insidiata da ogni parte.


Alla sessantanovesima edizione del premio Michetti, qui illustrato dal curatore, le opere di trentatré artisti impegnati nella pittura, nella scultura e nelle installazioni ambientali


Adriano Valeri, Bedouin Queen (2018).


Lucia Veronesi, La stanza addosso #2 (2015).


The Bounty Killart, Basic Instinct (2016).

Premio Michetti

Che arte fa oggi in Italia
Francavilla al Mare (Chieti)
Museo Michetti
piazza San Domenico 1
a cura di Renato Barilli
dal 14 luglio al 30 settembre
catalogo Giunti
www.fondazionemichetti.it

ART E DOSSIER N. 356
ART E DOSSIER N. 356
LUGLIO-AGOSTO 2018
In questo numero: ESTATE AL MUSEO La Rubenshuis di Anversa, il Museo diocesano di Feltre. I RESTAURI E LE SCOPERTE Pisa: gli affreschi restaurati; Pontormo: un nome per un ritratto. IN MOSTRA Christo a Londra, W.E. Smith a Bologna, Matisse ad Aosta, Kupka a Parigi, La collezione Agrati a Milano, Traiano a Roma.Direttore: Philippe Daverio