Musei da conoscere. 2
Il nuovo Museo diocesano di Feltre

UNO SCRIGNO DI TESORITRA VENEZIA E LE ALPI

Dopo quasi vent’anni di restauro, il medievale Palazzo dei vescovi, più volte modificato e oggetto, a partire dall’occupazione napoleonica, di un inarrestabile declino, oggi accoglie il nuovo Museo diocesano con oltre duecentocinquanta opere dall’Alto Medioevo fino ai giorni nostri.

Tiziana Conte

In un momento storico che si nutre in gran parte di effimero, il recupero filologico di un edificio monumentale abbandonato da decenni e a rischio di definitiva rovina rappresenta un caso esemplare di valorizzazione e di buona politica culturale. 

È quanto accade a Feltre (Belluno), antica città prealpina ai piedi delle prime Dolomiti dove, dopo un ventennio di restauri, il Palazzo dei vescovi viene oggi restituito definitivamente alla comunità nella rinnovata veste di Museo diocesano. 

L’imponente costruzione - testimonianza del prestigio dei vescovi feltrini, che un tempo estendevano la propria giurisdizione fino alle porte di Trento - svetta nello skyline della cittadella fortificata, in muto ma eloquente dialogo con il castello sulla cima del colle e con i palazzi del potere civile, nobili vestigia del secolare governo veneto. Vi si giunge percorrendo le vie silenziose del centro storico, in un’armonia architettonica e urbanistica di rara suggestione. 

L’episcopio sorge nel XIII secolo nell’area di due preesistenti torri urbane; l’analisi architettonica e le indagini archeologiche ci consegnano l’immagine medievale di un castello, ma tale assetto sarà destinato a subire nel tempo ripetute trasformazioni, non di rado determinate da eventi traumatici: primo fra tutti, il terremoto del 1348, che infierisce con violenza sulla città e sull’edificio. Nella seconda metà del XIV secolo, esso verrà ricostruito e ampliato in forme gotiche, fino ad assumere entro la fine del Quattrocento la fisionomia dei palazzi aristocratici veneziani: gli spazi interni si colorano di affreschi e le pareti sono alleggerite da eleganti finestre trilobate e da una loggia affacciata sulla città. 

È questa la dimora che accoglie il vescovo umanista Antonio Pizzamano al suo ingresso in diocesi nel 1504, celebrato dal sontuoso apparato araldico dell’androne d’ingresso, scoperto sotto gli intonaci nel 2006. In un’impaginazione di raffinata cultura antiquaria di matrice mantegnesca, l’affresco fotografa la geografia politica del tempo, attraverso le insegne della Repubblica di Venezia, della città di Feltre, del pontefice Giulio II, del doge Loredan, del patriarca Grimani, del vescovo, del castellano e del podestà. 

La sventura si abbatte nuovamente sulla città nel 1509-1510 quando, nel contesto della guerra della lega di Cambrai contro la Serenissima, Feltre è incendiata dalle truppe di Massimiliano d’Asburgo e ridotta in rovina; anche il palazzo vescovile subisce danni enormi, cui si aggiunge la perdita irreparabile dell’archivio.


Le immagini riprodotte in questo articolo riguardano il Museo diocesano, ospitato nel Palazzo dei vescovi a Feltre (Belluno), e la sua raccolta. In apertura, l’esterno del museo.

Entro la fine del Quattrocento gli spazi
interni del Palazzo dei vescovi
si colorano di affreschi


Il restauro si protrae per tutto il Cinquecento e interessa in prevalenza l’ala occidentale, dove ancora oggi si ammirano estesi brani di affreschi rinascimentali. Tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo si colloca una nuova e complessa ristrutturazione, che riorganizza gli ambienti interni e conferisce all’episcopio la veste scenografica che lo caratterizza, con la creazione della scala monumentale, il livellamento dei solai, la distribuzione degli ambienti con effetto “a cannocchiale”, l’esecuzione del portale bugnato e delle grandi finestre. Alla fine del Seicento, con l’innalzamento della torretta a ovest, l’edificio assume la configurazione definitiva; gli interventi settecenteschi interessano aspetti squisitamente decorativi, come le pavimentazioni “alla veneziana” e l’esecuzione di stucchi e tempere. 

Il declino prende avvio con l’occupazione napoleonica e prosegue con quella austriaca; alla metà dell’Ottocento risalgono le ultime migliorie, ma durante la prima guerra mondiale il vescovado è destinato a caserma, tribunale, ospedale militare. Saccheggiato, danneggiato e privato degli arredi, verrà in seguito adibito alle funzioni più disparate, con adattamenti improvvidi e manutenzioni occasionali, fino all’inesorabile abbandono. 

Il complesso e delicato recupero, tenacemente sostenuto dalla diocesi di Belluno-Feltre, inizia nel 1999; nel 2007 l’ala orientale è conclusa e diviene sede del primo nucleo del Museo diocesano. Dopo altri undici anni di restauri, nel 2018 si inaugura finalmente l’intero palazzo, con l’ampio giardino murato che lo circonda.


orafo dell’Italia settentrionale, altare portatile (XII secolo).


Ambito padovano, l’apparato araldico dell’androne d’ingresso (1504).


argentiere italiano, Calice del diacono Orso (VI secolo).

Il plasticismo barocco è rappresentato
dal “Michelangelo del legno”
Andrea Brustolon


In un allestimento dinamico, nel quale la posizione di ogni singolo oggetto è concepita in relazione all’ambiente che l’accoglie, l’antico vescovado ospita oggi una straordinaria collezione di oltre duecentocinquanta opere d’arte che vanno dall’Alto Medioevo all’età contemporanea. Provengono da ogni angolo del territorio bellunese e riflettono la ricchezza e la complessità geografica di quest’area, snodo strategico tra Venezia e le Alpi, incrocio vitale di influenze artistiche lagunari e di persistenze germaniche. 

Vi si ammirano testimonianze d’eccezione, come il Calice del diacono Orso, risalente al VI secolo e ritenuto uno dei calici più antichi della cristianità occidentale, il raro Altare portatile in argento di età ottoniana, o ancora la Madonna in alabastro attribuita al Maestro dell’altare di Rimini e il Reliquiario di san Silvestro eseguito nel 1497 dall’orafo Antonio di Salvi per la certosa di Firenze e approdato in terra bellunese alla fine dell’Ottocento. 

L’itinerario museale s’intesse di episodi di altissimo valore storico e artistico e si snoda - vario e articolato - dai reperti lapidei altomedievali alle “tabulae pictae” del XV secolo, dalla collezione di icone agli ex voto della devozione popolare, dall’oreficeria e dai paramenti liturgici ai dipinti di Tintoretto, Luca Giordano, Nicola Grassi, Federico Bencovich, Domenico Corvi, Gaspare e Antonio Diziani.

Ampi spazi sono dedicati alle opere provenienti dalla certosa di Vedana (Sospirolo, Belluno) - tra le quali brillano i capolavori della pittura sacra di Sebastiano Ricci - e alla scultura lignea, distribuita in quattro sale che espongono un importante nucleo di inediti tardogotici e rinascimentali e che culminano nel vertice del plasticismo barocco, rappresentato dal “Michelangelo del legno” Andrea Brustolon. 

A ogni passo si percepisce un richiamo sottile a proseguire la visita anche fuori da queste mura, a esplorare la città e gli altri suoi musei, ad avventurarsi nei dintorni fino al santuario medievale di San Vittore e poi oltre, fino a spaziare verso i luoghi più remoti della provincia, per conoscere meglio il contesto che ha saputo generare tanta bellezza.


Andrea Brustolon, I quattro evangelisti sorreggono la sfera celeste (1700 circa).

cerchia del Maestro dell’altare di Rimini, Madonna in alabastro (1420-1425).


Sebastiano Ricci, Madonna col Bambino, san Bruno e sant’Ugo (inizio XVIII secolo).

Museo diocesano, Palazzo dei vescovi

Feltre (Belluno), via del Paradiso
per informazioni: telefono 0439-844082
www.museodiocesanobellunofeltre.it

ART E DOSSIER N. 356
ART E DOSSIER N. 356
LUGLIO-AGOSTO 2018
In questo numero: ESTATE AL MUSEO La Rubenshuis di Anversa, il Museo diocesano di Feltre. I RESTAURI E LE SCOPERTE Pisa: gli affreschi restaurati; Pontormo: un nome per un ritratto. IN MOSTRA Christo a Londra, W.E. Smith a Bologna, Matisse ad Aosta, Kupka a Parigi, La collezione Agrati a Milano, Traiano a Roma.Direttore: Philippe Daverio