Grandi mostre. 5
Ritratti a grandezza naturale ad Amsterdam

UN CLUB
ESCLUSIVO

Un’originale scelta di dipinti propone all’attenzione del pubblico la formulazione più prestigiosa del genere ritratto: quella a figura intera e a grandezza naturale. Per molto tempo, un onore riservato a un’élite, categoria che si allarga e restringe col cambiare di mode, convenzioni e assetti sociali.


Claudio Pescio

Il ritratto a figura intera, in piedi e a grandezza naturale rappresenta la forma più ambiziosa di restituzione delle fattezze umane che l’arte occidentale abbia concepito. La formula deriva dalla tradizione classica e tardo antica. La sua ripresa avviene fra Quattro e Cinquecento, ma per molto tempo il genere rimane riservato a principi e sovrani (o “uomini e donne illustri” nell’accezione della serie dipinta da Andrea del Castagno attorno al 1450); per tutti gli altri - nobili o ricchi borghesi che fossero - rimangono i ritratti del solo volto, quelli a mezzo busto o fino alla vita, in formato naturale ma anche nella più economica versione ridotta. La ragione di questa distinzione, più che ideologica, è economica: per fare un solo esempio, sir Joshua Reynolds, uno dei maggiori ritrattisti inglesi del Settecento, chiedeva circa centocinquanta ghinee per la figura intera e attorno alle trenta per il solo volto.

Il Rijksmuseum di Amsterdam dedica una grande esposizione proprio alla formulazione extralarge del genere, nella sua versione pittorica, con l’eloquente titolazione di High Society. Nella scelta delle opere è evidente l’intenzione del museo di collegare la pittura olandese della grande tradizione secentesca al contesto internazionale e di metterla in evidenza secondo una prospettiva iconologica.


Di Paolo Veronese, Livia Thiene e la figlia Deidamia (1552 circa), Baltimora, Walters Art Museum.


Iseppo da Porto e il figlio Leonida (1551-1552 circa), Firenze, Gallerie degli Uffizi.

Uno dei meriti della mostra è quello di aver riunito coppie che non si frequentavano più da tempo


Uno dei meriti della mostra è intanto quello di aver riunito coppie che non si frequentavano più da tempo (causa diversa collocazione dei rispettivi ritratti). Ad Amsterdam troviamo per esempio uno dei primi ritratti italiani a figura intera di una famiglia non regale, seppure di classe nobiliare: si tratta di due vicentini che affidano le proprie effigi e quelle di due dei loro figli a Paolo Veronese. Iseppo (Giuseppe) da Porto, è un personaggio di qualche importanza nelle vicende della Repubblica di Venezia; nei primi anni Trenta instaura rapporti col mondo luterano che lo portano ad avere problemi con la giustizia e addirittura all’arresto nel 1547; problemi non così gravi da impedirne l’ascesa sociale, visto che percorre un’importante carriera politica, e mai tali da convincerlo a troncare del tutto le sue relazioni con esponenti della Riforma. Nel 1545 sposa Livia Thiene, protagonista del pendant conservato al Walters Art Museum di Baltimora (1552 circa). Iseppo, nel suo ritratto (1551-1552) - conservato agli Uffizi nella collezione Contini Bonacossi - calza un solo guanto per posare l’altra mano sulla spalla del figlio Leonida, che ricambia con tenerezza il contatto.


Di Rembrandt van Rijn, Maerten Soolmans (1634), Amsterdam, Rijksmuseum;


Oopjen Coppit (1634), Parigi, Musée du Louvre.

Sono entrambi in nero, con vesti al tempo stesso lussuose ma non vistose, simili anche nei tratti del volto, che esibisce quasi un marchio di famiglia nell’identica attaccatura dei capelli. Leonida guarda alla sua destra verso il pendant da dove la sorellina Deidamia non ricambia lo sguardo per fissare invece gli occhi su di noi aggrappata alla veste della madre, più ricca e colorata nella sua morbida fodera in pelliccia.

Alla stessa categoria appartengono i due ritratti Spini di Giovan Battista Moroni (1573-1575). Tra i primi mortali quasi comuni ad accedere alla versione più ambiziosa della ritrattistica non mancano i disinvolti borghesi dei Paesi Bassi. Alla categoria appartiene l’appena restaurata coppia di ritratti di Maerten Soolmans e Oopjen Coppit, eseguiti da Rembrandt nel 1634. Sono due dei tre soli dipinti a figura intera eseguiti dall’artista di Leida: sul totale dei novantadue ritratti eseguiti dall’artista. Se si considera che Frans Hals realizzò circa duecentoventi ritratti, solo uno dei quali appartenente al club, si capisce quanto preziosi dovessero apparire per la società olandese del tempo. Molto diversa la situazione in altri contesti: nella ritrattistica di Antoon van Dyck, attivo in Fiandra, Italia e soprattutto Inghilterra, le figure intere rappresentano circa un quinto del totale.

I due pendant di Rembrandt (altra coppia che si ritrova solo in caso di mostre come questa) sono stati messi a disposizione del pubblico da un paio d’anni, grazie a una singolare forma di collaborazione fra musei diversi, il Louvre e il Rijksmuseum, che hanno fatto fronte comune all’ingente costo delle due tele (già proprietà dei Rothschild, acquistate per centosessanta milioni di euro dagli Stati francese e olandese); 57 le due istituzioni si scambiano periodicamente i ritratti per consentirne l’esposizione a pendant, appunto. I due sposi sono messi in relazione attraverso i gesti, se non con gli sguardi, e apparentemente si trovano nello stesso ambiente, anche se il pavimento rivela due diversi punti di fuga. L’uomo accenna alla moglie, che avanza leggermente nella sua direzione. Si tratta di due figure elegantissime: segnaliamo anche solo il dettaglio delle calzature del giovane, adorne di due rosette al tempo stesso esibizione di lusso da parte di chi le indossa e di virtuosismo da parte di chi le dipinge; sono due rampolli dell’aristocrazia mercantile della città, sposi da un anno appena, al momento del ritratto. Il guanto che il marito porge alla moglie simboleggia, secondo la tradizione locale, una sorta di rito di passaggio di potestà sulla donna, la quale transitava così dal padre allo sposo. Anche l’anello che la donna porta appeso al collo rimanda al matrimonio.


Sir Joshua Reynolds, Jane Fleming, poi contessa di Harrington (1778-1779 circa), San Marino (California), Huntington Library.

Nell’élite anche attori e attrici di teatro, perfino cortigiane di rango


Naturalmente l’allargarsi del club non provoca l’esclusione dei membri tradizionali e i sovrani d’Europa continuano a farne parte in permanenza, da Enrico VIII a Carlo V, a Elisabetta I, a Napoleone e alla regina Vittoria, e l’accoglienza si estese a presidenti degli Stati Uniti come George Washington.

Abito, espressione, posa, contesto ambientale, simbologie, somiglianza (gradito qualche ritocco migliorativo) sono gli ingredienti più richiesti e individuati come necessari a un’immagine di sé che possa considerarsi correttamente e utilmente tramandata ai posteri. In questo senso va apprezzata la scelta indubbiamente coraggiosa di Johan Colterman che nel 1613 sceglie di farsi ritrarre da Hendrick Goltzius in veste di Ercole, in posa aggressiva e completamente nudo.

Periodi d’oro per il genere tornano a essere, per l’alta borghesia, dopo una lunga eclissi, il secondo Settecento della rivoluzione industriale e successivamente la Belle époque, che vedono entrare nell’élite anche attori e attrici di teatro, perfino cortigiane di rango: lo stesso Joshua Reynolds eseguì più di un ritratto di Fanny Abingdon, fioraia, cantante di strada e prostituta prima di diventare un’acclamata attrice shakespeariana (a figura intera quello del 1765 circa, conservato al Waddesdon Manor nel Buckinghamshire).

Dandies, femmes fatales dallo studiato pallore in abito di scena e altri protagonisti della vita mondana europea e statunitense del secondo Ottocento come Robert de Montesquiou, la marchesa Casati (dai grandi, ipnotici occhi scuri, «un’antigioconda in seta nera», la definì un cronista del tempo), Sarah Bernhardt, George Washington Vanderbilt sono i soggetti che ricorrono nei ritratti di Whistler, Boldini, Sargent. E poi industriali, medici (l’immagine della mostra è affidata allo charme di Samuel-Jean Pozzi, ginecologo e seduttore, ritratto in veste da camera da John Sargent nel 1881), danzatrici, scrittori…

Un rapporto strettissimo, quello fra l’artista e il suo soggetto, su cui si basa questo genere ritrattistico e che si alimenta in funzione di un reciproco vantaggio promozionale, e continua a proporre il gran formato fino a Klimt, fino a infrangersi con la prima guerra mondiale e con l’arrivo delle avanguardie, che vede la rottura di una forma di connubio ormai vista come antiquata (la fotografia è ormai diffusissima), troppo celebrativa e commerciale, oltre che riduttiva del ruolo nuovo che l’artista rivendica per sé e che trova un suo nuovo fondamento anche nel rifiuto del concetto stesso di committenza.


Giovanni Boldini, La marchesa Luisa Casati con un levriero (1908).

ART E DOSSIER N. 354
ART E DOSSIER N. 354
MAGGIO 2018
In questo numero: MOSTRE D'ESTATE Guttuso a Torino, De Chirico a Rivoli, Arte e fascismo a Milano, Wolf Ferrari a Conegliano, Rodin a Treviso, High Society ad Amsterdam, Italia e Spagna a Firenze, Dürer a Milano. VILLA CARLOTTA Trecento anni di collezionismo. CAMILLE CLAUDEL Il genio, il dolore, la perdita.Direttore: Philippe Daverio