Il museo immaginario


LA PAURA HA
IL CAPPOTTO DI PELLE

di Alfredo Accatino - Il Museo Immaginario
ilmuseoimmaginario.blogspot.it

Un viaggio alternativo nell’arte del Novecento, alla riscoperta di grandi artisti, di opere e storie spesso dimenticate: Willem van Genk

Nel 1932 la signora Maria Martina Hoogstraten muore di cancro al seno. Lascia nove figlie femmine e Willem, l’ultimo arrivato, un maschietto di poco più di quattro anni. La famiglia è abbiente, colta, progressista, ma il padre è incapace di gestire la situazione e si dimostrerà depresso e violento. Willem passa così dalla casa paterna a quella degli zii, e viceversa, vivendo in un totale disagio. Già dalla scuola primaria rivela seri problemi di apprendimento, a testimonianza di una forma di autismo che all’epoca non è ancora catalogata come patologia. Non riesce a seguire le lezioni, tranne l’ora d’arte, e continua a scarabocchiare tutto il giorno, umiliato da compagni e insegnanti. È particolarmente debole in matematica, materia che il padre cerca di insegnargli colpendolo ritmicamente con la bacchetta di legno, per fargli entrare in quella zucca vuota addizioni e sottrazioni.

Questi continui abusi fanno nascere in lui un complesso d’inferiorità, rispetto al quale l’arte rappresenterà, in seguito, l’unica cura possibile. Durante l’occupazione nazista dell’Olanda il padre, che ha ospitato e nascosto per un certo periodo alcuni ebrei, è segnalato alla Gestapo. La polizia politica irrompe nell’appartamento, ma non trovando il capofamiglia brutalizza il ragazzo, appena diciassettenne, per farlo confessare. È uno choc che gli cambierà la vita. I lunghi cappotti di pelle della Gestapo che fluttuano nella stanza continueranno ad affiorare negli anni nella psiche del ragazzo, e diventeranno poi la sua veste abituale, anche da adulto.

Queste le prime pagine della vita di un malato schizofrenico autistico, che sarebbe divenuto in seguito uno dei più importanti artisti del XX secolo dell’Art Brut, morto a settantotto anni nel 2005, che ha vissuto la sua vita come una tragica opera d’arte.

Dopo la guerra, a vent’anni, Willem prova a integrarsi nella società e si propone per un’occupazione “quasi normale”: disegnatore in un’agenzia pubblicitaria. Ma l’esperienza lo devasta, non riesce a rispettare i ritmi di lavoro e le consegne, non riesce a essere frivolo e glamour, ad adattare il proprio stile ai prodotti. Insomma, un disastro.

Perde il contratto e viene obbligato a sottoporsi, come terapia sociale, a una forma di “lavoro obbligatorio” in una casa per disabili. Quello che i suoi concittadini chiamano «lavoro per inferiori », che Willem troverà solo degradante.

Nel 1958, la svolta. Dopo essere stato autodidatta, chiede di iscriversi all’Accademia reale delle belle arti dell’Aja, il cui direttore, dopo un breve incontro con lui, ne coglie il talento e lo smarrimento.

Willem ha trovato finalmente la sua dimensione e, terminati gli studi, nel 1964 vede organizzare la sua prima mostra personale a Hilversum.

Willem Frederik Hermans, tra i maggiori scrittori olandesi del dopoguerra, commenterà: «Le sue opere sono spaventosamente belle, ma ricordano qualcosa che preferiremmo dimenticare».

Nel giro di pochi mesi Willem riesce addirittura a mantenersi come artista e può finalmente dedicarsi alla sua grande passione: visitare le città. Stoccolma, Madrid, Roma, Mosca, Budapest, Francoforte e Berlino, che racconterà in una lunga serie di tavole tematiche nelle quali memorizza i dettagli che lo hanno colpito, con una particolare attenzione alle insegne e alle scritte.


L’impermeabile di Willem van Genk, Gand, Museum Dr. Guislain.

Nel 1984 viene incluso nell’Art Naïf encyclopédie mondiale, ma rifiuta di farsi fotografare, come del resto ha sempre fatto, visto che esistono in circolazione pochissime sue immagini fotografiche.

Particolarmente misteriosa anche la sua sessualità, piena di pulsioni contraddittorie, vicina al feticismo e immersa nelle fobie. Per esempio la vista dei capelli lunghi avvolti dallo shampoo suscita in lui stimoli sessuali che ha difficoltà a mantenere sotto controllo, tanto che nel 1987 si lamenta che la proliferazione dei parrucchieri in tutta L’Aja ormai limita la sua libertà di movimento in città.

In vita ha realizzato poco più di cento dipinti, collage e disegni: di città, palazzi, dirigibili, navi da crociera… Opere di grandissimo formato, da uno a oltre due metri di larghezza, su ciascuna delle quali lavora per un paio di anni. Molte le sculture, come la serie dei tram, realizzate con materiali di recupero e le elaborazioni fatte con la carta, come la bellissima Pianta di Roma, dove anche a noi piacerebbe perderci.


Metrostation Opéra, (1964), Amsterdam, Stedelijk Museum.

New York Strip (1973).


Untitled (Map of Rome) (senza data), Gand, Museum Dr. Guislain.
Untitled (1980-2000), Gand, Collection Foundation Willem van Genk.

ART E DOSSIER N. 352
ART E DOSSIER N. 352
MARZO 2018
In questo numero: GIO PONTI OGGI La chiesa abbandonata; Un design senza tempo. SPAZI D'ARTE L'isola di Hombroich; Tefaf a Maastricht. IN MOSTRA I volti di Menazzi Moretti a Matera; Arte e psiche a Ferrara; I napoletani ''parigini'' a Napoli; Raffaello a Bergamo; Tessuto e ricchezza a Firenze; Perù preincaico a Parigi.Direttore: Philippe Daverio