Dopo l’improvvisa morte di Müller nel 2007, la Stiftung Insel Hombroich, da fine 2014 sotto la direzione di Frank Boehm, prosegue con la sua proposta culturale di ampio respiro. La vocazione all’accoglienza, al rapporto con la comunità locale è quanto mai vivo: programmi di poesia, musica, itinerari filosofici, residenze per artisti, educazione artistica per bambini. Importanti sinergie organizzative sono state stabilite con la Langen Foundation, con l’iconica Skulpturenhalle dello scultore Thomas Schütte, non lontana, altra sede di mostre temporanee, con il Museo di stampe popolari Feld-Haus, con i volontari che si occupano della manutenzione del parco, delle aperture domenicali, degli archivi. Mentre il Museum Insel Hombroich è una delle mete del weekend per visitatori di tutto il mondo, attirati dal silenzio, dallo splendore del paesaggio, dai tesori artistici, nella Raketenstation, che è pure visitabile, vive e produce una comunità di artisti, scrittori, musicisti di diverse provenienze e culture, mentre il Kirkeby-Feld ospita mostre temporanee.
«Proprio con le mostre», ci tiene a sottolineare il direttore Boehm, architetto e curatore, «siamo molto più attivi di prima. Müller preferiva comprare opere invece che organizzare esposizioni». In particolare, grazie ai suoi rapporti con l’Italia - Boehm è stato direttore di MiArt nel 2012 e per molti anni curatore della collezione italiana di Deutsche Bank -, uno spazio di rilievo viene dato agli artisti italiani: nell’estate 2017 ha esposto nella Raketestation Yuri Ancarani, nel 2018 (tra giugno e novembre) l’ospite sarà Remo Salvadori. Tra le priorità per il futuro, Frank Boehm ha individuato il completamento e la conservazione degli edifici esistenti (quarantatre in tutto), l’introduzione di un programma di residenze multidisciplinari nel Haus für Musiker e il consolidamento del programma espositivo nell’arte, la fotografia e l’architettura, «per rendere così Hombroich un luogo che presenta e che mette in discussione i risultati delle ricerche artistiche in modo continuo». Non si interrompe, così, anche dopo la sua morte, la visione di Karl-Heinrich Müller, che definiva l’“isola” «un esperimento aperto» e che così descriveva l’essenza del suo progetto: «L’isola è essenzialmente femminile. Fa nascere, tiene insieme, supporta, serve e libera. Lei non è un dovere ma una possibilità. Lei non è questo o quello, ma entrambi, insieme. Lei sfida chiunque a fare i conti con se stesso, tutti i giorni. Lei non è un campo maschile per l’organizzazione, la caccia, l’accumulazione, il potere e la dimostrazione. Gli avvenimenti sull’isola non sono mai stati prevedibili, e spesso nemmeno immaginabili. Un’intera gamma di cose è stata raccolta, tenuta insieme da una pelle invisibile; una rete di persone, idee e lavoro a cui è stato permesso di connettersi ancora più strettamente, e resa capace di espandersi. Forse l’isola si può solo sperimentare, non descrivere».