Grandi mostre. 1 
Ettore Sottsass a Milano

UN ARCIPELAGO
DI ISOLE

Temperamento inquieto, viaggiatore instancabile, sempre pronto a sperimentare, Ettore Sottsass ha unito a un approccio rigoroso una spiccata fantasia. Designer, architetto, fotografo, scrittore si è lasciato alle spalle la tradizione razionalista per muoversi in terreni che gli hanno permesso di coltivare il suo talento, ora celebrato nella monografica della Triennale a cent’anni dalla nascita dell’artista.


Cesare de Seta

Ettore Sottsass junior (Innsbruck 1917 - Milano 2007) era figlio d’arte, come si usa dire, perché suo padre, nato nel 1882 a Neve San Rocco, un paesino in provincia di Trento, morì a Torino nel 1953 dopo che aveva avuto modo di mettere in mano al figlio matita, compasso e riga a squadra. Ettore Sottsass senior, architetto di vasta esperienza, aveva vissuto a Vienna per alcuni anni fino a quando non decise di trasferirsi a Torino nel 1929 dove contribuì alla creazione del gruppo modernista del Miar (Movimento italiano per l’architettura razionale) di cui i capofila furono Giuseppe Pagano e Gino Levi Montalcini.

La scuola elementare di Predazzo (1951-1952) la firmarono assieme (Ettore senior e junior). La cultura mitteleuropea assorbita dalle lezioni del padre e dalla madre austriaca resterà una memoria ben radicata nel figlio come si può vedere anche da un solo suo segno messo sulla carta. Il padre era stato il suo primo maestro, ma Ettore junior era uomo che aveva non cento ma mille curiosità che gli hanno consentito di muoversi con funambolica estrosità in ogni campo della produzione artistica: dagli oggetti alle architetture. Quantunque si fosse laureato in architettura al Politecnico di Torino, la dominante tradizione razionalista non era nelle sue corde e lo capiamo subito dallo studio per villa Lora Totino a Torino del 1951, dove l’influenza di Frank Lloyd Wright è evidente nella bella tettoia a sbalzo e nell’uso della pietra scabra a fare da base.

Sottsass s’inventa un modo di concepire la composizione di oggetti


Non è che l’inizio di un linguaggio della contaminazione che dobbiamo considerare essenziale per capire la sua opera. L’avvio della sua carriera è soprattutto nell’ambito dell’arredamento e del design. Le sue esperienze progettuali sono concorsi e commesse dell’Ina-Casa (il piano per la realizzazione di alloggi economici, istituito dal Parlamento italiano con la legge n. 43 del 28 febbraio 1949): abitazioni costruite da Sottsass in Sardegna e in Lombardia. Ebbe anche una vita difficile: fu prigioniero per alcuni anni nella seconda guerra mondiale. Ettorino, come lo chiamavano gli amici, non amava ricordare queste vicende: le aveva rimosse. L’ho conosciuto giovane studente a Venezia e rimasi affascinato subito da questo uomo possente, dal volto che sembrava squadrato con l’accetta come le sue amate montagne friulane.

Per celebrare il centenario della sua nascita la Triennale di Milano ha promosso una ricca monografica (Ettore Sottsass. There is a Planet, aperta fino all’11 marzo), con un progetto di allestimento ideato da Michele De Lucchi e Christoph Radl - giovani compagni di strada - che prende le mosse da un libro non realizzato, There is Planet, che doveva pubblicare l’editore tedesco Wasmuth: ora, per la tenacia e la passione di Barbara Radice, compagna dell’artista per oltre trentadue anni, possiamo vedere la mostra e sfogliare il volume edito da Electa. Testi e accanto foto. Barbara Radice scrive felicemente che Ettore era un arcipelago di isole e lei le ha visitate una per una con intelligenza e perspicacia. L’opera raccoglie in cinque gruppi fotografie scattate da Ettore nel corso del suo girovagare per il mondo, centrate sull’abitare in senso assoluto e sulla presenza dell’uomo sulla terra. Sottsass era un nomade per vocazione, come tanti friulani disseminati per il mondo a fare perlopiù i muratori.


Le strutture tremano, opera prodotta da Alchimia (Milano) nel 1978.

Un debito Ettore l’aveva contratto con la prima moglie Fernanda Pivano che gli portò in casa il meglio della cultura e della letteratura americana: un sodalizio che si rinsalda con la Beat Generation dopo il primo soggiorno negli Stati Uniti. Fecero assieme un viaggio in India per tre mesi, esperienza che porta Sottsass a essere un uomo nuovo. Un delizioso libretto autobiografico, Esercizi di viaggio, racconta quell’avventura che lascia il segno anche nella sua arte. Nuove insolite forme, nuovi amori, nuovi colori, accostamenti eterogenei di materiali: marmi, cristalli, legno, acciaio, plastica in una combinazione che lasciò un po’ tutti stupefatti e diffidenti. Disegna in una maniera assolutamente “scandalosa” e s’inventa un modo di concepire la composizione di oggetti. Alla fondazione Giorgio Cini (Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore) lo scorso anno si è vista la mostra Ettore Sottsass: il vetro, a cura di Luca Massimo Barbero: una vera “summa” della sua produzione.

Barbara era una bambina o quasi quando Ettore conobbe il padre Mario, pittore di talento della compagine comasca dei primi astrattisti italiani. A Milano dal 1948 Ettore si occupa soprattutto di design, è nella compagine del Mac (Movimento di arte concreta) con Soldati, Dorfles, Munari e Monnet. Sono gli anni febbrili della ricostruzione e del bar Jamaica. Lo stesso Ettore evoca questi anni in un volumetto dei suoi scritti sparsi che vanno dal 1940 al 1957: l’antologia ha per titolo Per qualcuno può essere lo spazio, edito da Adelphi nel 2017, con una bella premessa di Matteo Codignola. L’autore evoca amici scomparsi come Luigi Spazzapàn «amante della forma, della eleganza e sottigliezza, della intelligenza fina e agile cultura». Se n’era avveduto Edoardo Persico nei primi anni Trenta.


Architetture nere (1991).

Barbaric Furniture (1985).


Barbarella, opera prodotta da Poltronova (Agliana, Pistoia) nel 1965.

«Se devi insegnare qualcosa sul design, devi insegnare prima di tutto qualcosa sulla vita»
(Ettore Sottsass)


La tradizione razionalista dominante andava stretta a Ettore e lo si capisce subito. Al rientro dagli Stati Uniti disegna oggetti in ceramica coloratissimi, lavora con il legno e col ferro. Nei numerosi libriccini scritti nel tempo Sottsass racconta storielle, divaga con una semplicità quasi infantile, ma anche con decise affermazioni come quando ricorda che «le architetture sono inventate dai popoli piuttosto che dalle persone»; Richard Neutra gli fa capire che «la questione del funzionalismo non doveva essere molto di più che uno slogan buono per la propaganda».
Sottsass è uno scrittore in senso proprio, se si mettono in fila i suoi libri, e fu un designer che rivoluzionò il gusto, non solo italiano, con il suo rigore e la sua stralunata e anarchica fantasia che ha pochi equivalenti nel secolo in cui visse. Rigore e fantasia non sono termini antitetici: disegna e foggia oggetti di ogni genere nella sua fortunatissima carriera. Diviene art director di Poltronova, azienda di Agliana (Pistoia) leader nel campo del design più avanzato. Nel 1956 l’incontro con Adriano Olivetti che lo ricorda «come uno dei ragazzi più belli che avesse mai visto»: incomincia una lunga avventura dove il giovane, pieno di talento, deve affrontare il rigore di una grande azienda meccanica alla ricerca della sua immagine. È un lungo lavoro di apprendistato. Nel 1959 nasce Elea 9003, il primo calcolatore elettronico, sfida vinta col gigante della Ibm. Sottsass disegna per Olivetti pezzi splendidi fino al boom, anche commerciale, della macchina da scrivere portatile Valentine (prodotta a partire dal 1969). Ancora per Olivetti disegna componenti standard per uffici, come sedie e tavoli, e continua a progettare macchine elettroniche.


Carlton, opera prodotta da Memphis (Milano) nel 1981.

È maturato come uomo e artista: vede in crisi il design ma bisogna farlo resuscitare come strumento di critica sociale ed è lui stesso a scriverlo: «Il design è un modo di discutere la vita. È un modo di discutere la società, la politica, l’erotismo, il cibo e persino il design. Infine, è un modo di costruire una possibile utopia figurativa, o di costruire una metafora della vita». S’intende da queste parole che è un “homo eroticus” e aggiunge a conferma di questa sua affermazione: «Certo, per me il design non è limitato dalla necessità di dare più o meno forma a uno stupido prodotto destinato a un’industria più o meno sofisticata; per cui, se devi insegnare qualcosa sul design, devi insegnare prima di tutto qualcosa sulla vita e devi insistere anche spiegando che la tecnologia è una delle metafore della vita». Felice immagine quest’ultima che apre le porte a quella che è l’esperienza del gruppo Memphis che condivise con De Lucchi e Barbara Radice.

Sottsass fu uomo irrequieto come pochi. Le architetture più originali nascono da una rigenerazione formale del suo linguaggio e le realizza negli Stati Uniti: la Wolf House (1986-1990) in Colorado si leva su una base bianca e un’articolata volumetria: De Stijl e il neoplasticismo sono ben evidenti nell’uso dei colori puri - bianco, rosso, giallo, blu - che ricordano Mondrian: più sobria la Olabuenaga House (1989-1997), a Maui nelle Hawai, che l’architetto solleva da terra su un telaio in legno e una terrazza sempre in legno che ricorda le baite alpine della sua infanzia. Un ritorno alle origini.


LE MOSTRE PER IL CENTENARIO DELLA NASCITA DI ETTORE SOTTSASS
MILANO - A cura di Barbara Radice, compagna di Ettore Sottsass per trent’anni, la mostra dedicata all’artista in corso alla Triennale di Milano fino all’11 marzo (viale Alemagna 6, orario 10.30-20.30, chiuso lunedì, www.triennale.org) offre una testimonianza dell’ininterrotta curiosità di un uomo che ha fatto delle sue molteplici passioni il fil rouge della sua lunga carriera. Ettore Sottsass. There is a Planet (titolo dell’evento) è suddiviso in nove sezioni: “Architettura”, “Disegno”, “Design”, “Fotografia”, “Pittura”, “Oggetti”, “Mobili”, “Sculture”, “Vetri”, “Ceramiche”, “Attività editoriale”, “Scritti” accompagnate da specifici temi ripresi da titoli di opere dello stesso Sottsass. Catalogo Electa.

PARMA - Dalla donazione che Sottsass fece nel 1979 di quasi quattordicimila tra schizzi, bozzetti e disegni allo Csac - Centro studi e archivio della comunicazione dell’Università di Parma prende spunto il progetto espositivo in corso fino all’8 aprile nello stesso istituto (abbazia di Valserena, strada Viazza di Paradigma 1, orario martedì, giovedì e venerdì 15-19, sabato e domenica 10-19, www.csacparma.it). A cura di Csac insieme a un gruppo di storici dell’architettura, design, arte contemporanea e archivisti, Ettore Sottsass. Oltre il design segue un percorso cronologico scandito da settecento pezzi che dimostrano quanto il disegno sia stato fondamentale nella riflessione creativa di un grande protagonista del secolo scorso. Catalogo Silvana Editoriale.

Disegno per Il pianeta come festival (1972), opera esposta allo Csac - Centro studi e archivio della comunicazione dell’Università di Parma (Ettore Sottsass. Oltre il design, fino all’8 aprile).

ART E DOSSIER N. 350
ART E DOSSIER N. 350
GENNAIO 2018
In questo numero: I DILEMMI DELL'ARCHITETTURA Modernismo e tradizione a Firenze; Sottsass: la fantasia della ragione; Analogie: forme da altre forme. IN MOSTRA Sottsass a Milano e Parma, Impressionisti a Londra; Canova e Hayez a Venezia, Bernini a Roma, Giorgione a Castelfranco Veneto.Direttore: Philippe Daverio