VILLA ADRIANA

Usciamo da Roma, ma per ora non facciamo molta strada: siamo a Tivoli, il che in antico significava mezza giornata di viaggio.

Un distanza giusta, quindi, per le esigenze dell’imperatore: lontano dal disordine e dai rumori dell’Urbe, ma non troppo. Progettata fin dall’inizio del principato di Adriano, fu ultimata nel 133, ma in varie fasi l’imperatore vi abitò anche prima della fine dei lavori. Il terreno prescelto, centoventi ettari di dolci ondulazioni nella campagna tiburtina (dove si era impiantata in precedenza una villa di età repubblicana), consentì al “princeps” e ai suoi collaboratori di dispiegare tutto l’estro possibile in oltre venti edifici disposti in maniera irregolare ma certo non casuale. Già nel Pantheon, nel Mausoleo, nell’Athenaeum abbiamo visto manifestarsi un particolare gusto per le forme circolari o curvilinee, e lo vedremo anche a Baia: qui vi era spazio per «forme, varianti e nuove creazioni provenienti da tutti i generi dell’architettura romana» (Friedrich Rakob). In corso d’opera, anche i soggiorni e i sopralluoghi nell’impero potevano essere utili, oltre che a fornire nuove direttive per lo sviluppo delle province, anche a recepire ispirazioni e inaspettate soluzioni per arricchire il progetto. Ne deriva un complesso monumentale senza confronti, quasi indefinibile («costruito sull’ombra di un sogno», scrive Marguerite Yourcenar nel suo celeberrimo Memorie di Adriano), in quanto la coesistenza di spazi privati e di ambienti di rappresentanza, la compresenza delle caratteristiche della villa dedicata all’“otium” e di quelle della residenza imperiale sono come scomposte e rielaborate per creare soluzioni (mai come in questo caso la definizione è appropriata) “fuori dagli schemi”. La viabilità, anche se il visitatore non la può cogliere immediatamente, è uno dei maggiori elementi di sorpresa: vi è una ramificata rete di gallerie sotterranee, attraverso cui uomini, carri e merci circolavano fra i vari edifici senza esporsi al caldo estivo e soprattutto senza creare rumore e impressione di disordine all’imperatore e ai suoi visitatori.


Villa Adriana, cupola “a spicchi“ nella piazza d’Oro (118-133 d.C. circa); Tivoli (Roma).


Villa Adriana, Sala delle colonne doriche (118-133 d.C.); Tivoli (Roma).

Difficile rendere un’idea della varietà dei tanti elementi di questa grandiosa composizione e delle loro funzioni: tentiamo di sceglierne alcuni, tenendo presente che i nomi talvolta sono coniati in età moderna, talvolta sono frutto del tentativo di individuare quali potevano essere gli edifici a cui attribuire certe definizioni date dalle fonti. 

Il complesso monumentale più grande è la piazza d’Oro, un grandioso spazio con vasca e giardini circondato da portici, in cui si entrava da sud-ovest attraverso un vestibolo ottagonale coperto da una cupola a spicchi (soluzione che piaceva molto ad Adriano ma non ad Apollodoro, che alle prime realizzazioni aveva affibbiato la definizione di “zucche”) e pavimentato da un finissimo mosaico con motivi a rombi. All’estremità opposta era un’ampia costruzione con numerosi ambienti e giochi d’acqua, fra cui spicca una sala che presenta un portico ottagonale inscritto in un quadrato: difficile riconoscere quell’ottagono come tale, perché i suoi lati sono alternativamente concavi e convessi, e il gusto per il curvilineo si esalta in questo andamento serpeggiante. Probabilmente qui Adriano riceveva la sua corte e i rappresentanti delle province o di stati stranieri. Era presente una folla di statue di notevole qualità: furono recuperate nei secoli nei modi più disparati e hanno finito per arricchire i musei di mezzo mondo. Ancor più singolare è il Canopo: un canale fiancheggiato da portici (in alcuni tratti le colonne sono sostituite da Cariatidi) conduceva a una grande “coenatio” (sala per banchetti) coperta da una cupola a vela, che in origine era rallegrata da una serie di giochi d’acqua, fra cui un velo di pioggia davanti ai convitati. È un luogo, dunque, anch’esso stupefacente, significativo per il richiamo al canale Canopo, che conduceva all’omonima città sul delta del Nilo, non lontano da Alessandria, dove fin dall’epoca dei faraoni si celebravano feste notturne. Un chiaro collegamento ideale, dunque, con l’Egitto, terra che al fascino dell’antica civiltà univa una enorme rilevanza economica come granaio dell’impero e come fonte di approvvigionamento di materiali di gran pregio, di cui parleremo più avanti. Adriano, che qui lo evoca, lo visitò più volte: qui però perse la vita, in seguito a una misteriosa caduta nel Nilo, Antinoo, il giovinetto conosciuto in Bitinia e divenuto suo assiduo accompagnatore (anche di questo si riparlerà). Sue statue erano presenti anche nella Villa, come un po’ dovunque nell’impero; il Canopo inoltre, come la piazza d’Oro, era ricchissimo anche di altre sculture di ogni tipo. 

Ulteriore esempio del modo in cui le idee architettoniche di Adriano si trasformano in edifici sorprendenti è il cosiddetto Teatro marittimo, che fu definito così un po’ affrettatamente per la presenza dell’acqua e che invece è in realtà un edificio residenziale, anche se molto peculiare.


Villa Adriana, Canopo (118-133 d.C.); Tivoli (Roma).


Antinoo (130-131 d.C.), da Villa Adriana; Madrid, Museo Nacional del Prado.

Un corpo cilindrico in cui si entra da un protiro (delle cui colonne restano però solo le basi) contiene un portico circolare che si affaccia su uno specchio d’acqua anulare, al cui centro è una sorta di isola sulla quale si erge una piccola, singolarissima “domus”: il cortile porticato centrale e gli ambienti coperti tutt’intorno costituiscono un altro tripudio delle predilette forme curvilinee. Piccolo nucleo abitativo nell’immensità della villa, era un luogo molto intimo, forse di studio e meditazione, non a caso adiacente alla biblioteca. Non lontano è anche il Pecile: si sa dalle fonti che vi era un edificio di tal nome, e probabilmente non è da escludere che fosse proprio questo amplissimo quadriportico con i lati brevi arrotondati e con al centro una grande vasca (nella Villa l’acqua è presente ovunque, in varie forme). Il nome era ispirato alla Stoa Poikiledi Atene, forse la più importante pinacoteca della Grecia antica: l’amata Grecia in cui Adriano fu presente fra gli anni 128 e 131, e nella quale realizzò, come vedremo, opere assai importanti, anche se ovviamente non confrontabili con gli edifici della Villa. 

Bisogna almeno citare alcuni altri interventi di Adriano nel Lazio, anche se di natura diversa rispetto a quelli visti fin qui. Da ricordare soprattutto Ostia: siamo alla foce del Tevere, snodo cruciale dei flussi commerciali diretti all’Urbe, dove già era intervenuto in maniera rilevantissima Traiano con la creazione del grande complesso portuale progettato, come tante altre opere, da Apollodoro di Damasco. Le iniziative architettoniche e urbanistiche di Adriano si concentrano sulla città vera e propria: viene rimodellata la piazza del Foro, dove al tempio di Roma e Augusto si aggiunge, sul lato breve opposto, un grande Capitolium, mentre sui lati lunghi si introducono nuovi portici; ma non ci si limita a questo. Subito a nord, con largo impiego dell’“opus mixtum”(laterizio più tufelli), al posto degli edifici preesistenti si realizza un’area di “horrea”, o magazzini, destinati a conservare le merci in attesa dell’imbarco nel vicino Tevere verso l’Urbe; ma soprattutto si incrementa l’edilizia residenziale, con “case a giardino” nel settore sud-occidentale, “insulae”o case di affitto a più piani in funzione di una popolazione dedita sempre più al commercio; ne derivava anche una sempre maggiore diffusione di portici e “tabernae”(botteghe) lungo le strade. La notevole portata di questi interventi nell’impianto urbano fa sì che la fase adrianea sia quella che lascia l’impronta più rilevante nella storia della città. 

Altri importanti interventi nell’area dell’attuale Lazio sono da ricordare a Lanuvio, con la dedica di una nuova statua di culto di Giunone Sospita, e a Centumcellae, dove viene attribuito ad Adriano l’impianto delle cosiddette Terme Taurine. 

Gli ultimi anni prima di morire, o meglio di lasciare la sua «animula vagula blandula» (come scrisse egli stesso in una bellissima e brevissima poesia riportata ovviamente anche dalla Yourcenar che intitola così un suo capitolo), l’imperatore li trascorse fra le meraviglie dei Campi Flegrei, vicino a Napoli. Qui, alla bellezza naturale dei luoghi si aggiungono ville aristocratiche e, prima e dopo Adriano, costruzioni come i cosiddetti tempio di Mercurio (età di Claudio) e tempio di Diana (età di Alessandro Severo). Ma anche Adriano stesso lasciò un segno, anzi due: il tempio di Apollo sul lago di Averno (in realtà è, come gli altri, un ambiente a pianta circolare pertinente in origine a un grande edificio termale), caratterizzato da una cupola che per dimensioni è seconda solo al Pantheon; e il tempio di Venere a Baia che, insieme con un grande edificio annesso, presenta l’estrema riproposta di schemi architettonici assai amati, come la cupola a spicchi e le pareti ad andamento variamente curvilineo.


il cosiddetto tempio di Apollo (117-138 d.C.); Pozzuoli (Napoli), lago d’Averno.


Villa Adriana, Cariatidi del Canopo (118-133 d.C.); Tivoli (Roma).


Villa Adriana, Teatro marittimo; Tivoli (Roma).


Villa Adriana, Pecile (118-133 d.C.); Tivoli (Roma).


Capitolium; Ostia (Roma).

L'ETÀ DI ADRIANO
L'ETÀ DI ADRIANO
Sergio Rinaldi Tufi