IL VALLUM

Dopo aver tentato di dare un’idea dell’attività di Adriano in Italia, ora si entra in un’altra dimensione,

quella, forse perfino più nota, del grande riorganizzatore delle province dell’impero, sia nell’urbanistica sia nelle infrastrutture, a partire da quelle militari. L’impresa più nota è la costruzione del Vallum Hadriani in Britannia, provincia con cui, secondo Marguerite Yourcenar, l’imperatore aveva un rapporto peculiare. 

«Tutto mi piacque in quella terra piovosa: le frange di bruma sui fianchi delle colline, i laghi votati a Ninfe ancor più estrose delle nostre»: così diceva, appunto nelle Memorie narrate dalla scrittrice francese, l’imperatore nato al caldo della penisola iberica, apprezzando, nel suo viaggiare, anche la provincia più fredda, la Britannia. L’Adriano delle Memorie, che a tutti noi piace immaginare non troppo diverso da quello vero, dice anche: «Feci erigere una muraglia che tagliava l’isola in due nel punto più stretto […]. Ho ispezionato di persona buona parte dei lavori, lungo un arco di ottanta miglia […]. Quel baluardo divenne l’emblema della mia rinuncia alla politica di conquista». 

Nel quadro dello Stato romano, il Vallum è l’evidenza più notevole di un fenomeno di grandissima rilevanza: la frontiera dell’impero. Il “limes” si estende per oltre diecimila chilometri: in molti casi si tratta di confini naturali (i mari, il Reno, il Danubio, i deserti…), in altri casi la frontiera era costruita artificialmente lungo una strada che favoriva gli spostamenti strategici, integrata da fossati, terrapieni, “castra”e “castella” (fortezze maggiori e minori), torri di guardia. Significativo è il tratto di raccordo, in Germania meridionale, fra la linea del Reno e quella del Danubio, con il “limes”che va a inglobare le alture del Taunus presso Francoforte. E bisogna ricordare che anche in questo tratto Adriano (che in Germania aveva operato già prima di diventare imperatore) aveva attuato un intervento importante, aggiungendo al sistema strada-fossati-terrapieni una solida palizzata di legno. Poco oltre, lungo il “limes”della Rezia che si raccorda verso est con il Danubio, invece della palizzata in legno si erige una struttura in muratura. 

Ma ben diverse sono le dimensioni del muro della Britannia, “the Wall”, il limite settentrionale del mondo romano: altezza originaria fra i quattro e i sei metri, larghezza fra i due e i tre, lunghezza di centodiciassette chilometri (ottanta miglia romane) dalla foce del fiume Solway (a ovest) a quella del fiume Tyne (a est). Non sempre, nelle altre province, si coglie il legame fra le visite dell’imperatore-viaggiatore e le opere realizzate: qui Adriano arrivò nel 122 e il muro fu costruito fra 122 e 130 d.C., con tecniche inizialmente diverse (a est in muratura, a ovest in terrapieno e palizzata di legno) e poi unificate (muratura).

La mano d’opera era costituita dai soldati delle truppe regolari (legioni) e ausiliarie (ali e coorti) che erano stanziate nella zona, e che hanno lasciato in molte iscrizioni il ricordo di questo grande sforzo. Per alcuni, sforzo doppio: personaggi reclutati nelle torride regioni orientali dell’impero e dislocati a queste latitudini, dove forse non tutti avranno dimostrato l’adattabilità dell’imperatore. 


Il Vallo di Adriano in Britannia (122-130 d.C.).


Mappa dei confini fortificati dell’impero romano in Britannia.

“The Wall” è quasi oggetto di culto per tanti “walkers” che oggi seguono i lunghi tratti ancora visibili come in uno strabiliante pellegrinaggio; è simbolo di una terra perennemente di frontiera (contesa - per esempio - secoli dopo, in situazioni assai diverse, fra Inghilterra e Scozia); è il monumento più grande che l’impero romano ci abbia lasciato. La rilevanza è straordinaria, ma, come schema di insieme, il sistema in cui il Muro era inserito (nella sua complessità) era simile a quello visto, per esempio, in Germania, ma ampiamente diffuso anche altrove: all’interno era accompagnato da una strada (per la mobilità delle truppe) e da un fossato fra due terrapieni, all’esterno da un altro fossato. Di questi elementi “complementari” pure restano tracce: talvolta i fossati hanno lasciato nel terreno tracce a “V” che si prolungano per miglia. 

C’è poi da segnalare una singolarità terminologico-linguistica: mentre la definizione inglese dell’immensa opera, “Hadrian’s Wall”, fa riferimento, appunto, proprio al muro, quella latina e quella italiana, Vallum Hadriani e Vallo di Adriano si riferiscono al fossato (appunto “vallum”) con terrapieni. Spesso sono assai consistenti i resti dei forti (“castra”), dei fortini (“castella”) e delle torri disseminati lungo il percorso, più volte rimaneggiati fino a epoca tarda: qui li definiamo con il nome moderno e non con quello antico perché (se si eccettua forse Vindolanda) così fanno in genere studiosi e appassionati in Gran Bretagna. 

A South Shields presso Newcastle (termine orientale del sistema), a Corbridge, Chesters, Housesteads, Birdoswald (in posizione più centrale) sono i “castra”meglio conservati (oggi dotati di altrettanti musei), costruiti secondo schemi sperimentati in tutto il mondo romano: cinta muraria a pianta rettangolare con angoli arrotondati, provvista di torri e di porte monumentali; all’interno, quartier generale, residenza del comandante, baracche per la truppa, ospedali, magazzini, terme, latrine. Housesteads e Birdoswald sono forse i tratti in cui meglio si coglie il rapporto fra i “castra”e il Muro, che dalla postazione dei forti si vede (prospettiva stupefacente) serpeggiare lungo la sommità delle alture fino all’orizzonte. Talvolta le antiche fortezze (qui come altrove) sono divenute città (a est la stessa Newcastle, a ovest Carlisle) o almeno abitati di una certa importanza. 

Altro “castrum” di grande importanza (anche per lo sforzo didattico-ricostruttivo che tradizionalmente in Gran Bretagna è sempre stato notevole, ma che qui è stato profuso in misura più ampia) è quello di Chesterholm- Vindolanda, che fa capo anch’esso al sistema del “vallum”, ma che in realtà si trova su una linea strategica preesistente, creata poco più a sud da Traiano, detta “Stanegate“. Il forte restò in uso, con vari rifacimenti, fino al IV secolo.


Housesteads, veduta aerea del “castrum”.


Rovine del forte di Birdoswald.

È noto forse, più che per le strutture superstiti (certo non trascurabili, al di là dell’entità dei restauri), per il ritrovamento di centinaia di tavolette di legno scritte a inchiostro (venticinque nuove ne sono state scoperte nel 2017: è da precisare che non si tratta di un archivio, ma di un “butto” dopo l’uso), che documentano vivacemente la vita della fortezza. Ricordiamo alcuni dei temi: scambi di informazioni e disposizioni fra ufficiali di vario livello; assegnazioni di soldati a varie incombenze; ordinazioni di cibo, in cui compariva con abbondanza la carne; lettere a famiglie lontane; invito a una festa di compleanno, indirizzata dalla moglie di un ufficiale a quella del comandante. 

Si diceva di una linea difensiva precedente. Sì, perché in effetti la presenza romana in Britannia non comincia certo con Adriano: dopo una breve spedizione di Cesare, era stato Claudio (43 d.C.) ad avviare la conquista, ed era stato Agricola, suocero dello storico Tacito e valente generale di Domiziano, ad acquisire anche la Caledonia (Scozia) con campagne - condotte fra 78 e 84 - che lo stesso grande scrittore ci narra in modi quasi “schizofrenici”. Nella biografia intitolata appunto Agricola esalta il condottiero, in contrapposizione con Domiziano-despota che prima ne sfrutta le qualità strategiche e poi lo richiama, ma sottolinea anche le contraddizioni dell’impero. È Calcago, leader delle tribù britanniche, in un mirabile discorso che Tacito gli attribuisce, a pronunciare la famosa frase: «Hanno fatto un deserto e l’hanno chiamato pace». 

La storia del Vallo è una conferma della saggezza delle teorie di Adriano sulle frontiere: più che sforzarsi di tracciarle più avanzate che si può, bisogna preoccuparsi che siano difendibili. Che la rinuncia alle terre dell’estremo Nord fosse una scelta giusta lo si constatò presto: il successore Antonino Pio (138-161 d.C.), discostandosi per una volta dalle scelte di Adriano, creò una nuova linea più avanzata (“Antonine’s Wall”), ma questa venne presto abbandonata. 

Quando si parla di grandi opere difensive, l’immaginario collettivo evoca la grande muraglia cinese. Ma è una storia del tutto diversa, dalla struttura in terra, lunga ben cinquemila chilometri, del primo imperatore Qin (III secolo a.C.) alla linea ancora più lunga fatta costruire in blocchi e mattoni dalla dinastia Ming (fra XIV e XVI secolo d.C.), fino ai restauri ancor più recenti. Spettacolari, e molto alti (fino a nove metri), i tratti più vicini a Pechino. 

Il “limes”romano, inoltre, ha funzioni molto peculiari e suggestive. Più che una statica frontiera, è uno strumento di attento controllo di movimenti e scambi che non cessano mai, se non nei momenti di crisi, fra chi sta “al di qua” e chi sta “al di là”. Attraverso le porte dei “castra”si sviluppa, dunque, una costante osmosi fra l’impero e le “gentes externae”.


Vindolanda, veduta aerea del “castrum”.


Tavoletta scritta da Claudia Severa alla sorella Sulpicia Lepidina, moglie del prefetto Flavius Cerialis comandante del forte di Vindolanda, per invitarla al suo compleanno (100 d.C. circa); Londra, British Museum.

L'ETA' DI ADRIANO
L'ETA' DI ADRIANO
Sergio Rinaldi Tufi