DI COSA PARLIAMO QUANDO
PARLIAMO DI FIANDRE

Itermini temporali di questo dossier stanno tra i primi anni e l’ultimo decennio del XV secolo: dalle innovazioni dei Limbourg nell’ambito della miniatura fino a Hans Memling; si chiude quindi appena prima delle innovazioni di Bosch che chiudono idealmente il secolo e aprono il successivo.

Gli inizi del Quattrocento sono un periodo di crisi per l’Impero dopo i fasti boemi di Carlo IV di Lussemburgo. La Francia è in difficoltà, stretta tra inglesi (la Guerra dei cent’anni finirà nel 1453) e, come vedremo, borgognoni. Il papato cerca una ricostruzione della propria organizzazione e autorità dopo il periodo avignonese ed è in preda alle lacerazioni dello scisma d’Occidente. Crescono Inghilterra e Spagna. E lo Stato jagellone: un regno enorme che unisce Polonia e Lituania. Cresce il potere delle città, soprattutto in Italia, in area germanica e nelle Fiandre. Nascono leghe commerciali fra città di Stati diversi, come la Lega anseatica fra centri affacciati sul Baltico e sul mare del Nord; in concomitanza si rafforzano dinastie familiari di mercanti-finanzieri.

Scoppiano frequenti moti indipendentisti e agitazioni popolari (in particolare nelle Fiandre), a volte venate di istanze riformistico-religiose. Si affaccia alle soglie del potere una classe borghese istruita; si fondano nuove università. Nel complesso guerre, dazi, tasse e pestilenze compongono un quadro di decadenza economica generale, ma si intravedono i primi sintomi di quelli che saranno gli sviluppi futuri.

Le Fiandre (o Fiandra, anticamente) sono un territorio affacciato sul mare del Nord e delimitato a sud dai fiumi Schelda e Lys, ma in realtà privo di ben definiti confini geografici: costituiscono una parte dei Paesi Bassi storicamente intesi. Il neerlandese che vi si parla si estende oltre i limiti delle Fiandre vere e proprie, in una parte della Francia e in Olanda. Oggi le Fiandre fanno parte del sistema federale del Belgio.

L’area in cui si sviluppa la pittura fiamminga storicamente intesa è nei fatti un aggregato di territori costruito a partire dal 1369 attorno a un primo nucleo, la Borgogna. In quell’anno il duca di Borgogna Filippo l’Ardito (1342-1404) aggregò per via matrimoniale al suo territorio, tra l’altro, anche le contee di Fiandra. Gli successe Giovanni senza Paura (1371-1419) che ingaggiò, associandosi agli inglesi, una lunga lotta con il re di Francia (cui formalmente il ducato di Borgogna apparteneva). Morì assassinato per mano francese proprio mentre stava cercando un riavvicinamento con gli Orléans. Suo figlio Filippo il Buono (1396- 1467) riallacciò i rapporti con la Corona inglese - che nel frattempo aveva occupato anche il trono di Francia - e accrebbe la propria autonomia dal potere centrale. Furono truppe borgognone a consegnare nel 1430 agli inglesi Giovanna d’Arco, la popolarissima guida della resistenza francese che l’anno successivo sarebbe stata giustiziata con il rogo. Filippo acquisì Brabante e Lussemburgo, poi i Paesi Bassi del Nord. La capitale del ducato rimase formalmente Digione, in Borgogna, ma la vera sede del potere era ormai Bruxelles, ricca e attiva città mercantile. Crebbero di importanza tutte le città del Nord fiammingo: Bruges, Lille, Gand. Filippo sposò Isabella di Portogallo e dopo la presa di Costantinopoli da parte dei turchi (1453) sognava di porsi a capo di una nuova crociata.

Finanziò le arti in ogni modo, dando vita a una stagione di grande splendore in ambito musicale e nelle arti visive (al suo servizio lavorarono Jan van Eyck e Rogier van der Weyden), fece eseguire magnifici arazzi, mise insieme una nutrita biblioteca, visse nel lusso ma mantenne un profilo pubblico prudente (come suggerivano di fare le rivolte hussite contro l’eccesso di sfarzo nella Chiesa e nelle corti); durante il suo “regno” (in realtà non ebbe mai il titolo di re dall’imperatore) la corte e la cultura borgognone sopravanzarono quelle francesi. Nel 1435 Filippo ruppe l’alleanza con gli inglesi e si riconciliò con la Corona di Francia. Nel 1465 cedette il ducato al figlio Carlo il Temerario (1433-1477); morì due anni più tardi. Carlo ebbe pessimi rapporti col re di Francia, in quel tempo Luigi XI, aveva un temperamento violento, era testardo ma, a detta di molti cronisti del tempo, colto, generoso e corretto; per anni cercò di impadronirsi dell’Alsazia e della Lorena, mentre i suoi rapporti con l’imperatore, Federico III d’Asburgo, furono altalenanti. Il 5 gennaio 1477 morì in battaglia presso Nancy; il suo corpo venne ritrovato semidivorato dai lupi due giorni dopo la morte.

In un secolo si erano succeduti quattro duchi (significativamente solo uno di loro aveva avuto un soprannome “in positivo”, senza richiami a virtù bellicose e sprezzo del pericolo), e ora Carlo era privo di discendenti maschi.


Rogier van der Weyden, frontespizio delle Chroniques de Hainaut (1447), di Jean Wauquelin (traduzione in francese dell’originale in latino di Giacomo di Guisa, 1390-1396); Bruxelles, Bibliothèque Royale de Belgique.
Nella scena figurano alcuni protagonisti della corte borgognona: Filippo il Buono in nero, al centro, il cancelliere Rolin in blu alle sue spalle con accanto il vescovo di Tournai, e l’autore del libro, Wauquelin, inginocchiato.

La figlia Maria di Borgogna (1457-1482) a vent’anni era una delle donne più ricche d’Europa (era soprannominata Maria la Ricca), posta di fronte al dilemma se subordinarsi alle insistite rivendicazioni francesi (e alle pressioni di parte della borghesia fiamminga), o sposare il figlio dell’imperatore Federico III; scelse questa seconda strada: sposò Massimiliano d’Asburgo nell’agosto del 1477, a Gand; con grande sollievo per l’imperatore germanico, che si ritrovò così risolta l’ormai endemica povertà delle casse imperiali. Il matrimonio fu felice, nonostante un inizio difficile, e consentì al ducato di conservare, se non la sua integrità - la Borgogna sarebbe passata alla Francia in base alle leggi di successione vigenti -, la sua vitalità culturale. A quel punto lo Stato era di fatto costituito principalmente da Fiandre e Olanda. Maria morì nel 1482 per una caduta da cavallo. Massimiliano nel 1493 divenne imperatore e dopo qualche anno passò il ducato al figlio Filippo il Bello e alla nuora, Giovanna di Castiglia, detta la Pazza (la quale più che folle era probabilmente solo considerata troppo anticonformista e troppo tiepida nei confronti del cattolicesimo).


Come abbiamo visto il ducato di Borgogna era un territorio non particolarmente vasto e decisamente frammentato, la sua forza era la forte urbanizzazione e il fatto di essere densamente popolato. Alla metà del XV secolo contava circa settantamila abitanti. Iniziò qui un periodo nuovo e diverso per un’area culturale che nel corso del XV secolo aveva definito con precisione i suoi caratteri distintivi, vivendo dell’apporto di culture di diversa provenienza ma ben disposte a convergere e a dar vita così a un “Rinascimento nordico” che avrebbe stupito l’Europa e continuato ad alimentare generazioni di artisti soprattutto nelle Fiandre e nei Paesi Bassi del Nord.

PITTURA FIAMMINGA DEL QUATTROCENTO
PITTURA FIAMMINGA DEL QUATTROCENTO
Claudio Pescio
Agli inizi del XV secolo, due diversi 'rinascimenti' prendono forma in Europa: il Rinascimento di riscoperta della classicità, e della scienza prospettica italiano, e il rinnovamento naturalistico fiammingo, fondato sul realismo e sulla luce. Il dossier affronta il periodo di formazione e affermazione di quest'ultimo in area borgognona-franco-fiamminga, dalle prime prove nell'ambito della miniatura fino all'ultimo decennio, attraverso artisti come i Limbourg, Robert Campin, Van Eyck, Van der Weyden, Petrus Christus, Van der Goes, Memling. Si assiste così alla nascita di una pittura ammirata al tempo nell'intero continente, soprattutto in Italia, votata alla riproduzione meticolosa del dato visivo, alla prima definizione dei generi pittorici, al miracolo della luce naturale che dà forma allo spazio.