MONDO PROFANO

L’immagine di Andrea non deve però essere collegata solo all’esecuzione di devote e complesse opere sacre: di lui sono note, oltre che l’incondizionata passione per la moglie Lucrezia, le inclinazioni per il buon vivere, la convivialità, l’amore per il cibo.

Sembra testimoniarlo tra l’altro l’Autoritratto, che lo presenta come uomo in carne, oltre che le parole del Vasari che lo descrivono solito recarsi «in Mercato Vecchio ogni mattina» per approvvigionare la famiglia. E non solo: dopo il ritorno dei Medici in città nel 1512, in un clima liberatorio e nell’ambito della politica di restaurazione messa in atto dalla famiglia, vennero fondate due brigate di colti e spiritosi gaudenti, e Andrea fece parte di entrambe. La compagnia del Paiuolo aveva sede nella bottega del suo caro amico Giovan Francesco Rustici alla Sapienza, ed era composta da dodici membri. A ogni convito ciascuno dei membri doveva offrire pietanze in cui dimostrare una sfrenata inventiva: in una di queste occasioni Andrea «presentò un tempio a otto faccie, simile a quello di San Giovanni, ma posto sopra colonne; il pavimento era un grandissimo piatto di gelatina con spartimenti di varii colori di musaico; le colonne, che parevano di porfido, erano grandi e grossi salsicciotti, le base et i capitegli erano di cacio parmigiano, i cornicioni di paste di zuccheri e la tribuna era di quarti di marzapane, nel mezzo era posto un leggio da coro fatto di vitella fredda con un libro di lasagne che aveva le lettere e le note da cantare di granella di pepe e quelli che cantavano al leggio erano tordi cotti col becco aperto e ritti con certe camiciuole a uso di cotte, fatte di rete di porco sottile, e dietro a questi per contrabasso erano due pippioni grossi, con sei ortolani che facevano il sovrano».


Giuseppe interpreta i sogni del faraone (1515-1516), particolare; Firenze, palazzo Pitti, Galleria palatina.


Tre scene allegoriche (1513); Firenze, Gallerie degli Uffizi.

Il pittore fece parte anche della compagnia della Cazzuola, che si riuniva all’aia di Santa Maria Nuova. Alle feste e rappresentazioni teatrali che vi venivano organizzate presenziavano religiosi, musici e personaggi quali Giuliano de’ Medici, futuro duca di Nemours, o il collezionista e mecenate Giovanni Gaddi. Questi, «con l’aiuto di Iacopo Sansovino, d’Andrea del Sarto e di Giovanfrancesco Rustici, rappresentò un Tantalo nell’inferno che diede mangiare a tutti gl’uomini della Compagnia, vestiti in abiti di diversi dii, con tutto il rimanente della favola e con molte capricciose invenzioni di giardini, paradisi, fuochi lavorati et altre cose». 

Il carnevale del 1513, il primo seguito al ritorno dei Medici a Firenze, fu lungamente festeggiato per dare un forte segno di discontinuità con la Repubblica quando analoghi divertimenti erano osteggiati, e anche per richiamare alla memoria le mascherate e i “trionfi” dell’epoca di Lorenzo il Magnifico. Sfilarono i carri allegorici allestiti dalle compagnie del Diamante e del Broncone, capitanate da Giuliano, figlio di Lorenzo il Magnifico, e Lorenzo (poi duca d’Urbino) di Piero il Fatuo, rispettivamente fratello e nipote del cardinale Giovanni, di lì a poche settimane papa col nome di Leone X. Andrea fu impegnato per tutt’e due i gruppi: il Broncone presentò sette carri, o “trionfi” decorati da monocromi, di cui cinque dedicati all’antica Roma, di cui facevano probabilmente parte tre tele oggi agli Uffizi che mostrano armi da trofeo, figure femminili nude, musici impegnati a suonare, bambini che giocano. Con una pittura rapida vengono citate pose di dèi fluviali, movenze da figure stese su triclini, riproponendo l’espressività delle sculture ellenistiche, ad attestare il forte impatto su Andrea del soggiorno romano, che si riverbera pure nella coeva figura, anch’essa a monocromo, della Carità per il chiostro dello Scalzo. E proprio alla Carità era dedicata la facciata effimera di Santa Maria del Fiore - il duomo fiorentino - in occasione dell’ingresso trionfale predisposto a Firenze per Leone X, accolto come latore di una nuova Età dell’oro, che vide ricchi e giganteschi apparati viari temporanei accogliere il papa e il suo sfarzoso corteo il 30 novembre 1515. Si trattò di un evento di portata storica, poiché il Medici si presentava alla propria città come nuovo capo della Chiesa. Della facciata di Santa Maria del Fiore, che rispondeva alla necessità di occultare l’incompiuta facciata arnolfiana, il Sansovino fu probabilmente l’ideatore e coordinatore, e Andrea l’autore dei finti rilievi a monocromo con Storie del Vecchio testamento. Considerando le dimensioni della cattedrale, dovette trattarsi di un lavoro frenetico, portato a compimento in meno di un mese, dato che solo il 22 ottobre era stata resa nota la data dell’arrivo del pontefice.


Carità (1513), particolare; Firenze, chiostro dello Scalzo.

Nello stesso anno dell’ingresso a Firenze del primo papa Medici, il ricco banchiere Salvi Borgherini commissionò a Baccio d’Agnolo, legnaiolo e architetto autore anche del progetto del palazzo di famiglia in borgo Santi Apostoli, l’arredamento della camera (“fornimento” veniva definito) destinato a suo figlio Pierfrancesco Borgherini in occasione del matrimonio con Margherita Acciaioli. Le nozze furono benedette da Leone X. Insieme ad Andrea parteciparono all’impresa il Pontormo, Francesco Granacci, il Bachiacca, oltre a Benedetto da Rovezzano per i rilievi lignei. I pannelli dipinti narrano le storie veterotestamentarie di Giuseppe (Genesi 37-50), apprezzate per le camere da letto dei magnati fiorentini perché prefigurazione della vita di Gesù, ma anche in quanto Giuseppe - grazie ad amore filiale, capacità di resistere alle lusinghe femminili, generosità verso i familiari, capacità personale - era riuscito a superare le difficoltà, a emergere socialmente e ad arricchire sé e la propria stirpe. Temi, tutti, assai sentiti dai mercanti fiorentini e dalle loro famiglie, oltre che monito per le mogli. Andrea dipinse due riquadri, l’Infanzia di Giuseppe, nel 1515, e Giuseppe interpreta i sogni del faraone nel 1515-1516, oltre alla Madonna fulcro della decorazione, forse perduta, talora identificata con una tavola della Galleria palatina (inv. 1912, n. 476). 

Nelle scene sono riunite più narrazioni: nella prima il piccolo Giuseppe interpreta i sogni del padre Giacobbe, raggiunge i fratelli in viaggio, viene da loro calato in un pozzo, venduto agli ismaeliti e i suoi vestiti sporcati di sangue di capretto sono presentati al padre per convincerlo della morte di lui. L’interpretazione dei sogni assume un ruolo centrale anche nella seconda tavola, e si trattava di un soggetto adatto alle camere adibite al riposo dove al sonno e al sognare ci si accingeva. La parte sinistra - con la figura allegorica del Nilo, il letto a baldacchino, le vacche grasse e magre, le spighe di grano vuote e piene - allude al mondo e ai sogni del faraone, la cui corte è trasferita, a destra, nel grandioso palazzo che unisce particolari architettonici toscani a interesse per fonti figurative di derivazione nordica e di tono fiabesco. Giuseppe viene liberato dalla prigione facendolo scendere dalla scala, decifra i sogni e viene dal sovrano ricompensato con una collana d’oro. 

Il ciclo fu famosissimo da subito, tanto che durante l’assedio del 1529-1530, mentre Pierfrancesco era in esilio, Giovanni Battista della Palla cercò di impossessarsi di alcuni pannelli per donarli al re di Francia. Inutilmente: Margherita Acciaioli si oppose infatti con veemente dignità, rispondendo «vilissimo rigattiere, mercantuzzo da quattro denari, questo letto che tu vai cercando [...] è il letto delle mie nozze per onor delle quali Salvi mio suocero fece tutto questo magnifico apparato».


Giuseppe interpreta i sogni del faraone (1515-1516); Firenze, palazzo Pitti, Galleria palatina. L'intero


Infanzia di Giuseppe (1515); Firenze, palazzo Pitti, Galleria palatina.

Giuseppe interpreta i sogni del faraone (1515-1516); Firenze, palazzo Pitti, Galleria palatina. Un particolare

Legato a Leone X è anche il grandioso affresco del Tributo a Cesare nel salone della villa medicea di Poggio a Caiano (Prato). 

La decorazione dell’ambiente, commissionata nel 1519 dal pontefice per il tramite del nipote cardinale Giulio e i cui lavori furono coordinati da Ottaviano de’ Medici, era dedicata a Lorenzo il Magnifico e alla celebrazione dei fasti medicei, secondo l’invenzione del letterato Paolo Giovio. La scena rappresenta l’omaggio all’imperatore da parte di svariati animali e allude agli stupefacenti doni presentati nel novembre 1487 dall’ambasciatore del sultano d’Egitto a Lorenzo. La grandiosità dell’impianto guarda a Raffaello per la composizione diagonale, la prospettiva complessa, le imponenti architetture, la varietà degli atteggiamenti, dei variopinti abbigliamenti e degli animali esotici: «capre indiane, leoni, giraffe», come quella stessa che Andrea aveva immortalato nel Viaggio dei magi del 1511, «leonze, lupi cervieri, scimie» e infine un camaleonte, visto a Firenze nel 1514, quando era stato donato a Leone X dal re del Portogallo. 

Il primo a essere chiamato ad affrescare il salone fu il solo Franciabigio, ma il lavoro venne poi diviso con Andrea e il Pontormo, che avevano lavorato anche nel chiostro dell’Annunziata. La grandiosa decorazione fu interrotta per la morte di Leone X avvenuta il 1° dicembre 1521 e la parte destra dell’affresco venne ampliata da Alessandro Allori nel 1582.


Andrea del Sarto e Alessandro Allori, Tributo a Cesare (1521), particolare; Poggio a Caiano (Prato), Villa medicea, salone. Il ciclo di affreschi di Poggio a Caiano, che celebra la famiglia, Medici, interrotto per la morte di Leone X, fu ultimato da Alessandro Allori per volere del granduca Francesco I.

ANDREA DEL SARTO
ANDREA DEL SARTO
Ludovica Sebregondi
Un dossier dedicato ad Andrea del Sarto (Firenze, 1486 - 1530). In sommario: Pittore senza errori in un'età tumultuosa; Primi committenti: confraternite e ordini religiosi; Mondo profano; Committenze reali e non solo; L'assedio di Firenze e l'epilogo. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.