Del resto, pur proseguendo con tenacia nell’attività grafica, da cui al momento gli viene pure anche ogni possibilità di guadagno, Homer
dà inizio ben presto alla produzione di dipinti estesi a scala naturale. Lo spunto gli è dato dalla guerra di Secessione, che imperversa negli Stati Uniti tra il 1861 e il 1865. Il nostro autore, appena trentenne, vi si ispira per darci subito alcuni capolavori, come Prigionieri dal fronte (1866, New York, Metropolitan Museum of Art), con figure alte, imponenti, che riescono a emergere da uno sfondo terrestre, però animato pure da comparse minori, in cui si rivela tutta l’abilità del grafico che sa stipare in un unico riquadro numerosi dettagli. Ma intanto i volti, e soprattutto le divise, le stoffe dei personaggi in primo piano assumono un pieno rilievo plastico, come se fossero proiettati in cinemascope. A livello di potenza stilistica, ci sta in pieno un riferimento a Degas e a Manet, ma non per il tema, dato che in quel decennio la Francia non era coinvolta in fatti militari, e dunque Parigi si poteva dedicare ai piaceri dell’ozio, del divertimento.
Invece si fa incalzante la possibilità di collegare quelle forti tele dell’artista statunitense ai risultati assolutamente corrispondenti proprio dei nostri macchiaioli, ispirati dalla seconda guerra risorgimentale. Si pensi soprattutto a Silvestro Lega, al suo Ritorno di bersaglieri da una ricognizione (1861, Firenze, palazzo Pitti, Galleria d’arte moderna), magari episodio più gremito, ma con silhouettes che si stagliano ugualmente sicure sul cielo, e del resto il pittore romagnolo è subito pronto a insistere sul motivo con Un’imboscata di bersaglieri (1861, collocazione ignota).
Il confronto potrebbe continuare su altri dipinti, in una sinergia perfetta, che qui come anche in seguito si può giustificare solo con ricorso a uno “Zeitgeist”, a uno spirito dei tempi capace di soffiare da una parte e dall’altra dell’oceano, pur senza tramiti evidenti. Ma i tempi sono maturi nello spingere in una medesima direzione, e si aggiunga l’urgenza di temi del tutto simili. Magnifico anche il dipinto Casa dolce casa (Washington, National Gallery of Art), dove la visione è raccorciata, con zoomata su due soli soldati, ma quale forza nelle loro brache azzurrine, che rendono tutta la tattilità di una tela rude, come di blue jeans avanti lettera, consuonando con la tela delle tende da campo, stesa a captare i raggi del sole. Qui, oltre che a Lega, il riferimento può andare anche a Giovanni Fattori. E dunque, promuovendo la causa dello statunitense verso una piena appartenenza all’impressionismo, interveniamo anche “pro domo nostra”, rivendichiamo i titoli di merito dei nostri artisti, sempre a rischio di essere marginalizzati.
Renato Barilli
Un dossier dedicato a Winslow Homer (Boston, 1836 - Prout's Neck, 1910) e gli impressionisti americani. In sommario: Impressionismo, un bene comune di tutto l'Occidente; Esordio nell'illustrazione e rapporto con l'arte giapponese; Grande pittore di guerra come i macchiaioli; Le scene tranquille del tempo libero; Un'epica dei campi; Finalmente la scoperta del mare; Altri impressionisti nordamericani autoctoni: Eakins, Merritt Chase. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.