ESORDIO NELL'ILLUSTRAZIONE
E RAPPORTO CON L'ARTE GIAPPONESE

Se questa estensione è lecita, ecco subito scavata la nicchia
in cui collocare il nostro Homer, con una nascita, nel 1836, che lo pone

In stretta sequenza rispetto al grande duo francese Degas-Manet, di cui condivide l’impegno massiccio sul tema antropologico, e per qualche tempo può anche costeggiare i primi dipinti monettiani, ma poi pone un netto rifiuto verso la dissolvenza da cui quelli sono affetti, anzi, al contrario egli raggruma, condensa i corpi, li rende massicci, incombenti.

La guerra - Donne realizzano copri berretti per i volontari, da “Harper’s Weekly”, 29 giugno 1861; New York, Met - Metropolitan Museum of Art.


La guerra per l'Unione, 1862 - Carica di baionette, da “Harper’s Weekly”, 12 luglio 1862; New York, Met - Metropolitan Museum of Art.


Napoleon Sarony, Winslow Homer (1880).

Del resto, i suoi inizi sono del tutto indipendenti da qualsivoglia influsso francese, e anche la madrepatria non gli può offrire molto, non lo vediamo neppure compiere studi regolari presso qualche istituto d’arte. Però egli dà inizio, quasi subito, poco più che ventenne, a un’attività che gli risulterà assai utile, quella di illustratore per settimanali d’attualità, quale per esempio “Harper’s Weekly” con cui collaborerà a lungo, avendolo sempre come pista alternativa rispetto alla pittura, anche quando questa diventerà sempre più dominante.

Il nostro prossimo presidente, da “Harper’s Weekly”, 31 ottobre 1868; New York, Met - Metropolitan Museum of Art.


I bagnanti, da “Harper’s Weekly”, 2 agosto 1873; New York, Met - Metropolitan Museum of Art.


Utagawa Hiroshige, Il santurario di Gion con la neve, dalla serie Luoghi celebri di Kyoto (1834 circa); Boston, Museum of Fine Arts.

In quei lavori grafici Homer si allena a concepire scene gremite, ma nello stesso tempo bloccate con contorni netti, e anche ben distribuite, tali cioè da graduarsi nello spazio, da animarlo in ogni suo tratto. Magari, questa sua predilezione per la grafica illustrativa pone subito la questione di possibili rapporti con i grandi incisori giapponesi, che forse aveva già avuto modo di vedere in patria, avendone poi una piena conoscenza quando nel 1866-1867 si recherà davvero a Parigi, Con ciò, se si vuole, siamo già nell’area tipica dell’impressionismo, per il quale è stata tante volte predicata la vicinanza proprio ai vari Hokusai e Utamaro e Hiroshighe, giustificata dal famoso ritratto che Manet dedica a Emile Zola, dove le pareti sono fasciate appunto da stampe giapponesi. Ma nello stesso tempo è anche opportuno far scattare un tratto distintivo, ricordando che la cultura giapponese è stata lontana, nei secoli, dal concepire un realismo illusionistico, di fedele rappresentazione del mondo esterno. Da questo ambito poteva venire solo una lezione rivolta ad astrarre, a stilizzare, quale infatti sarà adottata in pieno nella stagione del simbolismo, da Gauguin e dai suoi allievi Nabis, uno dei quali, Pierre Bonnard, verrà detto infatti “japonard” per antonomasia.

Utagawa Hiroshige, Veduta del Monte Fuji dalla spiaggia di Seven-Ri, Provincia di Sagami, dalla serie Trentasei vedute del Monte Fuji (1858); New York, Met - Metropolitan Museum of Art.


Sulla spiaggia - Due sono una coppia, tre non sono niente, da “Harper’s Weekly”, 17 agosto 1872; New York, Met - Metropolitan Museum of Art.


Il riposo di mezzogiorno, da “Harper’s Weekly”, 16 agosto 1873; New York, Met - Metropolitan Museum of Art.

Ma nella temperie degli anni Sessanta e Settanta dell’Ottocento quel rapporto non va oltre certe apparenze. Infatti se andiamo a esaminare da vicino le illustrazioni di Homer, queste risultano folte di dettagli, seppure insaccati entro contorni ben tracciati. Siamo cioè a un ultimo, grande capitolo del nostro realismo, un dono o un male che, così accuratamente definito, è appartenuto solo al nostro Occidente.

Snap the Whip (letteralmente Schiocca la frusta), da “Harper’s Weekly”, 20 settembre 1873; New York, Cooper Hewitt Smithsonian Design Museum.


Il ritratto di Emile Zola, eseguito da Manet, è il più famoso documento dell’influsso delle stampe giapponesi sull’arte parigina del secondo Ottocento. È evidente il compiacimento del grande romanziere francese nell’ostentare sulle sue pareti quelle litografie, come concessioni alla moda. Però, le sembianze del celebre autore sono fissate da Manet secondo i canoni di un robusto realismo di marca occidentale.


Kitagawa Utamaro, Luna d’autunno a Ishiyama, dalla serie Otto vedute prospettiche di Oˉ mi (1792-1795); Chiba (Giappone), Museum of Art.

HOMER E GLI IMPRESSIONISTI AMERICANI
HOMER E GLI IMPRESSIONISTI AMERICANI
Renato Barilli
Un dossier dedicato a Winslow Homer (Boston, 1836 - Prout's Neck, 1910) e gli impressionisti americani. In sommario: Impressionismo, un bene comune di tutto l'Occidente; Esordio nell'illustrazione e rapporto con l'arte giapponese; Grande pittore di guerra come i macchiaioli; Le scene tranquille del tempo libero; Un'epica dei campi; Finalmente la scoperta del mare; Altri impressionisti nordamericani autoctoni: Eakins, Merritt Chase. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.