Il primo, A che punto è la pittura, delinea le motivazioni della polemica purista volta a superare alcuni aspetti dell’esperienza cubista per inserirla in alvei socialmente trasmissibili. Ai mondi frammentari di Picasso e Braque, si preferiscono precisione e ordine matematico. Nicolas Poussin, Jean-Baptiste-Siméon Chardin, Jean-Auguste- Dominique Ingres e Georges-Pierre Seurat sono onorati come antecedenti di una tradizione da recuperare.
Il secondo capitolo, A che punto è la vita moderna, tratteggia a grandi linee come Jeanneret e Ozenfant interpretano «lo spirito moderno». Dell’età della macchina si evidenziano gli aspetti positivi. Il sistema di organizzazione razionale del lavoro di Taylor è inteso come la capacità di sfruttare in modo intelligente le scoperte scientifiche. I principi scientifici dell’analisi, dell’organizzazione e della classificazione sono elogiati in sostituzione dell’istinto, dell’incertezza e dell’empirismo. L’osservazione della città, un’osservazione che discerne dal caos solo ciò che è riconducibile a un «grande ordine espressivo» e caratterizzato da «masse serene», è individuata come mezzo per comprendere qual è l’essenza della modernità. Ponti, fabbriche, dighe e macchinari industriali sono salutati come «embrioni di un’architettura a venire» e insieme come espressioni aggiornate di ciò che i greci avevano raggiunto con i mezzi a loro disposizione. I metodi e i mezzi più avanzati offerti dal tempo sono individuati nel cemento armato, elogiato come risorsa tecnica costruttiva che discerne dal calcolo, e nel numero, interpretato come «ciò che è alla base di ogni bellezza».
Il terzo capitolo, Le leggi, è volto a dimostrare in che modo la produzione artistica può radicarsi nella vita moderna. Sebbene arte e scienza abbiano a disposizione strumenti differenti, «il loro scopo è lo stesso: il fine della scienza pura è l’espressione delle leggi naturali attraverso la ricerca delle costanti». Scopo dell’arte nella vita moderna consiste per i due autori nella percezione ed espressione dell’“invariante”.
Il quarto capitolo, Dopo il cubismo, definisce in quale modo le leggi naturali possono e devono diventare gli orientamenti dell’opera d’arte, qual è il meccanismo della concezione dell’opera e in che modo è possibile realizzare tecnicamente le regole.
Tra le “leggi” del purismo Jeanneret e Ozenfant individuano: la scelta di soggetti dalle forme semplici e preferibilmente banali. Utilizzare il colore come un accessorio della forma; la concezione deve essere antecedente l’opera: la realizzazione tecnica diventa la materializzazione rigorosa della concezione, quasi una fabbricazione.
Nel corso di questo periodo Jeanneret elabora dei quadri in cui progressivamente si misura con quanto messo a punto in Après le cubisme.
La dimensione dei quadri è spesso determinata dalla sezione aurea, mentre delle griglie regolatrici, i “tracés régulateurs”, regolano la collocazione degli oggetti.
I soggetti scelti, i cosiddetti “objecttype”, perlopiù prodotti in serie e ordinari, di utilizzo quotidiano, sono caratterizzati da forme semplici. I loro profili sono ridotti a forme geometriche parallele alle superfici dei quadri. I quadri ritraggono uno spazio regolato, razionale e caratterizzato dalla sovrapposizione di più piani di lettura. Gli oggetti protagonisti di tale spazio, a volte, intrattengono relazioni con antichi canoni: le bottiglie, per esempio, diventano contemporanee eredi delle colonne classiche.