“L’ESPRIT NOUVEAU”

Il definitivo trasferimento di Jeanneret a Parigi nel 1917 apre un ulteriore capitolo nell’evoluzione del suo pensiero.

L’incontro e la collaborazione con Amédée Ozenfant, artista legato alle avanguardie pittoriche parigine, gli permette di entrare nel vivo del dibattito che attraversa la produzione artistica del tempo. Inoltre Jeanneret inizia a dedicarsi più assiduamente alla pittura, ambito che gli permette di sondare nuove prospettive ideative. 

Nel 1918 pubblica con Ozenfant Après le cubisme, un pamphlet realizzato in accompagnamento a una mostra per lanciare un movimento artistico che prende il nome di “purismo”. 

I presupposti da cui partono Jeanneret e Ozenfant sono esplicitati nell’introduzione: «Finita la Guerra, ogni cosa si riorganizza, tutto acquista chiarezza e si depura; si innalzano fabbriche, nulla più appare com’era prima del conflitto». 

Come ripartire all’indomani di quella che è stata la prima guerra industrializzata? 

In consonanza con uno spirito che attraversa tutta la cultura europea posta di fronte al duplice volto dell’età della macchina, Jeanneret e Ozenfant si danno da fare per “mettere ordine”. 

Il pamphlet è organizzato secondo quattro capitoli.


Natura morta con violino rosso (1920).

Il primo, A che punto è la pittura, delinea le motivazioni della polemica purista volta a superare alcuni aspetti dell’esperienza cubista per inserirla in alvei socialmente trasmissibili. Ai mondi frammentari di Picasso e Braque, si preferiscono precisione e ordine matematico. Nicolas Poussin, Jean-Baptiste-Siméon Chardin, Jean-Auguste- Dominique Ingres e Georges-Pierre Seurat sono onorati come antecedenti di una tradizione da recuperare. 

Il secondo capitolo, A che punto è la vita moderna, tratteggia a grandi linee come Jeanneret e Ozenfant interpretano «lo spirito moderno». Dell’età della macchina si evidenziano gli aspetti positivi. Il sistema di organizzazione razionale del lavoro di Taylor è inteso come la capacità di sfruttare in modo intelligente le scoperte scientifiche. I principi scientifici dell’analisi, dell’organizzazione e della classificazione sono elogiati in sostituzione dell’istinto, dell’incertezza e dell’empirismo. L’osservazione della città, un’osservazione che discerne dal caos solo ciò che è riconducibile a un «grande ordine espressivo» e caratterizzato da «masse serene», è individuata come mezzo per comprendere qual è l’essenza della modernità. Ponti, fabbriche, dighe e macchinari industriali sono salutati come «embrioni di un’architettura a venire» e insieme come espressioni aggiornate di ciò che i greci avevano raggiunto con i mezzi a loro disposizione. I metodi e i mezzi più avanzati offerti dal tempo sono individuati nel cemento armato, elogiato come risorsa tecnica costruttiva che discerne dal calcolo, e nel numero, interpretato come «ciò che è alla base di ogni bellezza».

Il terzo capitolo, Le leggi, è volto a dimostrare in che modo la produzione artistica può radicarsi nella vita moderna. Sebbene arte e scienza abbiano a disposizione strumenti differenti, «il loro scopo è lo stesso: il fine della scienza pura è l’espressione delle leggi naturali attraverso la ricerca delle costanti». Scopo dell’arte nella vita moderna consiste per i due autori nella percezione ed espressione dell’“invariante”. 

Il quarto capitolo, Dopo il cubismo, definisce in quale modo le leggi naturali possono e devono diventare gli orientamenti dell’opera d’arte, qual è il meccanismo della concezione dell’opera e in che modo è possibile realizzare tecnicamente le regole. 

Tra le “leggi” del purismo Jeanneret e Ozenfant individuano: la scelta di soggetti dalle forme semplici e preferibilmente banali. Utilizzare il colore come un accessorio della forma; la concezione deve essere antecedente l’opera: la realizzazione tecnica diventa la materializzazione rigorosa della concezione, quasi una fabbricazione. 

Nel corso di questo periodo Jeanneret elabora dei quadri in cui progressivamente si misura con quanto messo a punto in Après le cubisme

La dimensione dei quadri è spesso determinata dalla sezione aurea, mentre delle griglie regolatrici, i “tracés régulateurs”, regolano la collocazione degli oggetti. 

I soggetti scelti, i cosiddetti “objecttype”, perlopiù prodotti in serie e ordinari, di utilizzo quotidiano, sono caratterizzati da forme semplici. I loro profili sono ridotti a forme geometriche parallele alle superfici dei quadri. I quadri ritraggono uno spazio regolato, razionale e caratterizzato dalla sovrapposizione di più piani di lettura. Gli oggetti protagonisti di tale spazio, a volte, intrattengono relazioni con antichi canoni: le bottiglie, per esempio, diventano contemporanee eredi delle colonne classiche.


Amédée Ozenfant e Charles-Édouard Jeanneret (Le Corbusier), Après le cubisme (1918), copertina.


Chitarra verticale (1920), prima versione.

La medesima necessità di compiere una sintesi e di renderla intellegibile, attraversa gli scritti che compongono la rivista “L’Esprit Nouveau”. Fondata nel 1920 con Ozenfant e Paul Dermée, un poeta legato ai circoli letterari d’avanguardia, “L’Esprit Nouveau. Revue internationale d’esthétique” costituisce una successiva tappa di ampliamento dei temi accennati in Après le cubisme. L’attitudine è positiva e i presupposti sono sempre legati a un assestamento dopo gli anni della guerra: «c’è uno spirito nuovo; è uno spirito di sintesi e costruzione guidato da una concezione chiara». Com’è indicato nel prologo del primo numero di “L’Esprit Nouveau”, obiettivo della rivista è quello di «mettere ordine nel panorama estetico», «dimostrare che quest’epoca è bella quanto quella del passato» e «mostrare lo spirito unitario che anima le ricerche». Mettere ordine e insieme, come sarà esplicitato nel numero 11, creare connessioni tra diversi ambiti. 

I temi e i soggetti accennati nella precedente pubblicazione adesso sono approfonditi e sostenuti da un ricco apparato iconografico. L’analisi comprende, come si legge sulla copertina, estetica sperimentale, pittura, scultura, estetica dell’ingegnere, teatro, music-hall, cinema, circo, sport, costume, libri, mobili, estetica della vita moderna. 

È nel primo numero della rivista che compare per la prima volta il nome “Le Corbusier”. Con esso emergono alcuni degli innumerevoli e sfaccettati “giochi” lecorbuseriani.


Copertina di “L’Esprit Nouveau”, 1, 1920.

Giochi sul piano ideativo: Le Corbusier ha una grande capacità di intercettare le idee messe a punto da altri. In questo caso specifico, l’utilizzo dell’America come termine di paragone per evidenziare l’arretratezza dell’Europa non è certo una novità. Basti pensare ad Adolf Loos. 

Giochi sul piano della comunicazione delle proprie idee: ogni mezzo è lecito per sostenere la propria visione. Le Corbusier estrapola alcune fotografie di costruzioni industriali pubblicate in “Jahrbuch des Deutschen Werkbundes” del 1913 e le ritocca per ricondurre gli edifici alle sue preferenze estetiche. 

Tali giochi portano con sé una duplice considerazione. 

Innanzitutto che l’attività di Le Corbusier s’inserisce in un clima di rinnovamento e all’interno di dibattiti, riflessioni e progetti che attraversano tutta la cultura europea e che in qualche modo dunque la determinano.


Silos Washburn-Crosby a Buffalo (New York). L’immagine qui riprodotta è tratta da Le Corbusier, Verso una Architettura (1923), Milano 2000. Come evidenziato da queste immagini - ma ciò è stato riscontrato anche in altre occasioni - Le Corbusier altera l’apparato iconografico delle sue pubblicazioni attraverso dei ritocchi. L’eliminazione dei frontoni visibile dal raffronto tra le due immagini, è volta a sostenere l’idea di un’architettura che non abbia nulla a che vedere con intenti decorativi. A tal proposito, Paul Turner, per primo, e in seguito anche Reyner Banham parlano di «uso strumentale delle immagini».


Silos Washburn-Crosby a Buffalo (New York). L’immagine qui riprodotta è stata pubblicata in “Jahrbuch des Deutschen Werkbundes”, 1913 ed è tratta da R. Banham, L’Atlantide di cemento, Roma-Bari 1990.

In secondo luogo che nel momento in cui cerca di individuare cos’è ciò che accomuna le manifestazioni estetiche del suo tempo, nel momento in cui analizza la realtà in cui vive, Le Corbusier estrapola dal “caos” ciò che è strumentale ai suoi obiettivi ed effettua delle valutazioni in relazione ai suoi principi puristi: egli sta costruendo la sua idea di architettura moderna. 

Ciò non sminuisce il messaggio che trapela in modo forte attraverso la pubblicazione di “L’Esprit Nouveau”: Le Corbusier investe la sua attività di architetto di ampi significati. 

Si rifiuta di considerare le questioni e le relative manifestazioni staccate le une dalle altre: l’architettura è posta all’interno di un’ampia visione della sua contemporaneità. Chiaramente la frammentazione è necessaria per approfondire le questioni. E in effetti ogni sua pubblicazione segna sempre un progressivo approfondimento di questioni precedentemente individuate. In questo caso specifico, gli scritti di “L’Esprit Nouveau”, che vedrà le sue pubblicazioni fino al 1925, divergeranno, in base agli argomenti trattati, in La Peinture mModerne, L’Art décoratif d’aujourd’hui, Vers une architecture e Urbanisme

Estendendo i concetti messi a punto per la pittura purista Le Corbusier sostiene l’esistenza di alcune “invarianti” che caratterizzano anche l’architettura e che si pongono al di là delle convenzioni di aeroperiodo e stile.


Amédée Ozenfant e Charles-Édouard Jeanneret (Le Corbusier), Sur la plastique, in “L’Esprit Nouveau”, 1, 1920.


Amédée Ozenfant e Charles-Édouard Jeanneret (Le Corbusier), Sur la plastique, in “L’Esprit Nouveau”, 1, 1920.

Amédée Ozenfant e Charles-Édouard Jeanneret(Le Corbusier), Sur la plastique, in “L’Esprit Nouveau”, 1, 1920.


La Casa-studio di Amédée Ozenfant a Parigi (1922): studio del volume e dei prospetti. 
Disegno tratto da I Tracciati regolatori, in Le Corbusier, Verso una architettura (1923), Milano 2000.

Villa Savoye (1928-1931), piante del piano terra, del piano di abitazione e del solarium; Poissy (Francia).

Villa Stein-de Monzie (1926-1928), studio del volume e dei prospetti; Garches (Francia). Disegno tratto da I Tracciati regolatori, in Le Corbusier, Verso una architettura (1923), Milano 2000. Le Corbusier concepisce alzati e piante di questi, ma anche degli altri edifici, sulla base di “tracciati regolatori”. Basati sulla sezione aurea e sulla geometria del triangolo, i “tracciati regolatori” sono espedienti proporzionali sperimentati nel corso del tempo che permettono di conferire agli edifici un’armonica distribuzione delle parti (euritmia).

«L’architettura è un gioco sapiente, esatto e magnifico dei volumi assemblati nella luce. I nostri occhi sono fatti per vedere forme nella luce: luce e ombra rivelano queste forme; cubi, coni, sfere e cilindri o piramidi sono le grandi forme primarie che la luce rivela al meglio. La loro immagine sta dentro di noi, distinta e tangibile, priva di ambiguità. È per questo che sono forme belle, le forme più belle in assoluto. Tutti concordano in questo, il bambino, il selvaggio e il metafisico». 

Le immagini associate nella rivista a tale definizione sono di natura diversa e appartengono a culture ed epoche differenti. 

Le piramidi, il Partenone, il Pantheon, le architetture di Michelangelo, i bagni dell’Antica Roma, i monumenti della piazza dei Miracoli di Pisa, per esempio, sono architetture chiamate a testimoniare «le grandi forme primarie» del passato. Sono architetture che «commuovono» perché toccano i sensi e, insieme, nutrono l’intelletto. 

Fabbriche, sili del grano del Nord America, le strutture ingegneristiche più avanzate dell’epoca, come il viadotto sul Garabit di Eiffel del 1884, edifici industriali, come le Officine Fiat di Giacomo Mattè Trucco del 1920, sono presentati come lodevoli esempi di purismo funzionale della contemporaneità. 

Navi, aeroplani e automobili sono celebrati poiché corrispondono a ciò che è frutto di un corretto svolgimento di questioni ben poste: sono prodotti moderni perché essi sono messi a punto al di là di qualsiasi intenzionalità estetica o stilistica, definiscono un primato della funzione. Le navi inoltre gli appaiono come grandi macchine complesse e dotate di ritmo che cavalcano i mari: una grandiosa e aggiornata manifestazione di nuovi modi di vivere comunitari. Le navi per Le Corbusier sono l’equivalente contemporaneo della certosa d’Ema.


Occhi che non vedono, in “L’Esprit Nouveau”, 8, 1921.


Officine Fiat, in “L’Esprit Nouveau”, 19, 1923.

Sotto un profilo produttivo, l’esperimento compiuto dalla fabbrica di aeroperiodo plani Voisin nel realizzare case in serie per far fronte alle richieste abitative del dopoguerra è applaudito con entusiasmo. 

Realizzate in tre giorni, consegnate tramite auto-rimorchi, queste case «leggere, flessibili e resistenti tanto quanto una carrozzeria o un aereo» gli appaiono come un piano ingegnoso per il futuro: «È nata una generazione che vivrà nelle case Voisin»! esclama Le Corbusier. 

L’equazione tra espressione della macchina e classicismo trova il suo punto di massima tensione in una serie di celebri fotomontaggi e nel confronto tra templi e automobili: il tempio di Paestum (datato al 600-500 a.C.) è associato a un’automobile Humber del 1907; il Partenone (datato 447-434 a.C.) a una Delage del 1921. «Si tratta di due prodotti selezionati in campi diversi, uno dei quali ha raggiunto l’apice del suo climax, mentre l’altro è ancora in via di evoluzione. Questo arricchisce l’automobile. E cos’altro? Rimane da usare la macchina come sfida alle nostre case e ai nostri edifici più importanti. 

È qui che ci fermiamo».


Le Corbusier - Saugnier, Les Maisons “Voisin”, in “L’Esprit Nouveau”, 2, 1920.

progetto per Maison Standardisée. Disegni tratti da Le Corbusier e P. Jeanneret, OEuvre complète (1910-1929), a cura di W. Boesiger e O. Stonorov, Zurigo 1964, e utilizzati come studi per i Quartieri moderni Frugès a Pessac realizzati tra il 1924 e il 1927.


assometria per Unité d’habitation a Marsiglia (1946-1952).


Occhi che non vedono, in “L’Esprit Nouveau”, 10, 1921.

LE CORBUSIER
LE CORBUSIER
Gabriella Lo Ricco
Un dossier dedicato a Le Corbusier, pseudonimo di Charles-Edouard Jeanneret-Gris (La Chaux-de-Fonds, 1887 - Roccabruna, 1965). In sommario: La formazione: radici duplici; ''L'Esprit Nouveau''; Puncti. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.