Grandi mostre. 2 
MANET E DEGAS A PARIGI

AMICI E RIVALI

COMPLICITÀ, RECIPROCA APPROVAZIONE MA ANCHE CONTRASTO E COMPETIZIONE CORREVANO TRA MANET E DEGAS. RIBELLI, SE PUR CON MODALITÀ DIVERSE, ALLA CONCEZIONE UFFICIALE DELL’ARTE.

Valeria Caldelli

La prima volta probabilmente si incontrarono al Louvre, davanti al Ritratto dell’infanta Margherita Teresa di Velázquez. Era il 1863 e Degas, pittore ancora sconosciuto, aveva ventinove anni. Manet, due anni più grande di lui, si era già conquistato una certa notorietà, per buona parte dovuta allo scandalo del suo Le Déjeuner sur l’herbe, dove per la prima volta il nudo femminile appariva in una scena contemporanea, lontana dalle classiche rappresentazioni mitologiche. A quanto sembra, Manet ebbe da ridire sul modo in cui Degas stava incidendo una copia dell’opera del pittore spagnolo e non mancò qualche commento sarcastico.

Storia o leggenda, l’episodio ci dà un’idea dei rapporti personali tra i due artisti, da una parte uniti da un’intensa amicizia e reciproca ammirazione, dall’altra tormentati da una altrettanto accesa rivalità. Basti pensare che pochi anni dopo il loro presunto incontro Degas raffigurerà l’amico e la moglie, Suzanne Leenhoff, nel loro appartamento parigino di rue Saint-Pétersbourg, lui disteso sul divano mentre lei suona il pianoforte (Ritratto di Édouard Manet e la moglie). In cambio di questo dono, Manet regalerà a Degas una sua natura morta, ma poi taglierà da quel duplice ritratto, fatto dall’amico, la figura della consorte non apprezzando come era stata rappresentata. Degas, offeso, gli restituirà la natura morta, salvo poi volerla di nuovo e scoprire che Manet, nel frattempo, l’aveva venduta. Da parte sua Manet ci presenta la giovane moglie in abito bianco, elegante e vaporoso nella Lettura, oppure distesa sul sofà nel Ritratto della signora Manet sul canapé blu.

Entrambi parigini, nati in agiate famiglie borghesi, entrambi arruolati nell’artiglieria quando la Francia dichiarò guerra alla Prussia, nel 1870. Anche la scelta dei soggetti li accomunava, dalle corse dei cavalli ai ritratti. Attraverso le immagini di parenti e amici – dipinte all’interno dei loro atelier – o delle moderne donne parigine – ballerine, prostitute o signore di categorie sociali più elevate – cercavano di cogliere lo spirito del loro tempo.

Ma le dissonanze tra i due artisti non sono minori delle analogie. Manet amava la compagnia femminile ed è descritto come un seduttore, mentre Degas era così riservato nella sua vita sentimentale – e non solo – da apparire quasi misogino. «Vorrei essere illustre e nello stesso tempo sconosciuto », diceva. Questo suo essere “selvaggio” lo portava a lasciare l’attualità sempre fuori dalle sue opere: del suo antisemitismo, per esempio, manifestato apertamente nell’Affare Dreyfus, non lasciò traccia nel suo lavoro artistico. Manet, al contrario, da repubblicano convinto, legò spesso le sue opere agli avvenimenti che lo toccavano di più. Come nell’Esecuzione dell’imperatore Massimiliano, dove l’artista ci narra la rivolta dei repubblicani messicani che nel 1867 giustiziarono il principe e arciduca d’Austria (Massimiliano appunto) – proclamato imperatore del Messico il 10 aprile 1864 con il sostegno di Napoleone III di Francia e di gruppi di conservatori del paese – non riconoscendo il suo governo.

A questi due grandi pittori parigini, che si ribellarono alla visione ufficiale dell’arte e contribuirono profondamente al suo rinnovamento, il Musée d’Orsay dedica una grande mostra, confrontando i loro dipinti e cercando di comprendere l’uno a partire dall’altro. Un dialogo che comincia negli anni successivi al 1860 per terminare intorno al 1880, subito dopo la morte prematura di Manet.

«Le loro opere rivelano una asimmetria evidente», sottolinea Isolde Pludermacher, curatrice della mostra, insieme a Stéphane Guégan. «Non si conosce nessun dipinto raffigurante Degas fatto da Manet, mentre Degas è autore di numerosi ritratti di Manet. Quest’ultimo, da parte sua, possedeva solo una foto dell’amico che teneva in un album, riprodotto nel 1926 dall’editore Étienne Moreau- Nélaton».

Comunque, Manet non amava neanche ritrarre se stesso: in tutta la sua vita sembra aver dipinto solo due autoritratti.

Degas ne produrrà invece una quindicina, mostrando in tutti la stessa aria distante e inquieta. Ma, a trentun anni, anche lui smetterà di prendersi come modello.


Édouard Manet, Émile Zola (1868), Parigi, Musée d’Orsay.


Edgar Degas, Signora Théodore Gobillard (Yves Morisot) (1869), New York, Metropolitan Museum of Art.


Édouard Manet, La lettura (1848-1883), Parigi, Musée d’Orsay.

In verità, tuttavia, i ritratti occupano una parte importante della produzione di entrambi, soprattutto nei primi anni della loro carriera. Tutta la cerchia dei loro amici è riprodotta, a cominciare da Berthe Morisot, nota pittrice impressionista di grande talento, forse amante di Manet, e poi moglie del fratello minore Eugène. In uno dei suoi molti ritratti, Manet mostra la cognata in abito nero, con una dolce espressione enigmatica (Ritratto di Berthe Morisot distesa, 1873), mentre qualche anno prima l’aveva raffigurata tra le protagoniste del Balcone (1868-1869). Degas, che pure frequentava il “circolo” Morisot, ritrae la sorella di Berthe, Yves, in Signora Théodore Gobillard. Inoltre, dedica grandi tele anche alla propria famiglia, in particolare a quella della zia paterna, la famiglia Bellelli, che l’aveva ospitato a Firenze, durante un suo viaggio in Italia. E ancora, Degas ci presenta gli incisori Desboutin e Lepic – il primo con pipa e cappello, il secondo con barba folta – intenti a riprodurre un soggetto a noi sconosciuto su una piastra di rame, mentre Manet concentra la propria attenzione su Émile Zola, già famoso scrittore e suo estimatore, proponendocelo seduto di tre quarti alla sua scrivania, sopra la quale appaiono appesi una stampa giapponese – genere molto in voga a quei tempi – e l’immagine della Olympia con la quale il pittore francese aveva fatto scandalo al Salon del 1865 e che Zola era stato l’unico a difendere.

Proprio il Salon, grande esposizione annuale per pittori e scultori nelle stanze del Louvre, era l’evento che stabiliva successi o condanne senza appello. Il fatto è che una giuria composta da membri dell’Académie des Beaux-Arts e dall’École des Beaux-Arts decideva quali opere potevano essere esposte e rifiutava tutte quelle che non erano in sintonia con la tradizione classica (soggetti mitologici e storici). E chi veniva escluso dal Salon non vendeva un solo quadro e rischiava di vedersi restituire quelli già acquistati.

Numerosi i rifiuti subiti da Manet che nel 1861, però, si vide aprire le porte del Louvre grazie al Cantante spagnolo, certamente debitore a Goya e a Velázquez, ma con la grande novità di rappresentare in maniera realistica un chitarrista moderno con tanto di espadrillas, cappello e bocca aperta. Olympia, esposta come detto sopra nel 1865 al Salon, suscitò clamore. La posizione della donna è quella della Venere di Urbino di Tiziano, ma l’atteggiamento è quello insolente di una prostituta. Troppo per la borghesia benpensante che gridò all’orrore.

Quello stesso anno, al Salon debuttò anche Degas con Scena di guerra nel Medioevo, dove cavalieri e cavalli si mescolano a nudi femminili in una visione ancora lontana anni luce dalla modernità di Manet. Eppure, Degas rinuncerà decisamente al Salon e sarà uno dei sostenitori del Salon des Refusés che ogni anno, con alterni successi, ospitava le opere degli impressionisti esclusi dall’esposizione del Louvre. Manet, invece, pur volendo rinnovare l’arte, non intendeva rinnegare la tradizione e, pur esibendo qualche volta le sue opere con gli impressionisti, cercò sempre il successo nelle istituzioni ufficiali.

Sia Degas sia Manet, tuttavia, restarono sempre “diversamente” impressionisti. Non solo, infatti, non erano molto interessati all’“en plein air”, ai paesaggi e alla ricerca ossessiva della luce, preferendo la figura umana, ma continuarono anche a usare il colore nero, bandito invece da Pissarro, Monet, Cézanne, Sisley e gli altri. La loro tavolozza, però, nel tempo diventerà più luminosa come nella Vasca, titolo di due opere omonime di Manet e Degas. Una luminosità che entrambi avranno modo di approfondire quando si sposteranno per un breve periodo ad Argenteuil, poco distante da Parigi, e sulle spiagge del Nord della Francia. In occasione di quel trasferimento, Degas realizzò Bagni di mare, bambina pettinata dalla governante, mentre Manet Sulla spiaggia di Boulogne. E ancora, una tavolozza schiarita caratterizza Donne sulla terrazza di un caffè la sera di Degas e La cameriera della birra di Manet.

«Gli sbocchi commerciali che il mercato offriva alle marine e alle scene di bagni, sia a Londra che a Parigi, non erano davvero da evitare», rileva Stéphane Guégan. «“Restituire la propria impressione”, per citare lo stesso Manet, appariva come una necessità. Tuttavia, come Degas, [Manet] creò un impressionismo a parte».


SIA DEGAS SIA MANET PREFERIVANO LA FIGURA UMANA AI PAESAGGI E CONTINUARONO A USARE IL COLORE NERO


Edgar Degas, Ritratto di famiglia (La famiglia Bellelli) (1858- 1869), Parigi, Musée d’Orsay.


Edgar Degas, La vasca (1886);


Édouard Manet, La vasca (1878), Parigi, Musée d’Orsay.


Édouard Manet, Ritratto di Berthe Morisot distesa (1873), Parigi, Musée Marmottan Monet.

Manet / Degas

a cura di Isolde Pludermacher e Stéphane Guégan
Parigi, Musée d’Orsay
dal 28 marzo al 23 luglio
orario 9.30-18, giovedì 9.30-21.45, chiuso il lunedì
catalogo Musée d’Orsay/Gallimard
www.musee-orsay.fr
Dal 24 settembre 2023 al 7 gennaio 2024 la mostra si sposterà
al Metropolitan Museum of Art di New York
www.metmuseum.org

ART E DOSSIER N. 408
ART E DOSSIER N. 408
APRILE 2023
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE: Il potere della duchessa di Federico D. Giannini; BLOW UP: Werner Bischof:L’occhio, inedito, per il colore di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - Arturo Martini a Treviso - Frammenti di realtà di Sileno Salvagnini ; GRANDI MOSTRE. 2 - Manet e Degas a Parigi - Amici e rivali di Valeria Caldelli ...