STUDI E RISCOPERTE
VAN GOGH E JOHANNA BONGER

GRAZIE A JO ,
VINCENT FU COMPRESO

UN PITTORE DENIGRATO O IGNORATO IN VITA E UNA DONNA CHE LENTAMENTE DIVIENE L’ARTEFICE DELLA SUA FAMA. LA STORIA DI VAN GOGH E JOHANNA BONGER, MOGLIE DEL FRATELLO THEO, CHE STUPISCE E MERAVIGLIA PER LA CURA E ACCORTEZZA CON CUI GESTISCE UN LASCITO STRAORDINARIO.

Deborah Ferrelli

Forse un’eroina? Non esattamente. Dalle nuove indagini che portano sulle tracce di Johanna Bonger (1862-1925) e che hanno illuminato dettagli prima ignoti della sua ricca esistenza, la sua parabola non sembra più “storia di enigmi”, come la definisce Luis Harss, e il suo non è più personaggio dalla statura epica, fonte di ispirazione per evoluzioni romanzate e romanzesche e per percorsi introspettivi di autoconoscenza: ora Jo, come amava farsi chiamare, è una figura storica, donna di innata intraprendenza e notevole caratura intellettuale che compie un viaggio nell’universo di Vincent van Gogh (1853-1890) e, con rara determinazione, ne svela al mondo la grandezza.

Alla morte del marito Theo (fratello di Vincent), nel 1891, lasciato l’appartamento di Pigalle, ove era vissuta durante il breve ma felice matrimonio, torna in Olanda portando con sé il figlio di quasi un anno, Vincent Willem, e circa duecento quadri del cognato che si trovavano nell’abitazione parigina, appesi alle pareti o stipati sotto i letti. Villa Helma, la pensione che apre a Bussum, attivo villaggio a circa quindici miglia da Amsterdam, diviene il luogo dove viene allestita la prima vera esposizione, seppur privata, dei dipinti di Van Gogh. Le tele affisse in ogni angolo della casa sono testimonianza del “diritto e dovere” che sente suo e che sa di aver ricevuto, lei unica a saper gestire quel “tesoro”(*), dal marito. Un lascito che accoglie orgogliosamente.

Perché Jo non è spaventata dalla difficoltà e dalla responsabilità di svelare e diffondere quell’arte sino ad allora non compresa: a differenza di Theo sa osare, ma sa anche aspettare e scegliere, sa adottare una strategia. E la sua strategia si delinea in pochi, arguti principi: non raccogliere le opere in un unico luogo, accompagnarle alle lettere di Vincent, esporre molto e vendere poco, e soprattutto attendere a pubblicare l’epistolario affinché l’immagine dell’uomo, con lo stigma dell’eccessiva originalità (che per i più rasenta la vera pazzia) non infici la considerazione del valore dei dipinti.

A Bussum Johanna inizia la lettura delle missive tra i fratelli Van Gogh e scopre l’uomo Vincent, poeta e letterato prima che pittore, lo sente affine nella solitudine che lo pervade e lo accoglie con l’empatia che in seguito rivela nella biografia Vincent van Gogh, che appone alla prima edizione delle lettere, Brieven aan zijn broder, pubblicate in olandese e tedesco nel 1914.

Tutto apparentemente si conosce di Johanna Bonger, eppure, da alcune considerazioni o “disattenzioni” presenti nella suddetta biografia, ignota rimane la sua vera, intima considerazione dei dipinti o la collocazione artistica che, a suo avviso, essi occupano. Ma non il suo giudizio, bensì la sua personalità si staglia dai diari e dagli scritti. Inizialmente non ancora a proprio agio tra gli intellettuali, a poco a poco ella cresce, sino a unire alle innate doti di pragmatismo e perseveranza un bagaglio di conoscenze acquisite grazie al marito Theo e a pittori, mercanti e critici con i quali entra in contatto, quali Bernard, Aurier, Veth e Toorop. Ne derivano convinzioni artistiche autonome e la capacità di selezionare le opere da inviare alle mostre, o di obiettare alcune decisioni espositive e alcune critiche.

Sola (forse influenzata dall’opinione di Theo e in contrasto con il fratello Andries), sceglie la Fontana nel giardino del manicomio per la mostra organizzata da Octave Maus per il gruppo di artisti Les Vingt a Bruxelles; sola sceglie le cornici più adeguate alla migliore resa coloristica di un dipinto in esposizione. Affinando le competenze, con gli anni impara ad attribuire alle tele il prezzo più consono, inizialmente molto contenuto al fine di facilitare diffusione e vendita e imporre l’opera sul mercato.


Vincent van Gogh, Fontana nel giardino del manicomio (1889).


Johan Cohen Gosschalk, Autoritratto (1905-1910), Amsterdam, Van Gogh Museum, come tutte le opere riprodotte in questo articolo, dove non diversamente indicato.


Isaac Israëls, Jo van Gogh-Bonger (1924).

Nonostante avversità e momenti di scoramento, di cui si ha ampia testimonianza nei diari, nonostante feroci critiche al suo operato, considerato «sciocchezza da scolaretta» e ai quadri, definiti stomachevoli e terrificanti, Johanna sa vincere lo spirito del tempo, resistere a benpensanti e moralisti che suggeriscono di distruggere le tele, fonte, a loro dire, di contagio della follia, e nel solo 1891 diffonde l’arte di Van Gogh a Bruxelles (Musée d’Art Moderne), Parigi (Société des Artistes Indépendants al Pavillon de la Ville), L’Aja (Pulchri Studio), fino a coordinare venti mostre nelle principali città olandesi tra il 1892 e il 1900 e nel 1901 a raggiungere la Germania ove, grazie a Paul Cassirer, si tiene la prima mostra personale di Van Gogh. Un crescendo che sembra culminare ad Amsterdam – dove, nel 1905, allo Stedelijk Museum, evento senza uguali, Jo affitta alcune sale presentando quattrocentottantaquattro opere – ma che in realtà prosegue con altri progetti espositivi a Londra e New York.

Tanto avebbe da insegnare questa donna risoluta che desidera costantemente “imparare” (uno dei termini da lei più utilizzati nei diari), che fa propria una “Weltanschauung” avanguardista, fa sentire la propria voce in difesa dei diritti negati e sa agire e re-agire dinanzi a conformismi e avversità. Lei che, ormai trentanovenne, non rinuncia alla dimensione personale e affettiva e nel 1901, dopo una breve relazione con il pittore Isaac Israëls, sposa il giovane Johan Cohen Gosschalk, sensibile artista dalla salute cagionevole, determinante, anch’egli, nel diffondere quell’arte la cui “sensazione nuova” pervade il pubblico, come scriveva il mercante Slagmulder.

Oggi, a distanza di decenni e in assenza dei protagonisti e artefici, la figura di Johanna continua a vivere grazie all’opera di Van Gogh e, mentre quest’ultima sembra aver assunto una propria esistenza e aver intrapreso il proprio cammino per le vie del mondo, l’immagine della donna che l’ha svelata al pubblico rimane ancora indefinita, oggetto di scoperta sempre in “fieri”.


JOHANNA SA VINCERE LO SPIRITO DEL TEMPO, RESISTERE A BENPENSANTI E MORALISTI CHE SUGGERISCONO DI DISTRUGGERE LE TELE DI VAN GOGH, FONTE, A LORO DIRE, DI CONTAGIO DELLA FOLLIA


JO SA OSARE, MA SA ANCHE ASPETTARE E SCEGLIERE, SA ADOTTARE UNA STRATEGIA


Hisgen Brothers, Jo Bonger (1880-1882 circa);


fotografo ignoto, Jo Cohen Gosschalk-Bonger, Anna van Gogh- Carbentus e Vincent Willem van Gogh a Bussum (1903).

Johan Cohen Gosschalk, Jo Cohen Gosschalk- Bonger in abito rosso, con berretto di pelliccia e collo di pelliccia (1906);


villa Helma a Bussum (Olanda settentrionale), Koningslaan 4, dove venne allestita la prima esposizione dei dipinti di Van Gogh, Historische Kring Bussum, archivio storico.

UNA MOSTRA SULLA FAMIGLIA DI VAN GOGH

Nel cinquantesimo anniversario della sua fondazione, il Van Gogh Museum di Amsterdam prosegue i festeggiamenti con Kiezen voor Vincent, progetto espositivo in corso fino al 10 aprile (www.vangoghmuseum. nl), dedicato alla famiglia del pittore olandese (1853-1890) che, con dedizione e passione, ha svolto un ruolo fondamentale e insostituibile per la nascita dello stesso museo. Un sostegno che continua anche in occasione dell’attuale mostra – come esplicitato dalla curatrice Lisa Smit – volta non solo a raccontare il percorso creativo di Vincent e il rapporto con il fratello Theo ma anche e soprattutto l’intera storia familiare. A cominciare da Johanna Bonger (moglie di Theo) che, con determinazione, dopo la morte del marito, erede del patrimonio dell’artista, decide di diffondere e promuovere le opere del cognato.

Un evento che, in ultima analisi, fa luce sullo sviluppo di una raccolta, in origine personale e privata, oggi di fama mondiale, con circa duecento dipinti, cinquecento disegni, trenta stampe e oltre ottocento lettere. Accompagna la mostra un catalogo edito da THOTH & Van Gogh Museum.


Isaac Israëls, Jo van Gogh-Bonger (1925).

ART E DOSSIER N. 408
ART E DOSSIER N. 408
APRILE 2023
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE: Il potere della duchessa di Federico D. Giannini; BLOW UP: Werner Bischof:L’occhio, inedito, per il colore di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - Arturo Martini a Treviso - Frammenti di realtà di Sileno Salvagnini ; GRANDI MOSTRE. 2 - Manet e Degas a Parigi - Amici e rivali di Valeria Caldelli ...