IL SOGGIORNO NAPOLETANO E L’IPOTESI
DEL RITORNO IN LOMBARDIA

Fra i molti enigmi che ancora presenta la ricostruzione del percorso di Cecco, particolarmente problematica da definire è la cronologia del rapporto di Boneri con i dipinti di Savoldo.

Opere del pittore bresciano come le ricordate Adorazione dei pastori della Galleria sabauda, il Tobiolo e l’angelo della Galleria Borghese, l’Uomo in armatura del Louvre, la meravigliosa Madonna in gloria con santi (la cosiddetta Pala di San Domenico di Pesaro) oggi a Brera, l’Autoritratto come san Gerolamo di collezione privata, o l’Adorazione dei pastori della Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia, solo per fare alcuni esempi, dichiarano apertamente l’importanza che avranno avuto sul linguaggio di Cecco.

Ma dobbiamo chiederci dove quest’ultimo può avere visto tali o simili dipinti di Savoldo, la maggior parte dei quali si trovava a Venezia e a Brescia. È pensabile che nella mente di un ragazzino (ammesso che sia cresciuto in territorio bergamasco o bresciano), al massimo di tredici anni o quattordici anni tutto ciò si sia stampato in modo così indelebile da modellare e declinare su quella anche l’altra esperienza, all’apparenza così forte, con Caravaggio? E a distinguersi quindi da Bartolomeo Manfredi e da Spadarino, che da Merisi assunsero il vocabolario, come se niente (o poco altro) prima di lui ci fosse stato? Pare più probabile che Cecco sia tornato ventenne nei territori di origine, forse da Napoli e prima del ritorno a Roma, dove sicuramente si trovava nel 1613.

A convincermi della presenza di Cecco a Napoli, dove potrebbe essere giunto al seguito di Caravaggio nel 1606 (il David e Golia Borghese, oltreché a Zagarolo, potrebbe essere stato eseguito nei primi mesi napoletani), è soprattutto il rapporto di alcuni suoi dipinti col contemporaneo contesto partenopeo e con le opere di Merisi realizzate in città. Mi riferisco per esempio al Martirio di san Sebastiano del Museo nazionale di Varsavia29, che mostra molti rapporti con lo sviluppo contemporaneo e successivo di certo precoce naturalismo partenopeo (da Louis Finson a Battistello Caracciolo a Filippo Vitale).

Ma rapporti si possono cogliere anche in altri dipinti di Cecco, come il Tributo della moneta (Vienna, Kunsthistorisches Museum), con la vecchia rugosa che tante relazioni ha con figure di Caravaggio e di Finson, l’Angelo custode con i santi Orsola e Tommaso (Madrid, Museo del Prado), la Sibilla eritrea di collezione privata, tutte opere che a mio avviso potrebbero ambientarsi nella capitale partenopea30.

Secondo la mia ipotesi, in questo spazio temporale fra il 1606 (arrivo presunto a Napoli con Caravaggio) e il 1613 (quando verosimilmente Cecco è di nuovo presente a Roma) dovrebbe ambientarsi il ritorno del pittore in Lombardia e magari anche a Venezia, per rendere possibile la conoscenza delle opere di Savoldo e spiegare l’influenza di queste.


Martirio di san Sebastiano (1607-1613), particolare; Varsavia, MNW - Muzeum Narodowe w Warszawie.


Giovanni Gerolamo Savoldo, I santi Antonio e Paolo eremita (1516 circa); Venezia, Gallerie dell’Accademia.


Martirio di san Sebastiano (1607-1613); Varsavia, MNW - Muzeum Narodowe w Warszawie. È probabile che Cecco sia rimasto a Napoli dopo la partenza di Caravaggio per Malta, all'inizio dell'estate 1607, e abbia cominciato una sua attività di pittore. Lo attesta lo stile di alcuni suoi dipinti, come il Martirio di san Sebastiano di Varsavia e il rapporto con i primi caravaggeschi napoletani, come Filippo Vitale, Battistello Caracciolo e Louis Finson. Di quest'ultimo colpisce il San Sebastiano già Whitfield, che propone un'analoga posizione delle braccia e della testa rispetto all'omologo protagonista di Cecco nella tela di Varsavia.

Louis Finson, San Sebastiano (1608-1610), intero; ubicazione ignota (già Londra, Clovis Whitfield).


Louis Finson, San Sebastiano (1608-1610), particolare; ubicazione ignota (già Londra, Clovis Whitfield).


Filippo Vitale, Liberazione di san Pietro (1614-1618); Nantes, Musée des Beaux-Arts.

Pedro Nuñez del Valle, Martirio di santa Cecilia (1614-1620); Aix-en-Provence, Musée Granet.


Sibilla eritrea (1607-1613).


Angelo custode con i santi Orsola e Tommaso (1607-1613); Madrid, Museo Nacional del Prado.

CECCO DEL CARAVAGGIO
CECCO DEL CARAVAGGIO
Gianni Papi
Bergamo – insieme a Brescia Capitale della Cultura 2023 – celebra con una grande mostra uno dei più misteriosi artisti del gruppo dei caravaggeschi italiani. Di Francesco Boneri (1580-1630), detto Cecco del Caravaggio, non si sa davvero quasi niente, quella aperta in questi mesi a Bergamo (della quale l’autore del dossier è cocuratore) è la prima mostra che gli viene dedicata, con una ventina di dipinti di Cecco a confronto con opere di suoi contemporanei, comprese quelle del suo maestro. Maestro nel senso che Cecco era detto “del Caravaggio” perché ne era un servitore, fin da giovanissimo e, sembra, anche amante. Una condizione di “familiarità” che lo vedeva nel ruolo di modello (forse per Amore vincitore, Davide e Golia e altre opere) ma anche in un certo senso di allievo, poiché dal maestro imparò a dipingere (e anche a usare il coltello nelle risse, pare). Un’occasione per capire meglio il suo percorso, e per apprezzare correttamente l’elevata qualità della sua pittura.