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NÎMES: TRA ANTICO E MODERNO

Omaggio, confronto
o sfida?

TRA LE MOLTE CITTÀ CONQUISTATE DAI ROMANI NELLA FRANCIA MERIDIONALE, NÎMES ERA QUELLA CHE, RISPETTO ALLE ALTRE, AVEVA PIÙ RAPPORTI CON L’URBE E DOVE OGGI CONVIVONO, IN MISURA MAGGIORE, ARCHITETTURE ANTICHE E MODERNE. COME CI APPARE QUESTO ACCOSTAMENTO?

Sergio Rinaldi Tufi

Nîmes è un’antica città della Gallia narbonense, area che prendeva il nome dalla capitale Narbona e che, secondo Plinio il Vecchio, era «più Italia che provincia». In quest’area (oggi Provenza e Costa azzurra) la civiltà celtica aveva sperimentato più che altrove forme urbane, soprattutto a Entremont, capitale della popolazione dei salluvi; ancora prima, gruppi di greci provenienti da Focea in Asia Minore avevano fondato Massalia (Marsiglia). La non lontana Glanum, oggi Saint-Rémy-de-Provence, si poteva addirittura definire una città “gallo-greca”.

La conquista romana, che si concluse nel 101 a.C. dopo le campagne di Caio Mario contro i cimbri e i teutoni, fu, come altrove, difficile e cruenta, ma forse più che altrove, grazie anche agli accordi con le élites locali, conobbe sviluppi interessanti. Molte belle città si aggiunsero a Massalia e a Glanum, tutte gravitanti sulla valle del Rodano, che proprio a Marsiglia stessa sbocca nel “Mare nostrum”, il Mediterraneo. Ricordiamo Vasio (Vaison-la-Romaine), Arausio (Orange), Carpentorate (Carpentras), Cabellio (Cavaillon), Avennio (Avignone), Arelate (Arles), e soprattutto Nemausos (Nîmes), che spicca per due motivi: era la città che più delle altre aveva rapporti con l’Urbe (in una sorta di gara con Arles, vicina e rivale), ma è anche, oggi, quella in cui in maggior misura notevoli architetture moderne si sono affiancate alle antiche: omaggio? Confronto? Sfida?

Il monumento più noto è la Maison Carrée, vecchia definizione popolare da non tradursi pedissequamente con “casa quadrata”, ma più genericamente come “edificio quadrangolare”. Insomma, un tempio, anzi il tempio romano meglio conservato al mondo, ed è un “esastilo pseudoperiptero”: sei colonne in facciata; sui lati e sul retro, attorno alla cella, non colonne vere e proprie, ma semicolonne addossate alla parete che creano l’illusione ottica di un colonnato che invece non c’è. Il materiale impiegato è la “pietra di Lens” (cave a venticinque chilometri, sfruttate ancora oggi). La lavorazione è accuratissima, soprattutto per quanto riguarda i capitelli corinzi, ispirati a quelli del tempio di Marte ultore nel Foro di Augusto a Roma, e, sopra l’architrave, un fregio a girali vegetali ispirato a quello celeberrimo dell’Ara Pacis.

I richiami a siffatti monumenti non sorprendono. “Patronus” della Colonia Iulia Augusta Nemausus, cioè garante dei buoni rapporti con l’Urbe, era Marco Vipsanio Agrippa, grande “alter ego” dell’imperatore in guerra e in pace, e anche genero di Augusto, cioè marito della figlia Giulia. Proprio i figli di Agrippa e Giulia, Lucio Cesare e Gaio Cesare, erano stati scelti da Augusto come eredi, ma il primo morì nel 2 a.C. a Marsiglia, il secondo nel 4 d.C. in Oriente. Furono venerati come “principes iuventutis”: nuova coppia divina quasi assimilabile a Castore e Polluce. L’iscrizione di dedica del tempio rivela che proprio di questa coppia si praticava qui il culto. E fu Agrippa stesso a curare la costruzione.

Il tempio si affacciava sul Foro con un’ampia gradinata, modificata peraltro nell’Ottocento da un architetto di Napoleone, Stanislas-Victor Grangent. Nel 1984 la città di Nîmes decide di creare una mediateca e galleria d’arte, Carré d’Art, come “dirimpettaia” del tempio antico. Il progetto è affidato a lord Norman Foster, grande architetto britannico amante delle strutture in acciaio e vetro: cupola del Reichstag a Berlino, corte del British Museum… Nella non lontana Marsiglia, si deve sempre a Foster una singolare “ombrière” (una struttura destinata a fornire ombra). Nella piazza dove sorge la Maison Carrée, il Carré d’Art, inaugurato nel 1993, presenta una facciata in vetro (appunto) su due piani con colonne in avancorpo: l’impatto non è forse paragonabile a quello di altre opere dell’architetto, che peraltro è ancora oggi molto attivo: suo il progetto del fantasmagorico stadio destinato alla finale del discusso mondiale di calcio in Qatar.


Pont du Gard (50 d.C. circa).


L’anfiteatro romano (60-80 d.C.).


Il Musée de la Romanité, progettato da Elizabeth de Portzamparc e inaugurato nel 2015, nei pressi dell’anfiteatro romano.


VICINO ALL’ANFITEATRO, IL MUSÉE DE LA ROMANITÉ. ATTORNO A UNA STRUTTURA PARALLELEPIPEDALE SEMBRA ADERIRE, SPINTO DAL VENTO, UN ENORME “DRAPPO” SVOLAZZANTE, COSTITUITO DA SETTEMILA TESSERE DI VETRO. OPERA FORSE ECCESSIVA MA GENIALE

Il Carré d’Art, progettato da Norman Foster, davanti alla Maison Carrée, l’antico tempio romano, e inaugurato nel 1993.


La Maison Carrée, costruita tra il 19 e il 16 a.C. da Marco Vipsiano Agrippa.

Il panorama dell’antica Nemausos è dominato dalla Tour Magne, che incombe sopra l’area monumentale nota come “santuario della sorgente”. Due realtà già di per sé notevolissime costituivano, insieme, un complesso ancora più significativo: un Augusteum o sede del culto imperiale (culto che in teoria si istituiva dopo la morte del “princeps”, anche se talvolta una qualche forma di devozione era tributata già in vita). Ma andiamo per ordine. La torre (che ingloba fra l’altro un precedente monumento celtico) è l’unica conservata, nella parte alta del percorso, di un’ampia cinta muraria fatta costruire da Augusto nel 16-15 a.C. (di cui resta anche, nella parte bassa, una bella porta). Il poderoso monumento aveva anche la funzione di segnalare il complesso architettonico che si estendeva a valle, dove sgorgava una sorgente già venerata dai celti (cosa piuttosto usuale) e dedicata al culto di Nemausos, il dio che aveva dato all’insediamento il nome, poi ripreso in età romana. La sorgente fu monumentalizzata con la realizzazione di una grande vasca, presso cui si sono rinvenute iscrizioni, sia pur frammentarie, menzionanti Augusto, ed era collegata, mediante un breve canale, con un altro bacino, racchiuso su tre lati da un portico a tre bracci: il quarto lato, quello ovest, era dominato da un edificio (residenza di sacerdoti?) al cui centro si apriva il cosiddetto tempio di Diana, ben conservato, con grandi nicchie alle pareti e con una volta a botte scandita da potenti ghiere: forse la sala delle cerimonie. Nella parte orientale dell’impero, già da tempo complessi monumentali costuituiti da edifici su altura collegati con monumenti a valle sono stati interpretati come “Sebasteia” (in greco Augusto si dice appunto “Sebastos”): Nîmes è il primo sito in Occidente su cui si sia riscontrata una situazione di questo tipo. A partire dal 1745, nella parte inferiore dell’Augusteo fu realizzato il Jardin de la Fontaine. L’architetto Jacques-Philippe Mareschal, recuperata la sorgente caduta in disuso, creò un parco di quindici ettari con bacini, zone alberate, statue.

Non un restauro dell’antico ma una allusione-competizione. Ma ora a quell’antico dobbiamo tornare, con la cinta muraria, sempre augustea, di dimensioni peraltro maggiori rispetto a quelle strategicamente davvero necessarie per una città ormai pacificata, e con l’anfiteatro da ventiquattromila spettatori, di poco minore e di poco più recente rispetto a quello di Arelate (Arles): siamo negli anni fra 60 e 80 d.C., più o meno gli stessi del Colosseo a Roma, il quale sarà poi ulteriormente ampliato e rielaborato nell’età di Domiziano (81-96 d.C.). Quasi gemelle, dunque, entrambe le maggiori arene della Provenza sono ben conservate, grazie anche all’impiego moderno come sede di corride, spettacolo importato dalla Spagna e reso possibile dai grandi allevamenti di tori della vicina Camargue. Anche presso l’anfiteatro è stata inaugurata (2015) un’opera di architettura contemporanea: il Musée de la Romanité, su progetto della franco-brasiliana Elizabeth de Portzamparc. Attorno a una struttura parallelepipedale sembra aderire, spinto dal vento, un enorme “drappo” svolazzante, costituito da settemila tessere di vetro; nel “tessuto” si aprono ampie fessure orizzontali in corrispondenza dei piani e delle finestre. Opera forse eccessiva ma geniale, vincitrice nel 2016 del premio Future Heritage Award.

Nella civiltà romana è fondamentale, infine, l’importanza dell’acqua, presente in strade, case, terme, ninfei, fontane. Il nostro viaggio a Nîmes si conclude proprio con l’approvvigionamento e la distribuzione di quella preziosa risorsa. Testimonianza famosa è il Pont du Gard (dal nome del bel dipartimento in cui si trova), che in realtà, originariamente (cioè anch’esso in età augustea), più che un ponte è una grandiosa struttura, grazie alla quale il fiume Gardon viene scavalcato dall’acquedotto che “capta” l’acqua per Nîmes da una fonte distante cinquanta chilometri: due ordini di grandi arcate, più uno di arcate minori che sostengono il condotto, o “speco”.

Con i suoi quarantanove metri di altezza detiene il record fra tutti gli acquedotti romani conservati. In epoca moderna l’ordine di arcate inferiore viene ampliato, tanto da sostenere una strada. Ed è così che l’“aqueduc” diviene “pont”. Poi, nel 2000, un progetto “minimalista” ma efficace di un altro notevole architetto, Jean-Paul Viguier, consente la realizzazione di un parco.

Ma torniamo in città, dove l’acqua giungeva ed era distribuita: esistono a Nîmes anche importanti resti del “castellum divisorium”, bacino circolare di raccolta provvisto di aperture- chiusure regolabili e di canalizzazoni con cui l’approvvigionamento idrico veniva “smistato” nelle direzioni necessarie.


NEL JARDIN DE LA FONTAINE L’ARCHITETTO JACQUESPHILIPPE MARESCHAL, RECUPERATA LA SORGENTE CADUTA IN DISUSO, CREÒ UN PARCO CON BACINI, ZONE ALBERATE, STATUE


Il Jardin de la Fontaine, realizzato dall’architetto Jacques-Philippe Mareschal a partire dal 1745.


La Tour Magne (I secolo d.C.), inglobante un monumento preromano.


Il tempio di Diana (I secolo d.C.), con rimaneggiamenti nel II secolo d.C.

ART E DOSSIER N. 406
ART E DOSSIER N. 406
FEBBRAIO 2023
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE: I condottieri della cattedrale di Federico D. Giannini; CORTOON: Animemoria di Luca Antoccia; GRANDI MOSTRE. 1 - Nan Goldin a Stoccolma e a Berlino - A cuore aperto di Francesca Orsi ; GRANDI MOSTRE. 2 - Wayne Thiebaud a Riehen - Un mago e i suoi incantesimi di Valeria Caldelli ...