La pagina nera

MA CHE COSA HO MAI
TROVATO NELL’ORFEO CHE FU RUBATO

Fabio Isman

Un eccezionale gruppo di tre sculture del IV secolo a.C., trafugato nel 1972 nel territorio di Taranto e finito poi nelle sale del J. Paul Getty Museum di Malibù, è tornato a settembre 2022 ed è nella sua città di origine. Una storia intricata, tra passaggi di mano e vendite clandestine, che ha portato alla luce una sorprendente rivelazione unica nel mondo dell’arte.

Questa è la storia di uno straordinario gruppo di tre sculture in terracotta, alte fino a un metro e mezzo e in parte ancora policrome, che fu clandestinamente scavato nel 1972 dal sottosuolo di Taranto; nel 1976 finì al J. Paul Getty Museum di Malibù, che impunemente lo ha esposto per quasi mezzo secolo; nel 2022 è tornato in Italia, e soltanto allora ha svelato un segreto, permettendo una scoperta senza pari nel mondo dell’arte e, in particolare, dell’archeologia.

Le tre sculture raffigurano Orfeo che, con il suono della cetra, ammalia due sirene; il proverbiale campione della cetra ha perduto il suo strumento, e sta seduto in trono; le altre due figure mitologiche sono in piedi, e conservano ancora le estremità inferiori a forma di uccello (solo dal Medioevo al posto delle gambe sono raffigurate con una coda di pesce.). Risalgono al IV secolo prima di Cristo. L’intermediario italiano che invia le tre sculture negli Stati Uniti ne ricava cinquecentocinquantamila dollari; i “tombaroli”, appena cinquanta milioni di lire; e l’opera è oggi valutata otto milioni di dollari.

Le travagliate vicende subite dal reperto le raccontiamo tra poco. Per adesso, è invece importante sapere che a settembre 2022, quando i carabinieri del Comando per la tutela del patrimonio culturale (Tpc) lo ricevono da Malibù, nella caserma del reparto operativo a Roma, la prima ex papalina occupata dai bersaglieri nel 1870, si sono trovati davanti a sei casse. Le prime tre contenevano l’Orfeo e le due Sirene; altre due, il piedistallo del suonatore di cetra e i sostegni delle due sculture in piedi, dal volto di donna e il corpo di uccello. L’ultima, però, un “omaggio” assolutamente imprevedibile.

In quattro cassetti a scomparti, ciascuno catalogato e inserito in una bustina di plastica, c’erano trecentoquattro piccolissimi riccioli di capelli in terracotta: lunghi da uno (e poco più) a tre centimetri. Costituivano la chioma delle tre figure, che infatti ora risultano pressoché calve. Nessuno, nella storia antica o recente, li ha mai applicati a queste statue; probabilmente, quando sono state scavate di frodo, questi riccioli erano sparsi vicino a esse. E come sia successo, è un mistero affascinante, che, verosimilmente, non avrà mai alcuna soluzione.

Nella storia dell’archeologia e dell’arte non risultano precedenti di teste calve, e chiome applicate in tempi successivi.

Il gruppo scultoreo, trovato in centinaia di frammenti e già restaurato dopo la sua prima scoperta, è stato subito esposto (dal 17 settembre 2022 ai primi di gennaio 2023) al nuovo Museo dell’arte salvata, costituito nell’aula ottagonale delle Terme di Diocleziano, a Roma; e, dall’inizio del 2023, è nel Museo nazionale di Taranto. È potuto tornare in Italia perché i “carabinieri dell’arte”, il primo nucleo specializzato nella caccia ai furti culturali al mondo, sorto nel 1976, è riuscito a ricostruirne, passo passo, tutte le vicende e le vendite clandestine.


Il gruppo di Orfeo e le sirene (IV secolo a.C.) esposto nel Museo dell’arte salvata di Roma (17 settembre 2022 - inizio di gennaio 2023).



Orfeo e le sirene erano sottoterra a Taranto, nel quartiere chiamato Lame. Nel 1972, i fratelli Michele, Giovanni Elio e Cosimo Mele, il primo ormai defunto, sono con ogni probabilità coloro che li scavano. Li compera un “boss” della zona, “Ciccio” Basile, che non può più confermarlo, perché nel 1988 è stato assassinato. Da lui, finiscono poi nelle mani del massimo intermediario di antichità di tutta la Puglia, Raffaele Monticelli: un semplice maestro elementare con immobili e proprietà sparsi per il mondo, certo non frutto del suo lavoro ufficiale.

Anche Monticelli non c’è più: se ne è andato il 27 ottobre scorso, a ottant’anni. Ma prima ha fatto perfino in tempo ad accompagnare i carabinieri sul luogo in cui l’Orfeo è stato ritrovato: uno degli ultimi successi, quando stava per andare in pensione, del maresciallo Salvatore Morando, cui l’Italia deve numerosissimi tra i maggiori recuperi archeologici avvenuti negli ultimi quarant’anni. Però, non anticipiamo troppo i tempi. Monticelli vende i reperti a Gianfranco Becchina, di Castelvetrano (Trapani), un tempo Selinunte. Il quale, a Basilea, possedeva un negozio di archeologia, la Antike Kunst Palladion, e aveva abbondantemente rifornito il Getty Museum (e non soltanto) di pezzi tratti illegalmente dal sottosuolo. Le sirene davanti a Orfeo.

Per ordine del sostituto pubblico ministero di Roma Paolo Giorgio Ferri (1947-2020), che ha condotto le inchieste sui “predatori dell’arte perduta”, nel 2001, i carabinieri gli hanno sequestrato, lì e in tre magazzini, migliaia di reperti antichi e l’intero archivio, zeppo di foto e fatture. Tra le immagini, Orfeo e le sirene ancora in frammenti, prima del restauro. Molti dei suoi “faldoni” contenevano proprio la prova dei rapporti con Monticelli. Non solo: c’era pure un’immagine del gruppo,restaurato, nel salotto dell’abitazione di Becchina, a Basilea, dove l’aveva conservato per tre anni, in attesa che qualcuno lo rilevasse.

Ad acquistarlo è Leo Mildenberg, condirettore della banca Leu di Zurigo: un celebre numismatico che aveva già rifornito anche il Getty Museum. È morto nel 2001, e la sua collezione di oltre mille animaletti antichi è andata all’asta da Christie’s (Londra, 26-27 ottobre 2004), valutata due milioni e mezzo di dollari. La banca Leu ha chiuso i battenti nel 2007; era riuscita ad avere seicentotrenta dipendenti e un utile di duecentoquaranta milioni di franchi svizzeri. I carabinieri del reparto archeologia del Tpc, che hanno lavorato con il giudice Ferri, ricordano: «Nel catalogo del Getty, dell’Orfeo risultava acquistato dalla banca svizzera; il magistrato provò a chiedere spiegazioni con una rogatoria, rimasta però senza risposte da Berna». Con il sequestro del 2001 a Becchina, nel suo archivio si trovano le foto dell’Orfeo ancora in frammenti. E così, parte una nuova indagine.

Rafforzata, nel 2019, da un’inchiesta, a Taranto, contro Monticelli: l’operazione “Taras” che, nel 2021, ha fatto recuperare oltre duemila reperti magnogreci, dal VI al II secolo a.C., venduti in mezza Europa. A Bruxelles Monticelli aveva una “base”: questa viene perquisita e lui interrogato. Conduce Morando sul sito dello scavo. Poi anche Becchina racconta qualcosa. Su richiesta del Tpc, poiché negli Stati Uniti gli oggetti erano stati sdoganati a New York e frutto di contrabbando, il magistrato di Taranto interessa Matthew Bogdanos, che, da colonnello dei “marines” a Baghdad aveva salvato il locale museo durante la guerra del Golfo, e poi è diventato vice procuratore distrettuale nella Grande Mela. Travolto dall’evidenza delle prove, il Getty Museum è costretto a restituite il capolavoro.

I carabinieri del reparto archeologia del Tpc raccontano: «Esemplari di sirene antiche esistono in vari musei: come a Durazzo, Tirana, Vienna, Apollonia e Atene; di solito, sono tre, e non due; ma nessuna è simile a queste, che Orfeo sta incantando con la cetra. E quando abbiamo aperto la cassa con i riccioli dei capelli, siamo rimasti assolutamente senza parole: mai visto, né letto, qualcosa di simile al mondo».H


Una delle due sirene con una parte dei riccioli.


Uno dei trecentoquattro piccolissimi riccioli di capelli in terracotta che costituivano la chioma delle tre figure, oggi pressoché calve.

ART E DOSSIER N. 406
ART E DOSSIER N. 406
FEBBRAIO 2023
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE: I condottieri della cattedrale di Federico D. Giannini; CORTOON: Animemoria di Luca Antoccia; GRANDI MOSTRE. 1 - Nan Goldin a Stoccolma e a Berlino - A cuore aperto di Francesca Orsi ; GRANDI MOSTRE. 2 - Wayne Thiebaud a Riehen - Un mago e i suoi incantesimi di Valeria Caldelli ...