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ribera,
un’isola felice

di Daniele Liberanome

Più napoletano che spagnolo, Jusepe de Ribera, detto lo Spagnoletto (1591-1652), sbarcò giovane nel Bel Paese e ne rimase stregato. A colpirlo non furono solo le bellezze del passato, ma le opere contemporanee di un’Italia fucina di talenti: passò prima dall’Emilia dei grandi pittori della Controriforma, con Reni in testa, poi scese verso Roma e Napoli dove scoprì Caravaggio, il rivoluzionario, e ne rimase folgorato. Da lui riprese il radicale realismo nella rappresentazione e l’uso drammatico della luce con forte accentuazione degli effetti di chiaroscuro. Unì a tutto ciò una religiosità spagnola e un sapiente uso del colore, ereditato anche dai maestri fiamminghi. Diventò famosissimo. In patria, da dove gli giungevano commesse più che remunerative da nobili di alto rango, gli chiesero di tornare, ma non volle staccarsi da Napoli, che sentiva come la città più adatta per un pittore (proprio come oggi, verrebbe da commentare con amarezza). Morì all’ombra del Vesuvio, dopo aver dipinto opere attualmente esposte nelle pinacoteche principali al mondo, Madrid in testa, e aver influenzato maestri del calibro di Zurbarán o Luca Giordano.

Il suo pezzo più importante mai andato in asta è Prometeo, di dimensioni gigantesche e di enorme impatto emotivo, legato alla serie di quattro titani che Ribera dipinse per un committente di Amsterdam. Si dice che la moglie dell’olandese ne rimase talmente scioccata da sostenere che aveva dato alla luce un figlio deforme proprio per quella terribile visione, e che Tiziano abbia dipinto la sua serie di titani sotto l’effetto di Ribera. Ancora oggi Prometeo pare di una drammaticità radicale sia per la postura della figura, sia per il violento gioco del chiaroscuro. L’opera rimase molto a lungo a Milano, da un collezionista privato che la vendette poi a Londra. La tela finì per essere notata da Barbara Piasecka Johnson, ex solerte donna delle pulizie, che incastrò l’infedele John Seward Johnson convincendolo a divorziare dalla moglie, a sposarla e a intestarle quasi tutta la fortuna che aveva ereditato dal fondatore della Johnson & Johnson. La Piasecka ebbe poi tempo per dedicarsi alla passione del collezionismo e a trascorrere gran parte del suo tempo in Italia, spesso a Napoli. 


Così, quando l’8 luglio 2009, decise di mettere all’asta il Prometeo da Sotheby’s a Londra, si presentò in sala Antonio D’Amato, industriale napoletano ed ex presidente di Confindustria, che finì per portarselo a casa pagando 4,5 milioni di euro, ben tre volte la stima massima. Avrà fatto un buon affare?

Cominciamo col dire che i capolavori hanno una storia di mercato a sé, ma è pur vero che da tempo nessuna opera di Ribera viene aggiudicata a valori simili. Bel risultato – 2 milioni di euro – aveva ottenuto il 7 dicembre 2006 da Christie’s di Londra un Martirio di san Lorenzo di qualità francamente inferiore al Prometeo. Nessuna drammaticità, un insieme di caravaggismo e pittura emiliana controriformata in cui è la seconda a farla da padrona, soprattutto nella figura del santo.

L’opera più cara di Ribera, aggiudicata dal 2009 a oggi, è un Sant’Onofrio del 1643, battuto per circa 1 milione di euro da Sotheby’s a New York il 28 gennaio 2010. Va detto che il risultato era andato comunque al di sopra delle aspettative (la stima era circa la metà), sia perché il soggetto non è di quelli che attraggono i grandi denari, sia perché l’opera era stata a lungo considerata non della mano di Ribera ma del suo studio. Ma qui si coglie uno degli elementi che rendono Ribera più appetibile di altri maestri antichi: il mercato accetta l’autorità di Nicola Spinosa quale profondo conoscitore dei suoi lavori e autenticatore dall’occhio infallibile. L’incertezza sull’attribuzione delle opere che di solito grava sui prezzi dell’arte antica qui pesa meno, e i collezionisti continuano a guardare Ribera con interesse. Dimostrazione ne è anche il recente risultato di Un filosofo che tiene uno specchio, dipinto di sapore moraleggiante ma non troppo, che Christie’s ha venduto lo scorso 2 luglio a Londra per 860mila euro, quasi triplicando la stima.

Lo stesso dicasi per un Cristo deriso, caravaggista sì ma di soggetto religioso, che Dorotheum ha saputo piazzare lo scorso 17 aprile a Vienna per 700mila euro, ben oltre la stima massima.

Meno positivo, ma sempre interessante anche il trend di mercato dei disegni, che sono appannaggio di collezionisti di buon gusto e di portafoglio meno ampio. Il 31 gennaio dell’anno passato, Christie’s ha venduto a New York un Testa di uomo con protuberanze sul collo per la buona cifra di 90mila euro, una volta di più superando la stima massima. Ribera pare un’isola piuttosto felice nel mare in tempesta del mercato di arte antica e Antonio D’Amato potrebbe avere fatto un gesto di filantropia e aver dimostrato non solo di avere buon gusto, ma anche di intendersene di transazione d’arte e di aver messo in collezione un pezzo da rivendere guadagnando.

ART E DOSSIER N. 308
ART E DOSSIER N. 308
MARZO 2014
In questo numero: MYTHOS ITALIEN L'Italia nell'immaginario europeo: dai caravaggisti olandesi alla Firenze del Grand Tour, dai sogni Art Déco ai vetrai muranesi. IN MOSTRA: Matisse, Ossessione Nordica, Montserrat, Este.Direttore: Philippe Daverio