Grandi mostre. 4
La corte estense alla reggia di Venaria

Gli Este
tra Rinascimento e Barocco

In attesa del restauro e della riapertura dopo il terremoto di due anni fa, la Galleria estense di Modena esibisce il cuore delle sue collezioni in una mostra dedicata al mecenatismo e collezionismo della corte degli Este. Ce ne parla qui il curatore, soprintendente a Modena e Reggio Emilia.

Stefano Casciu

Niccolò Machiavelli, nel Principe (1513), prende gli Este di Ferrara come esempio di principato ereditario che «sempre si manterrà nel suo stato, se non è una straordinaria ed eccessiva forza che ne lo privi». A fine Cinquecento, però, sarà proprio una forza «straordinaria ed eccessiva», quella del papa Clemente VIII Aldobrandini, a privare per sempre gli Este – in mancanza di eredi in linea diretta – della loro prima e antica capitale, Ferrara, e dei territori del delta del Po, costringendoli a trasferire la corte e lo Stato a Modena. La città era allora ben più modesta e priva di strutture urbanistiche e architettoniche degne di una corte ma, insieme a Reggio, era un feudo imperiale, che la Chiesa non poteva rivendicare. La “devoluzione” di Ferrara si consumò nel gennaio 1598, con l’arrivo a Modena del duca Cesare, del ramo degli Este di Montecchio, ritenuto illegittimo dal papato. Tra le più antiche casate d’Italia, la dinastia estense governava dal 1267 uno Stato che al momento della massima espansione univa l’Adriatico al Tirreno, passando per la vasta pianura del Po e travalicando l’Appennino tra Emilia e Garfagnana toscana. Nel 1598 quello Stato vide così dimezzato il suo territorio e il suo potere, e dovette ricostruirsi da zero una nuova capitale e una nuova immagine sulla scena politica italiana ed europea. Risorti come la fenice sotto l’insegna araldica dell’aquila bianca, gli Este regneranno su Modena e Reggio sino all’Unità d’Italia.

Gli estensi furono tra i più grandi mecenati e collezionisti d’arte della storia d’Italia, sia nel periodo ferrarese che in quello modenese. La mostra Splendori delle corti italiane: gli Este. Rinascimento e Barocco a Ferrara e Modena, che la Reggia di Venaria (in collaborazione con la Soprintendenza di Modena e la Galleria estense) dedica oggi alla dinastia (tappa d’esordio di un progetto espositivo dedicato alle grandi corti italiane), presenta per la prima volta al grande pubblico, attraversando due secoli, il lungo viaggio artistico della casata emiliana da Ferrara a Modena senza quella cesura che l’ha segnata alla fine del Cinquecento, e ricomponendo quindi, sul piano del mecenatismo artistico, la continuità e il legame tra due capitali che la storia ha diviso bruscamente nel 1598.

La mostra è anche in rapporto con altri e più recenti avvenimenti che hanno profondamente sconvolto quei territori della Bassa padana che furono parte dello Stato estense. Il terremoto del maggio 2012, infatti, ha devastato questa zona dell’Emilia (e alcune aree limitrofe della Lombardia e del Veneto), colpendo in particolare il patrimonio architettonico e storico-artistico. Una delle vittime illustri del sisma è stata la Galleria estense di Modena, il museo che raccoglie l’eredità delle collezioni estensi, delle quali conserva celeberrimi cimeli dal Quattrocento al Settecento. In attesa della riapertura della Galleria, al termine dei lavori tuttora in corso, il “cuore estense” delle sue raccolte forma a Venaria il nucleo della mostra, integrato da importanti prestiti da musei italiani e stranieri, per presentare con ampiezza e altezza qualitativa lo sviluppo delle raccolte e degli interessi artistici della casata, e i principali artisti che furono al suo servizio nel periodo che va dal ducato ferrarese di Alfonso I (1505-1534) a quello modenese di Francesco II (1664-1694).

Guercino, Venere, Marte e Amore (1633).


Diego Velázquez, Ritratto del duca Francesco I d’Este (1638).

I due secoli presi in esame, il Cinquecento e il Seicento, sono presentati sotto le etichette convenzionali del Rinascimento e del Barocco, che calzano perfettamente con i temi della mostra. Non si può infatti pensare alla Ferrara del Cinquecento se non come a uno dei centri più splendenti e avanzati del Rinascimento italiano dove, grazie ai duchi Alfonso I, Ercole II e Alfonso II operarono artisti come Tiziano, Dosso Dossi, Garofalo, Girolamo da Carpi, Antonio Lombardo e, in campo musicale, Josquin Desprez, Adriaen Willaert, Girolamo Frescobaldi, Gesualdo da Venosa, per fare solo alcuni nomi. I camerini della “Via coperta” del castello di Ferrara, quello di alabastro con i rilievi all’antica del Lombardo e quello delle pitture con i Baccanali di Tiziano, Giovanni Bellini e Dosso, sono un luogo mitico (anche perché perduto) dell’arte del Rinascimento. Più tardi, nelle “Stanzie Nove” di Ercole II si radunò il meglio dell’arte ferrarese del tempo.

In maniera analoga, anche se forse meno ovvia per il pubblico di oggi, Modena è da considerare una delle capitali del Barocco italiano, sotto il segno della magnificenza estense. Con Francesco I (nato nella nuova capitale e duca dal 1629 al 1658) la città diventò una sorta di laboratorio del Barocco. A lui si devono la nuova immensa reggia, progettata secondo aggiornati modelli romani, il teatro e la cittadella militare (oggi perduti), la delizia estiva di Sassuolo, decorata da affreschi e stucchi barocchi di stupefacente bellezza (Jean Boulanger, Agostino Mitelli e Michelangelo Colonna ne furono i principali artefici, ma anche Bernini contribuì da Roma con disegni per le fontane). In pochi anni l’aspetto della nuova capitale estense venne rivoluzionato.

Nella costruzione dell’immagine di Francesco I come principe assoluto ideale ebbero un ruolo fondamentale i suoi due strepitosi ritratti, quello dipinto da Velázquez a Madrid nel 1638 e soprattutto quello scolpito dal Bernini a Roma nel 1650-1651. Ma fu anche centrale la formazione di una ricchissima raccolta di pittura, quella Galleria ducale fastosamente allestita nelle camere da parata del nuovo palazzo di Modena che divenne presto sede di una delle maggiori collezioni principesche d’Italia.

Nella Galleria modenese (dispersa nel 1746 con la vendita all’Elettore di Dresda dei cento principali dipinti) erano splendidamente accostati grandi capolavori del Cinquecento (le quattro grandi pale del Correggio, tra le quali la Notte, e opere di Tiziano, Giulio Romano, Veronese, Tintoretto, Andrea del Sarto, Holbein, Parmigianino, Annibale Carracci, Dosso Dossi e degli altri ferraresi) a dipinti moderni e contemporanei, frutto di acquisti o di commissioni (tra i quali opere di Rubens, Guido Reni, Guercino, Albani, Régnier).

Dopo il 1664, nel ducato di Francesco II, si rinnoveranno a Modena anche i fasti musicali ferraresi, sotto il segno dell’oratorio, dell’opera e della musica strumentale barocca. 


La mostra prende il via con un accenno al glorioso Quattrocento ferrarese di Cosmè Tura e di Ercole de’ Roberti, per toccare poi tutti i momenti salienti della storia artistica estense tra Cinque e Seicento, grazie all’esposizione di novanta tra dipinti e sculture, volumi a stampa e manoscritti (provenienti in gran parte dalla Biblioteca estense universitaria di Modena, che ha dato un importante contributo alla mostra). 


La civiltà musicale estense è poi rievocata grazie a due strumenti di eccezionale importanza, l’arpa estense del 1581 e il violoncello barocco di Domenico Galli del 1691.

Nella mostra sono esposti tre dipinti restaurati per l’occasione dal Centro conservazione e restauro di Venaria Reale, l’Adorazione dei pastori di Dosso e Battista Dossi della Galleria estense e due tele di Annibale Castelli e Sante Peranda, provenienti da Mirandola e danneggiate nel sisma del 2012.


Modena è da considerare una delle capitali del Barocco italiano, sotto il segno della magnificenza estense


Grinling Gibbons, Vanitas in memoria di re Carlo II Stuart (1685 circa).


Domenico Galli, violoncello (1691).

Cosmè Tura, Sant’Antonio da Padova (1484-1488 circa);


Prospero Sogari, detto il Clemente, busto di Ercole II, con l’allegoria della Pazienza (1554).

Splendori delle corti italiane: gli Este.
Rinascimento e Barocco a Ferrara e Modena

Reggia di Venaria (Torino), 8 marzo - 6 luglio 2014
A cura di Stefano Casciu, organizzata dal Consorzio di valorizzazione
culturale La Venaria Reale, con la collaborazione
della Soprintendenza per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici
di Modena e Reggio Emilia
orario 9-17, sabato, domenica e festivi 9-20, lunedì chiuso
www.lavenaria.it; tel. 011-4992333
Catalogo Franco Cosimo Panini

ART E DOSSIER N. 308
ART E DOSSIER N. 308
MARZO 2014
In questo numero: MYTHOS ITALIEN L'Italia nell'immaginario europeo: dai caravaggisti olandesi alla Firenze del Grand Tour, dai sogni Art Déco ai vetrai muranesi. IN MOSTRA: Matisse, Ossessione Nordica, Montserrat, Este.Direttore: Philippe Daverio