Studi e riscoperte. 1
Alberto Martini

l’inventore
dimenticato

Precursore del surrealismo, l’artista trevigiano esprime fin da giovane una sofisticata capacità visionaria che lo porta a costruire un mondo onirico e fantastico straordinario. Non ha eguali. Eppure il suo nome è caduto quasi nell’oblio.

Arturo Schwarz

Ha quattordici anni quando inizia a dipingere precocemente sotto la guida del padre, Giorgio, pittore naturalista e professore di disegno che lo seguì per cinque anni, sino al 1895. I temi preferiti di Alberto Martini (1876-1954) all’inizio sono quelli della campagna trevigiana e dei contadini al lavoro. Già nel 1895 illustra il Morgante maggiore di Luigi Pulci, iniziando così l’attività di illustratore di opere letterarie che lo terrà occupato tutta la vita. Nel 1898 soggiorna a Monaco e lavora come disegnatore per i periodici “Dekorative Kunst” e “Jugend”. Questi primi lavori sono d’ispirazione vagamente liberty con richiami alla Secessione e ai preraffaelliti inglesi. Nel 1901 illustra i primi “ex libris” per Antonio Fogazzaro, Gerolamo Rovetta e Vittorio Pica. Anche questo interesse sarà una costante della sua attività creativa.

Il suo straordinario precoce talento visionario gli è riconosciuto già nel 1905. Vittorio Pica, commentando le opere di Martini esposte alla 6. Biennale di Venezia, nota le caratteristiche doti dell’artista che faranno di lui un precursore del surrealismo pittorico in virtù della sua feconda immaginazione che lo porterà a inventare un mondo onirico e fantastico. Scrive infatti Pica: «Le [sue] strane composizioni ce lo rivelano nella piena maturità dell’individuale talento di ferace immaginatore e di accorto ed agile esecutore delle sue insolite invenzioni»(1). In quell’epoca è già celebre. Giovanni Papini vede in lui «il principe dei disegnatori italiani»(2); nel 1924 Carrà, che raggiunge il coro degli stimatori di Martini, non dubita che la sua opera sarà durevole(3); l’anno seguente è R.-L. Doyon a notare che Martini «è dotato di un’immaginazione prodigiosa»(4).

Notturno (1907).


Movimento dello sguardo-orbita (1932).

Tornando alla nostra cronistoria, nel 1907 Martini partecipa alla 7. Biennale di Venezia (22 aprile - 31 ottobre). Espone, nella sala “L’arte del sogno”, le prime opere che anticipano, sempre più decisamente, la tematica surrealista segnata pure da un simbolismo romantico, onirico e tenebroso. Arrivano i dipinti Notturno e Nel sonno, oltre ad alcuni disegni tra i quali La bellezza della donna. Tra il 1906 e il 1911 si dedica prevalentemente a illustrare testi della letteratura anglosassone e francese. Nel 1908 termina le centocinquanta chine a corredo di due opere di Edgar Allan Poe: Racconti straordinari e Storie grottesche. Nel 1910-1911 è il turno di Shakespeare del quale illustra l’Amleto (con sette chine) e il Macbeth (undici chine). Nel 1911 seguono le immagini per quattro classici della poesia francese: Feste galanti e Parallelamente di Verlaine, (rispettivamente sette pastelli colorati e cinque disegni a penna acquerellati); Reliquiario di Rimbaud (dieci chine) e un poemetto in prosa di Mallarmé (cinque chine).

Nel 1912 e 1913 inizia, con I ponti azzurri, la serie dei pastelli di più chiara impronta surrealista. Nel 1914, allo scoppio del primo conflitto mondiale, esegue cinquantaquattro litografie intitolate Danza macabra, seguite da una stupenda serie di sei litografie in bianco e nero: Amore, Morte, Infinito, Follia, Sogno e Nascita per il poema grafico I misteri. Queste litografie - che evocano con grande poesia situazioni e stati d’animo - saranno pubblicate nel 1923, con un commento di Emanuele di Castelbarco, dalla casa editrice Bottega della Poesia. Tra il 1916 e il 1919 continuano i pastelli: ventitre sono dedicati al nudo femminile. Dal 1920 al 1922 riprende il bianco e nero con le trentuno chine dal titolo Fantasie bizzarre e crudeli e la seconda serie di illustrazioni per la Divina commedia (tre litografie monocrome: Paradiso, Inferno, Purgatorio).

Nella primavera del 1923 inizia l’attività scenografica con l’ideazione del Tetiteatro ovvero teatro sull’acqua (dedicato, come si evince dal nome, a Teti, la dea del mare), creando “tetiscenografie” per opere in prosa e in musica di Eschilo, Maeterlinck, Strauss, Wilde, Wagner, Shakespeare, D’Annunzio, Debussy, Stravinskij, Beethoven e Schumann.

Durante gli anni 1925-1927 continua a eseguire pastelli, prevalentemente ritratti. Si trasferisce a Parigi nel 1928 dedicandosi quasi esclusivamente alla pittura a olio. Inizia il “periodo nero” che continua sino al 1930 con, tra gli altri, i poliedrici Cristallo e occhio, Conversazione con i miei fantasmi, Fiore dello scoglio. Nel 1929 incontra Breton e dipinge il suo ritratto. Questi lo invita a raggiungere il gruppo surrealista ma il nostro lupo solitario, geloso della propria indipendenza, declina l’invito. Lo stesso anno - dopo un breve ritorno al bianco e nero dedicato alle illustrazioni per l’Aurelia di Nerval - inizia il “periodo chiaro” che continuerà sino al 1939. A questo periodo appartengono, tra gli altri dipinti, Testa ipnotica, L’invenzione del tempo, Movimento dello sguardo-orbita. Nascono così molte delle sue più notevoli opere, tra le quali: L’occhio e lo spirito umano, Pittura teleplastica, Movimento dello sguardo.


Franco Russoli vede in lui «il dotatissimo rappresentante di quel gusto dell’orrido, del meraviglioso, dell’ossessionante, del macabro»


Conversazione con i miei fantasmi (1928).


Litografia dal poema grafico I misteri (1914-1915): Sogno.

Dal 1940 al 1948 termina la terza serie di illustrazioni per la Divina commedia (1940); nel 1941 e sino al 1942 riprende la pittura a olio realista ricollegandosi ai suoi primissimi disegni. Dal 1943 al 1948 torna a occuparsi intensamente di bianco e nero per illustrare varie opere letterarie. Dal 1949 sino alla morte, nel 1954, Martini si dedica sia al surrealismo ermetico del periodo nero con, per esempio, l’intuitivo autoritratto Il veggente (1951) e La casa dell’ermafrodito (1950), sia al surrealismo poliedrico del periodo chiaro con una serie di dipinti sul tema dei drammi dell’amore (1951-1953) tra i quali L’eremo del grande amore e L’era atomica (1952). Lo stesso anno, il 1952, nasce La finestra di Psiche nella casa del poeta: una grande china e pastello (240 x 115 cm) eseguita per la 26. Biennale di Venezia. Durante questo periodo si dà anche al bianco e nero e agli “ex libris”, tra gli altri quelli per Carlo Belloli che, nel 1954, gli dedicherà un’importante monografia. Lo stesso anno, l’8 novembre 1954, Martini muore a Milano.

Solo dopo la sua morte, la critica più qualificata comincia a riconoscere in lui un maestro dimenticato. Marco Valsecchi scrive: «Giustamente compare qui, come un capostipite, Alberto Martini con una prodigiosa serie di acqueforti e strazianti inchiostri di china»(5). Nel 1956 la Biennale di Venezia allestisce una grande antologica di Alberto Martini. Raggiungono allora il coro degli stimatori molti dei più attenti critici italiani. In quell’anno Mario Lepore lo ricorda in questi termini: «Martini mi pare il nostro unico artista di grande statura, di statura autenticamente internazionale […] quando si spense, il primo e maggiore surrealista nostro era quasi dimenticato»(6); Franco Russoli vede in lui «il dotatissimo rappresentante di quel gusto dell’orrido, del meraviglioso, dell’ossessionante, del macabro»(7); Luciano Budigna scrive: «Questo nostro artista, scomparso due anni or sono, era noto sinora soltanto da un breve giro d’intenditori e d’amici, ma il suo nome non potrà certo essere trascurato nelle future cronache dell’arte del nostro secolo»(8). Con lo pseudonimo di Tristan Sauvage (con il quale firmavo allora i miei scritti) osservai che egli era «indubbiamente la più appassionante personalità dell’arte contemporanea italiana»(9). Nel 1959 viene ricordato alla Mostra surrealista internazionale curata da Jean-Jacques Lebel e dal sottoscritto (Milano, Galleria Schwarz, 27 aprile - 16 maggio 1959). Nel 1960, André Breton e Marcel Duchamp presentano due sue opere - Labirinto e Sposo ignorato - in occasione della mostra, curata da loro, International Surrealist Exhibition. Surrealist Intrusion in the Enchanter’s Domain (New York, D’Arcy Galleries, 28 novembre 1960 - 14 gennaio 1961).


Bibliografia
V. Pica, Alberto Martini, Bergamo 1912.
E. di Castelbarco, Alberto Martini. I misteri, Milano 1924.
R.-L. Doyon, Préface et mystique de la scène - Préface à l’édition française du Théty-
Théâtre, in Alberto Martini: exposition de peintures, dessins, gravures, théâtre (Parigi, Gallerie
Siot-Decauville, 26 marzo -11 aprile 1925) catalogo della mostra, Parigi 1925.
G. Baldi, Un mago del bianco e nero, Milano 1952.
C. Belloli, Il surrealismo di Alberto Martini, Brescia 1954.
Mostra commemorativa. Alberto Martini (Milano, Libreria Schwarz, 20 ottobre - 20 novembre
1956), catalogo della mostra, Milano 1956.

ART E DOSSIER N. 308
ART E DOSSIER N. 308
MARZO 2014
In questo numero: MYTHOS ITALIEN L'Italia nell'immaginario europeo: dai caravaggisti olandesi alla Firenze del Grand Tour, dai sogni Art Déco ai vetrai muranesi. IN MOSTRA: Matisse, Ossessione Nordica, Montserrat, Este.Direttore: Philippe Daverio