Grandi mostre. 1
Matisse a Ferrara

il corpo
e la linea

Soggetto dominante nella carriera del maestro francese, la figura femminile acquista col tempo un’essenzialità di linee e colori sempre più marcata, capace di trasmettere attraverso la semplicità e la stilizzazione del linguaggio figurativo i moti sottili dell’anima. Emblematica, a questo proposito, l’esposizione in corso a Palazzo dei diamanti, qui raccontata dalla curatrice.

Isabelle Monod-Fontaine

La mostra di Ferrara Matisse, la figura. La forza della linea, l’emozione del colore (fino al 15 giugno a Palazzo dei diamanti) è organizzata attorno alla rappresentazione della figura nell’opera di Matisse, dai suoi esordi verso il 1900 fino agli ultimi anni prima della morte nel 1954. La figura, e in modo particolare la figura femminile, non è il suo soggetto esclusivo – Matisse si è grandemente interessato agli altri grandi generi classici come il paesaggio e la natura morta – ma la questione dell’inscrizione della figura nello spazio e quella del rapporto della figura con lo sfondo dominano a ogni modo largamente il suo lavoro, che si tratti di pittura o di disegno – che egli ha praticato quotidianamente durante la sua lunga vita – o anche, più paradossalmente, di scultura. Le diverse sezioni della mostra affrontano (cronologicamente) i più importanti aspetti di questo tema principale e la maniera in cui, liberandosi del bagaglio accademico, Matisse evolve verso un’ardita semplificazione delle linee e del colore, verso la creazione di un linguaggio suo proprio: se questo linguaggio all’inizio fece scandalo, oggi è leggibile ed evidente per tutti. Vorrei qui insistere su uno dei momenti chiave di questo percorso, l’anno 1935, attorno al quale è organizzata una sala dell’esposizione.

Dopo molti anni di lavoro intenso sul tema delle odalische – con la modella Henriette Darricarrère – Matisse ha in effetti quasi smesso di dipingere per due anni (1929-1930). Ha passato gran parte del 1930 in viaggio, a New York, poi a Tahiti. È al suo ritorno che si mette a lavorare a una composizione monumentale, un progetto altamente decorativo per la Fondazione del dottor Barnes, un industriale e collezionista americano che ha incontrato nel corso del suo viaggio. Dovrà ritornarci su per tre volte per completare, tra il 1931 e il 1933, la versione finale di La danza, una serie di figure giganti smaterializzate i cui corpi, trattati in grigio neutro, si stagliano contro un fondo blu, rosa e nero, ugualmente astratto.

Un altro progetto, stavolta si tratta di incisioni, lo occupa altrettanto all’inizio degli anni Trenta: per accompagnare una selezione (fatta da lui stesso) delle Poesie di Mallarmé (pubblicate da Skira nel 1932) Matisse sceglie l’incisione al tratto all’acquaforte, una tecnica che favorisce ugualmente il processo di decantazione, per non dire di astrazione, verso il quale Matisse si orienta deliberatamente sul finire del suo periodo nizzardo. Dopo le tele colorate degli anni Venti, dove si trattava di inserire il volume di un nudo nello scenario di una camera chiusa e iperdecorata, Matisse ritorna a una problematica del ritaglio, dell’“à plat“, dell’arabesco epurato.

Lydia Delectorskaya, la giovane assistente russa che lo aveva aiutato durante la realizzazione di La danza torna a lavorare da lui nel 1934, all’inizio per occuparsi di Madame Matisse. In seguito poserà regolarmente per lui. Ed è appunto l’incontro con questa nuova modella - Lydia è molto bella e ha una personalità forte e generosa - che permetterà lo svilupparsi di una nuova sequenza di pitture, che procede contemporaneamente a partire dall’economia del lavoro condotto attorno a La danza della collezione Barnes e dall’impatto della lettura di Mallarmé. 


Lydia posa fin dalla primavera del 1935 per una serie di nudi possenti, lungamente meditati. Il sogno (dipinto da aprile a metà maggio), Nudo rosa seduto (dipinto da aprile a dicembre) e Grande nudo disteso (Nudo rosa) (dipinto da maggio a novembre) sono opere a cui Matisse lavora in parallelo e costruite sugli stessi elementi: stesso accordo di un blu con un rosa, stessa ricerca di un arabesco che ritaglia e differenzia la figura su un fondo quasi uniforme. Matisse prende allora l’abitudine di far fotografare gli stati successivi dei quadri che considera più importanti. Si conoscono così sei stati fotografati del Sogno, almeno tredici stati per Nudo rosa seduto e più di una ventina per Grande nudo disteso.


La questione della figura nello spazio, e quella del rapporto della figura e dello sfondo, dominano largamente il suo lavoro


Nudo con sciarpa bianca (1909), Copenaghen, SMK - Statens Museum for Kunst.

Nudo seduto di spalle (1917), Filadelfa, Philadelphia Museum of Art.


Nudo rosa seduto (1935), Parigi, Centre Pompidou - Musée national d’art moderne.

In Nudo rosa seduto il volto della modella
non è più che un ovale vuoto,
una metafora dell’assenza


I vari stati permettono di apprezzare le tappe del lavoro di condensazione e adattamento che, a partire dai primi schizzi realistici, sfocia nella creazione di una forma/ figura sublimata e semplificata, un ritaglio perfetto tanto al positivo (il corpo rosa sul fondo blu) che al negativo (se non si considera nient’altro che gli elementi blu del fondo). In Nudo rosa seduto, in particolare, la ricerca di semplificazione e il perseguimento dell’arabesco danno luogo a un’estrema radicalizzazione: qui il volto della modella non è più che un ovale vuoto, una metafora dell’assenza, e il suo corpo è sottomesso a un’intensa geometrizzazione (in particolare l’angolo retto disegnato dal braccio sinistro incorporeo). 

Negli stessi anni, Matisse riprende nei dipinti e nei disegni il tema del nudo disteso, riproponendolo in un contesto più mitologico e poetico di quello della camera dell’odalisca, per coniugarlo al motivo antico della ninfa addormentata sorpresa da un fauno, quello stesso che aveva ispirato il ben noto poema di Mallarmé Preludio al pomeriggio di un fauno. Questo lavoro intenso culmina con una grande e splendida composizione verticale su tela: Ninfa nella foresta, La vegetazione è stato iniziato nel settembre 1935, Matisse vi ha lavorato a lungo durante i mesi seguenti e rilavorato ancora a più riprese fino all’inizio degli anni Quaranta. L’artista francese ha tenuto a custodire presso di sé quest’opera maggiore, preparata da un certo numero di schizzi dipinti o disegnati (i più importanti dei quali sono esposti a Palazzo dei diamanti) ed essa figura in molte fotografie del suo atelier a Vence o a Nizza. 

Lydia poserà anche per degli splendidi disegni a penna (1936-1937) in cui compaiono il pittore, la sua modella nuda e il loro riflesso nello specchio, creando degli affascinanti spazi sdoppiati. In altre tele e disegni Lydia è vestita di “bluse rumene” ricamate, oppure di lunghi vestiti da sera acquistati da Matisse verso il 1934, che si aggiungono al vestiario utilizzato in special modo per le modelle (si veda Giovane donna seduta con abito a rete). Questi abiti riappariranno in altre opere in seguito: dopo l’inizio della guerra, dopo la separazione dalla moglie Amélie e la sistemazione più definitiva di Matisse - accompagnato da Lydia, divenuta indispensabile - nei luminosi e vasti spazi dell’appartamento affittato alla fine del 1938 nell’ex Hotel Regina a Cimiez, sulle alture di Nizza. È allora che inizia tutta un’altra storia.

Matisse, la figura. La forza della linea,
l'emozione del colore

a cura di Isabelle Monod-Fontaine
Ferrara, Palazzo dei diamanti, corso Ercole I d’Este 21
telefono 0523-244949
orario 9-19
fino al 15 giugno
catalogo Ferrara Arte
www.palazzodiamanti.it

ART E DOSSIER N. 308
ART E DOSSIER N. 308
MARZO 2014
In questo numero: MYTHOS ITALIEN L'Italia nell'immaginario europeo: dai caravaggisti olandesi alla Firenze del Grand Tour, dai sogni Art Déco ai vetrai muranesi. IN MOSTRA: Matisse, Ossessione Nordica, Montserrat, Este.Direttore: Philippe Daverio