La riscoperta del manierismo

l'Anti-arte
è tra noi

Mario Perniola

Dietro l’eccentrica bellezza, il manierismo nasconde caratteri enigmatici, stravaganti, sovversivi non solo per il Cinquecento ma anche per i tempi a venire

L’interesse nei confronti del manierismo che si manifestò col fiorire di molti pregevoli studi negli anni Cinquanta del Novecento fu soppiantato in seguito dall’attenzione nei confronti del Barocco, che parve nei decenni successivi più consono alla sensibilità della società dello spettacolo e alle poetiche postmoderne.

Che senso ha oggi riproporre all’attenzione del pubblico questa categoria artistica e in che modo il nuovo approccio si differenzia da quello del secolo passato? Quale elemento era sfuggito agli storici e ai critici di allora, che s’impone ora come un’evidenza stranamente per tanto tempo trascurata? Abbagliati dall’eccentrica bellezza dei quadri manieristi, non si è capito che cosa questa nascondeva. 


Dissimulato da una straordinaria perizia manuale e da una stupefacente magnificenza formale, si manifestò nella storia dell’arte occidentale per la prima volta il dubbio dell’arte su se stessa.

L’arte cessò di essere una cosa ovvia e nacque per la prima volta l’Anti-arte, anticipando di alcuni secoli l’esperienza delle tre figure carismatiche di questa fondamentale tendenza del Novecento: Marcel Duchamp, John Cage e Guy Debord. Costoro hanno portato all’estremo la pulsione iconoclastica; questa è stata da sempre presente in Occidente ma è rimasta contenuta nel campo del le religioni (quella della Roma arcaica, l’ebraismo, l’islamismo), mentre l’arte restava saldamente ancorata alla tradizione ellenica e alla sua visualità festosa. L’irruzione della religione nell’arte avviene in Occidente con la crisi del Rinascimento e con la Riforma protestante, che creò in molti artisti un profondo malessere nei confronti della loro attività, spingendoli a introdurre nelle loro opere elementi di autocontestazione, come nelle numerose Lucrezie di Cranach, di Dürer, di Hans Baldung Grien in cui la punta del coltello rivolta contro di sé dalla virtuosa matrona romana sembra anche voler lacerare la tela. La fgura emblematica di questo disagio è quella del pit tore Jörg Ratgeb (circa 1480-1526), che nella Guerra dei contadini del 1525 si unì ai rivoltosi occupando cariche direttive e partecipando militarmente alla lotta.

L’Anti-arte contemporanea ha prodotto una pletora di imitatori e di epigoni, che tradendo le intenzioni dei mentori l’hanno recuperata proprio da quella società che in teoria avrebbero dovuto detestare e dopo aver occupato con la massima spregiudicatezza le istituzioni del “mondo dell’arte”, hanno finito per dissolverla nella comunicazione massmediatica.

L’arte manieristica si regge su un difficile equilibrio tra lo splendore del suo prodotto e la consapevolezza della sua precarietà. In ciò sta il suo carattere enigmatico. Parafrasando Musil, si potrebbe dire che l’arte manieristica è un’attività in cui non si crede fino in fondo, ma che pure si desidera ardentemente.

Un secondo fattore importante della riscoperta del manierismo sta nell’attuale interesse nei confronti dell’Outsider Art. Con questo termine, coniato nel 1972 dall’inglese Roger Cardinal, s’intende la produzione figurativa psicopatologica, alla quale lo psichiatra tedesco Hans Prinzhorn (il primo a occuparsi di questo argomento) negli anni Venti del Novecento aveva negato ogni dignità artistica. Questa tesi era stata tuttavia completamente rovesciata negli anni Quaranta dal pittore Jean Dubuffet; egli, introducendo la nozione di Art Brut, aveva sostenuto che le opere dei folli sono espressione della loro salute, non della loro malattia. Sono semmai le cosiddette persone normali a essere malate, perché sono escluse da ogni creatività a causa della ripetitiva monotonia della vita quotidiana. 


Ora, la preistoria dell’Outsider Art comincia proprio in Italia col manierismo, i cui aspetti psicopatologici sono stati oggetto dello studio accurato di Rudolf e Margot Wittkower nel libro Nati sotto Saturno. La figura dell’artista dall’antichità alla Rivoluzione francese (1996, l’edizione originale è del 1963): essi offrono un quadro quanto mai perturbante dello stato mentale degli artisti manieristi che definiscono egocentrici, lunatici, nevrotici, ribelli, licenziosi, stravaganti. Il panorama da loro delineato induce a pensare che essi fossero dei folli dotati di grande talento artistico. Il Parco dei mostri di Bomarzo, presso Viterbo, ideato dall’architetto manierista Pirro Ligorio e realizzato tra il 1548 e il 1580, costituisce probabilmente il primo esempio di “visionary environment”. La storia di queste ambientazioni folli comincia nell’Ottocento col Palazzo ideale (Hauterives, Francia) di Ferdinand Cheval – soprannominato, per il suo lavoro, il Postino Cheval – il quale completò in trentatre anni una struttura architettonica monumentale che includeva torrette, colonne, cripte, ornamenti stravaganti.

Concludendo, un nuovo approccio al manierismo oggi non può prescindere dal rapporto con le due tendenze artistiche più sovversive del Novecento: da un lato l’Antiarte, dall’altro l’Outsider Art. Tuttavia, nei confronti di entrambe, bisogna sollecitare gli artisti ad andare al di là del nichilismo autodistruttivo dell’una e del dilettantismo populistico dell’altra. Gli antichi maestri del manierismo cinquecentesco sono stati sovversivi non solo per il loro tempo, ma anche per tutti i tempi a venire.

ART E DOSSIER N. 306
ART E DOSSIER N. 306
GENNAIO 2014
In questo numero: MANIERISMI E SEX APPEAL Quando l'eros insidia lo stile, dal Primaticcio a Balthus, dal mito di Leda a Benton all'arte contemporanea. IN MOSTRA: Fornasetti, Renoir.Direttore: Philippe Daverio