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I capolavori,
accessibili, di Kiefer

di Daniele Liberanome

Non sarà ai massimi del mercato, ma Anselm Kiefer (nato nel 1945) resta uno degli artisti più noti del panorama contemporaneo, dotato di tecnica sopraffina e portatore di messaggi di rara profondità. Le sue opere si trovano, per esempio, alla Guggenheim di Venezia, alla Pirelli HangarBicocca di Milano, al Pecci di Prato e nei maggiori musei mondiali.
Un intero filone della sua produzione è dedicato alla riflessione critica sulle dittature del Novecento e sul loro impatto culturale. Tipica in questo senso è Laßt Tausend Blumen Blühen! (Lasciate che mille fiori fioriscano!), una serie di quadri realizzati da Kiefer perlopiù all’inizio del XXI secolo in rife- rimento a una frase pronunciata da Mao nel 1957. Con quelle parole, il dittatore sanguinario solo apparentemente apriva le porte alla creatività artistica, mentre in realtà mirava a individuare i propri critici per poi punirli crudelmente. Nei quadri dello stesso ciclo al solito di grandi dimensioni e creati con tempera, smalto, vernice a emulsione e oggetti vari apposti su carta fotografica intelata, la figura di Mao è sempre presente. A volte, come nella versione che si trova alla Tate di Londra, è imponente e i fiori sono spine; in altre, si trova in secondo piano rispetto ai fiori allora colorati, quasi tangibili, simbolo dell’invincibile potere della creatività.

Tra i più noti artisti del panorama contemporaneo, Anselm Kiefer, dotato di sofisticate capacità tecniche e portatore di contenuti profondi, si può portare a casa a prezzi considerevoli ma non irraggiungibili



Una versione di questo genere venne venduta da Christie’s di Londra una prima volta l’8 febbraio 2007 per 2,7 milioni di euro, fissando il prezzo top per l’artista, e una seconda il 16 ottobre 2014, registrando invece una notevole perdita di valore. Altre opere riferite alle dittature del XX secolo sono incentrate sul regime di Hitler, che per assurdo era come Mao un artista o tale si considerava. Fra questi spicca la serie Dem Unbekannten Maler (Al pittore ignoto), datata 1983, a cui appartiene un quadro offerto da Christie’s l’11 maggio 2011. Vi campeggia un grande edificio, quello progettato per la cancelleria del Terzo Reich, la cui imponenza e supponenza contrasta con la desolata piazza antistante, simbolo del vuoto culturale creato dal regime mettendo all’indice i maggiori artisti del tempo. È stato venduto per quasi 2,5 milioni di euro, una cifra oggi inarrivabile. Addirittura meglio è andato Grab des unbekannten Malers (La tomba del pittore ignoto), incentrato sul monumento neoegizio che era stato progettato in onore dei caduti tedeschi Afrikakorps, e che ricorda il monumento ai caduti di guerra dell’Arco di Trionfo a Parigi. La vena polemica del titolo, si sposa con il solito virtuosismo tecnico grazie al quale Kiefer utilizzò di tutto, dalla gommalacca alla vernice a emulsione, per creare effetti ottici e quasi tattili di notevole impatto. Proposta da Christie’s di Londra il 6 ottobre 2016, l’opera è stata venduta per ben 2,4 milioni di euro, triplicando la stima iniziale. Il rapporto fortemente critico, intenso, con il recente passato della sua Germania, ha portato l’artista a ragionare sulla Shoha, specie attraverso gli occhi del poeta Paul Celan, un sopravvissuto dei lager. Nella sua poesia più nota, Todesfuge (Fuga di morte), di un lirismo senza pari, Celan introduce due figure, Margarete e Sulamith, nomi derivati l’uno dal Faust di Goethe, l’altro dal Cantico dei cantici, che diventano simboli, rispettivamente, di tedeschi ed ebrei. Attraverso di loro, Kiefer dà corpo agli effetti dell’Olocausto, terribili, profondi, diversi di intensità ma significativi per tutti. In Dein Aschenes Haar, Sulamith (I tuoi capelli di cenere, Sulamith), la chioma della donna, che il Cantico dei cantici descrive come bionda, è divenuta nera nei forni crematori; Kiefer la rende però simile ai campi tedeschi durante la guerra, con i raccolti di prodotti e di idee bruciati. L’opera è perlopiù fatta di pezzi di canna, incollati su tela e dipinti, che simboleggiano l’energia, il fuoco visto in senso positivo. Nonostante sia stata venduta da Sotheby’s di New York il 17 novembre 2016 per 2,1 milioni di euro, chiarisce uno dei motivi per cui i valori di Kiefer decrescono e non sono all’altezza della sua fama: i materiali che utilizza sono talmente fragili, deperibili, che conservare intatte o quasi i suoi lavori è un’impresa titanica, a volte impossibile, mentre il degrado non può che causarne il deprezzamento.
Di recente, l’opera aggiudicata ai prezzi più elevati è stata Freyas Garten (Il giardino di Freya), ricca di riferimenti alla cultura e alla storia tedesca, dai paesaggi di Caspar David Friedrich al piano Morgenthau per limitare la potenza industriale della Germania postbellica. Kiefer utilizzò anche qui una copiosa serie di materiali, inclusa la foglia di argento e di oro, ma almeno non la canna. Phillips di Londra l’ha offerta lo scorso 3 marzo vendendola per circa 1 milione di euro, limite che l’artista non raggiungeva da tempo. I collezionisti pignoli, attenti alla conservazione delle opere, possono così trovare dei capolavori di Kiefer a cifre importanti ma non impossibili.

ART E DOSSIER N. 403
ART E DOSSIER N. 403
NOVEMBRE 2022
In questo numero: STORIE A STRISCE -  Nuove speranze per il fumetto di Sergio Rossi; BLOW UP: Civilization di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - L’arte inquieta a Reggio Emilia - Una, nessuna, centomila identità di Giorgio Bedoni; 2 - Cézanne a Londra - Da una mela partì la sua sfida di Valeria Caldelli; ....