Il quinto, “Controllo”, partendo dall’assunto che la civiltà è una macchina complessa bisognosa di manutenzione, riparazione, protezione, regole, ordine ci offre sguardi che rimandano a queste necessità in modo esplicito attraverso la rappresentazione di organi di governo, forze militari, tribunali, o in modo più implicito e suscettibile di libere interpretazioni. In FIFA I Executive Committee Zurich, dalla serie Corridors of Power (2013) di Luca Zanier, per esempio, la sala conferenze sotterranea dove si riuniscono i responsabili della grande famiglia del calcio, con un lampadario di cristallo a forma di stadio, ci appare nel suo deciso impatto estetico come un enorme occhio invisibile che sorveglia le nostre vite.
Nel sesto, “Rottura”, l’obiettivo punta a evidenziare i fallimenti, i punti oscuri della civilizzazione, la violazione dei diritti umani, gli ostacoli alla giustizia, il tema delle frontiere. È quanto osserviamo nella straziante immagine di Francesco Zizola, In the Same Boat (2015). L’ennesima testimonianza di un gommone sovraffollato, salpato in questo caso dalla Libia, dove le persone, consapevoli dei rischi che corrono, sono dirette verso un destino sospeso e appeso al filo dell’incertezza. Nel settimo, “Fuga”, il tema viene letto in un duplice significato: come desiderio di libertà e di scappare da circostanze drammatiche, dalla morte, dalla fame e come voglia di evasione da un quotidiano comodo, rassicurante e magari a tratti noioso. Nell’ottavo, “E poi…”, le lenti dei fotografi si soffermano sul futuro, da alcuni interpretato come possibile era a ridotta presenza umana.
E gli ultimi avvenimenti che hanno investito e stanno investendo il mondo: la pandemia e l’invasione russa dell’Ucraina? Con pochi ma significativi contributi su entrambi, termina l’itinerario di Forlì.