«FAMMI PITTORE
E TE NE SARÒ GRATO»

Constable non si interessò mai alle “regole” del suo mestiere.

Né elaborò formule capaci di rendere riconoscibile la sua pittura alla prima occhiata.
Come dire che non si occupò di strategie che avrebbero potuto attribuirgli una precisa collocazione o quotazione professionale.
Gli bastava disporsi in assoluta frontalità rispetto al paesaggio che di volta in volta si trovava a tradurre in immagini. Il suo “criterio” poetico rimandava insomma all’idea tutta illuministica di una natura che deve essere rispettata in quanto manifestazione sensibile della “verità”: fosse la chiusa dello Stour lungo il quale il padre aveva installato i mulini di Flatford e di East Bergholt, la brughiera di Hampstead Heath, o la vallata di Dedham nell’Essex.
«Fammi pittore, e te ne sarò grato», chiedeva guardandosi intorno. Una preghiera che era anche una promessa ignara di mediazioni intellettuali e culturali. Di qui quella resa antidrammatica e antiscenografica del suo paesaggio, come non se ne erano ancora riscontrate in pittura, e non solo in Inghilterra. E un paesaggio che non rappresentava altro da sé poteva, se non provocare, almeno insospettire i vertici della Royal Academy. Sta anche qui la ragione dell’affermarsi tardivo della pittura di Constable tra i suoi contemporanei. Pittura che peraltro non si faceva un complesso di assecondare necessità estetiche “borghesi”, né di far trapelare un certo “Johnbullism” (termine idiomatico che sta pressappoco per fierezza patriottica) che è quanto riferisce ancora il suo biografo Leslie(3).



Vista sullo Stour vicino a Dedham (1822), particolare; Los Angeles, Huntington Library.

Il mulino di Dedham nell’Essex (1820); Londra, Victoria and Albert Museum.


Il carro da fieno (1821 circa), particolare; Londra, National Gallery.


Eugène Delacroix, Il massacro di Scio (1824); Parigi, Musée du Louvre.

Di qui anche il proverbiale attaccamento alla sua terra. Constable non mise mai piede fuori dal suolo inglese. «Non vedrò mai quel famoso paese», confessava a Reinagle con una punta di forzato rimpianto; alludendo all’Italia, dove tutti i suoi colleghi andavano e sarebbero andati in un pellegrinaggio sentimentale diventato necessario alla loro anima celtica. Né l’aveva tentato Parigi, meta altrettanto obbligatoria per un aggiornamento che fosse al sommo della modernità. Durante il suo alunnato alla Royal Academy, frequenti e regolari erano invece i rientri al paesello, a East Bergholt, a celebrare il rito ancestrale del ritorno. Per assicurarsi che niente, nella tribù familiare come nel paesaggio intorno, fosse cambiato. Di queste certezze, lo vedremo poi, aveva bisogno l’uomo per far crescere il pittore.
Al Salon di Parigi del 1824, dove l’aveva inviato non senza l’incitamento del collezionista Sir George Beaumont, Il carro da fieno (1821; al dipinto dedichiamo un box a p. 34) fu una grande rivelazione premiata da re Carlo X con la medaglia d’oro. «Ammirevole e incredibile», ebbe a commentare il sommo Delacroix, maestro del “furor” pittorico, il dandy viziato e onnipotente da cui il romanticismo in arte doveva prendere il nome, «questo Constable mi fa un gran bene […] è lui il padre della nostra scuola di paesaggio».
L’aneddotica riporta che dopo aver visto il quadro di Constable, le cui imponenti dimensioni apparivano una sfida a quelle canoniche dei quadri storici, Delacroix rielaborasse lo sfondo del suo Massacro di Scio oggi al Louvre. E non fu il solo.
Sguardi interessati di accoliti dell’École de Barbizon avrebbero preso nota e lezione: quelli di Rousseau, Decamps, Dupré, Troyon, Barye. Ma il quadro non passò inosservato neppure a Millet e Corot, i grandi outsider di Barbizon.
Va inoltre detto che al di là dell’episodio del Salon, in Francia la pittura inglese stava guadagnandosi credito attraverso scambi personali - Bonington, meteora straordinaria del paesaggio romantico, aveva stretto un sodalizio con Delacroix - mentre gallerie parigine quali Susse, M.me Hulin, Arrow Smith esponevano regolarmente collezioni di pittori inglesi di paesaggio. Il “tenebroso” Paul Huet - soprannominato con qualche esagerazione il “Delacroix del paesaggio” - si sarebbe ispirato dichiaratamente a Constable fino a eseguire copie di suoi dipinti. Géricault stesso frequentava gli atelier di Londra e aveva potuto ammirare Il carro da fieno in anticipo sui suoi colleghi parigini.
Senza parlare di anglomania, l’interesse dei pittori francesi per i colleghi d’Oltremanica nasceva soprattutto da quella diffusa presa di posizione dell’“ethos” aristocratico britannico che, in polemica con il dilagante affermarsi della società industriale, incoraggiava una sensibilità estetica di reazione; facendo riaprire gli occhi all’artista sulle meraviglie della natura, sui suoi incanti malinconici e le sue arcadiche suggestioni. A conforto di questo nuovo clima sentimentale, c’erano poeti e letterati quali Gray, Collins, Thompson, ma soprattutto Wordsworth e Coleridge che nelle Lyric Ballads avevano annunciato il credo romantico con un appassionato richiamo alla natura. La cui ricetta contemplava riti bucolici e semplicità di vita, senza dimenticare un utopistico recupero dell’inglese arcaico nel parlato quotidiano.
Da ricordare inoltre che la caduta di Napoleone e la fine delle belligeranze aveva avuto il suo peso sulla ripresa dei rapporti culturali tra i due paesi, rapporti peraltro improntati a una competitività proverbiale, dove satira di costume e xenofobia dovevano fare da storico leitmotiv.


Richard Parkes Bonington, Veduta della laguna vicino a Venezia (1827); Parigi, Musée du Louvre.
Meteora della pittura romantica inglese, Bonington fu a lungo sodale di Delacroix.


Benjamin Robert Hayman, Ritratto di William Wordsworth (1840 circa).

CONSTABLE
CONSTABLE
Giuliano Serafini
La pittura del periodo romantico è rappresentata soprattutto dal paesaggio,e in questo genere i più attivi furono senza dubbio gli inglesi. Tra questi ultimia eccellere, oltre a Turner, era John Constable (East Bergholt 1776 - Londra1837). Viveva nella campagna del Suffolk, non aveva quindi che da guardarsiintorno per trovare quel rapporto stretto con la natura – fatta di cieli, boschi,fiumi – che rappresentava per quella generazione di artisti la chiave diaccesso al livello più alto dell’atto creativo. L’accesso alla Royal Academy gliconsentì poi di allargare le sue fonti di ispirazione alla tradizione del passato,soprattutto francese e olandese. Il suo approccio non era solo sentimentale,tutt’altro, era molto incline a pensare al suo lavoro come a un’indaginescientifica, della quale fanno fede soprattutto le innumerevoli, dettagliateraffigurazioni di nuvole di ogni tipo.