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LE COLONIE IN RIVIERA,
C’È CHI ASPETTA E C’È CHI SPERA

Fabio Isman

Che fine hanno fatto gli “ospizi marini”, spesso architetture di prestigio e all’avanguardia? Non abbiamo dati definitivi su quanti fossero ma sappiamo che sulla costa romagnola, negli anni Ottanta del secolo scorso, se ne contavano duecentoquarantasei. Non tutti però sono stati riqualificati: molti risultano abbattuti, altri abbandonati, altri salvati. come (forse) quello voluto dall’Enel a Riccione nel 1963. Confidiamo che sia davvero così.

Le colonie “elioterapiche”, o marine, sono i residui di un turismo che non c’è più: chi, oggi, “va in colonia”? Quel turismo è durato per circa un secolo, da fine Ottocento, ed è sparito dopo gli anni Settanta del Novecento. Lasciando però abbondanti, e spesso purtroppo decadenti, tracce di sé. Già nel Settecento la pediatria aveva scoperto che sole e acqua di mare recavano benefici alla tubercolosi; e la prima colonia estiva in Italia, che si sappia, risale al 1822: l’ospedale di Lucca la progetta a Viareggio, per i bambini di strada. L’impulso maggiore è però del secolo successivo, e si manifesta soprattutto in Romagna: oggi da Marina di Ravenna fino a Cattolica (Rimini) si alternano le costruzioni sul mare, spesso anticipatrici di stilemi architettonici successivi. Molte, edificate durante il passato regime; ma tante anche nel dopoguerra. 


Manca un regesto completo, c’è soltanto un’indagine compiuta dal benemerito Istituto per i beni culturali dell’Emilia- Romagna (ma, se era benemerito, perché non c’è più?): nel 1986, nella zona di competenza, ne ha censite duecentoquarantasei, con un immenso patrimonio di un milione e mezzo di metri quadrati, due milioni e mezzo di cubatura. Nemmeno due centesimi sono gli antichi “ospizi marini”, che precedono il 1915; sette su cento nascono sull’Adriatico tra le due guerre; ma oltre gli otto decimi, dopo il 1945. Dunque, le colonie non sono un’invenzione fascista, come pure qualcuno vorrebbe. Nel dopoguerra, parecchie erano intitolate a società, o a enti pubblici: le vacanze per i figli dei dipendenti costituivano allora un “fringe benefit”. Poi il mondo è cambiato. E anche il turismo: è arrivato quello “di massa”. E, ahinoi, la trasformazione di queste strutture ha spesso costituito altrettante occasioni mancate. Poche, non soltanto sulla costiera romagnola, sono diventate scuole; qualcuna di più è oggi un albergo; molte sono state addirittura abbattute. La loro fine, o l’abbandono, si possono datare dagli anni Ottanta del secolo scorso. 


L’immensa Novarese a Miramare di Rimini (mille bambini e duecento addetti: cinque piani, lunga centoventi metri per una cubatura di quasi trentatremila) nasce nel 1935, in quattro mesi: un progetto a forma di transatlantico di Giuseppe Peverelli, che mostra tutte le caratteristiche del razionalismo; ma il suo riuso, dopo svariati tentativi e progetti, dal 1957 è ancora solo una speranza. Come a Cervia (Ravenna) è ormai dimenticata la Montecatini del 1938, divenuta poi proprietà dei Monopoli di Stato; o, a Milano Marittima (Ravenna), la Costanzo Ciano del 1937. La Trento a Igea Marina, in provincia di Rimini (1938, progetto di Emilio Gaffuri e dell’ingegner Segalla) ha invece cessato di vivere nel 1988; e l’anno successivo, pur contro le norme di tutela, la Dante di Cervia, del 1927. Negli anni Settanta, invece, sostituita da un parcheggio una delle più antiche di Milano Marittima, la Mantovana, inaugurata nel 1933 da Achille Starace. Ma sono soltanto alcuni casi, e le lamentele potrebbero continuare assai più a lungo. Tante sono, infatti, le strutture in rovina, anche da decenni. Del resto, per combattere la tubercolosi erano già arrivati gli antibiotici: così, molti di questi edifici sono diventati delle “belle addormentate”, e tali restano. Ma, per fortuna, non tutti.


La colonia progettata a Riccione da Giancarlo De Carlo, su richiesta dell’Enel nel 1963, in declino da decenni ed entrata solo nel 2005 nel registro regionale delle opere coeve di prestigio.


Un’altra immagine dell’ex colonia Enel, cintata perché ormai pericolosa.


L’interno, completamente in rovina, con le pareti deturpate da scritte e disegni.

La ex Dalmine di Riccione, progettata da Giovanni Greppi nel 1936, in grado di ospitare quattrocento bambini dai sei ai dodici anni, dotata di una spiaggia di trentamila metri quadrati, è oggi un hotel. Come, per esempio, svariate tra quelle di Calambrone, in provincia di Pisa: ce n’erano sei, tra cui una intitolata alla madre di Mussolini, Rosa Maltoni, ideata nel 1925 ma aperta solo nel 1933. Opera di Angiolo Mazzoni (un “grande”: basti pensare ai suoi vari uffici postali sparsi nel paese, o alla parte forse migliore, e mai compiuta, della stazione Termini a Roma), dedicata ai figli di chi lavorava alle poste e nelle ferrovie: centomila metri quadrati, poi divisi e spartiti nel dopoguerra, e infine anche venduti. Compare pure nel film Tutti a casa, di Luigi Comencini, del 1960. È stata in parte riqualificata all’inizio degli anni Duemila, e oggi costituisce uno tra i progetti di trasformazione più virtuosi. Ancora: a Cattolica, dal 1934, esisteva una struttura per i figli degli italiani all’estero; l’aveva progettata il romano Clemente Busiri Vici, e le forme richiamavano una flotta; dal Duemila, è diventata il più grande acquario dell’Adriatico. 


Raccontiamo, infine, di una tra le ultime colonie a essere sorta, voluta nel 1963 dall’Enel a Riccione, quando ormai mancava poco alla scomparsa della vacanza legata a questo tipo di strutture: perché è quasi una “cartina di tornasole” di un genere architettonico, ma anche dei suoi destini. La progetta Giancarlo De Carlo (1919-2005), una “archistar”, tra i maggiori nomi del settore, che ha realizzato anche l’università e i collegi di Urbino, e tantissimo altro in giro per l’Italia e all’estero. È un lavoro singolare: i suoi volumi rompono decisamente il carattere unitario (e autoritario) delle “sorelle” più antiche; per qualcuno è «a misura di bambino». È dipinta di un blu che riluce al sole; possiede varie entrate e scale per i piani superiori, contrassegnate da colori diversi; un intrico di corridoi collega i vari piani; i corpi edilizi sono mossi e non monotoni; singolari le finestre sfalsate: un tempo, tende rosse contrastavano con il blu cobalto delle piastrelle di rivestimento dei locali. 


Insomma, un bell’esempio di architettura, finita su una prestigiosa rivista del settore, “Domus”, ma quando il declino era già cominciato. Ed è durato per decenni. A un certo punto, se ne prefigurava perfino l’abbattimento, sventato tuttavia dalla mobilitazione di numerose organizzazioni. I tentativi per recuperarla sono stati molteplici; e sembravano, però, tutti purtroppo vani. Soltanto nel 2005 l’“ex colonia Enel” è entrata nel registro regionale delle opere coeve di prestigio. Tanti fotografi, anche di buon nome, si sono frattanto dedicati alla sua rovina: muri scrostati, intonaci spariti, gradinate sbrecciate, gli interni deturpati da scritte, disegni e quant’altro. Il tutto, evidentemente, cintato, perché divenuto ormai pericoloso. Il mare, vicino; ma lontano come un miraggio. Su Facebook è sorto perfino un gruppo denso dei ricordi di chi da quel luogo è transitato nei decenni. 


La speranza, però, è sempre l’ultima a morire: non si dice così? Infatti, a metà dell’anno scorso, per oltre un milione di euro, un gruppo romano ha acquistato tutto il complesso all’asta, dopo una serie di incanti andata deserta, e di successivi ribassi dell’offerta. L’intenzione è di adibire l’edificio, senza demolirlo perché vincolato, a fini ricettivi e turistici: un “condhotel”, cioè un mix di albergo e appartamenti. Risulta che il gruppo acquirente abbia già avuto i primi incontri nella sede del Comune. Forse, un residuo in rovina troverà una nuova vita: speriamo.




UN BELL’ESEMPIO DI ARCHITETTURA. EPPURE SE NE PREFIGURAVA PERFINO L’ABBATTIMENTO, SVENTATO DALLA MOBILITAZIONE DI NUMEROSE ORGANIZZAZIONI


Il cortile del tutto rovinato e imbrattato.


Un interno completamente spettrale

ART E DOSSIER N. 399
ART E DOSSIER N. 399
GIUGNO 2022
In questo numero: ARTE CONTEMPORANEA - Biennale Gherdëina; CAMERA CON VISTA - Ennio, l’orecchio del cinema; STORIE A STRISCE - L’adolescenza vista dal fumetto; BLOW UP - Brescia Photo Festival; ARCHITETTURA PER L’ARTE - L’autobiografia di un luogo; GRANDI MOSTRE. 1 - Elmgreen & Dragset a Milano. Essere umani? Quasi un imbarazzo; GRANDI MOSTRE. 2 - Daido Moriyama e Shomei Tomatsu a Roma. Sguardi randagi su Tokyo; STUDI E RISCOPERTE. 1 - Toyen. La tela come sismografo dell’onirico; PAGINA NERA - Le colonie in riviera, c’è chi aspetta e c’è chi spera; GRANDI MOSTRE. 3 - GaudÍ a Parigi. Un outsider di successo; GRANDI MOSTRE. 4 - Grubicy de Dragon a Livorno. Devoto alle avanguardie; STUDI E RISCOPERTE. 2 - L’iconografia di Ruggero e Angelica. L’eroina e il suo salvatore; OGGETTO MISTERIOSO - Il cielo in una stanza; GRANDI MOSTRE. 5 - Giuseppe Bezzuoli a Firenze - Un distillato di Ottocento; GRANDI MOSTRE. 6 - Donatello a Firenze. Il terremoto all’alba del Rinascimento; GRANDI MOSTRE. 7 - Le culture megalitiche della Sardegna a Napoli. Figure di pietra; IN TENDENZA - Con Morbelli vince la terza età.