Architettura per l'arte
l'autobiografia
di un luogo
Aldo Colonetti
Nel Jacques Herzog und Pierre de Meuron Kabinett, Basel è presente l’indimenticabile insegnamento di Aldo Rossi, con cui entrambi (Herzog e de Meuron) hanno studiato nel 1975 a Zurigo presso l’Eidgenössische Technische Hochschule Zürich. Di quell’insegnamento in particolare troviamo due concetti: il ruolo della storia e della memoria, fondamentale in qualsiasi attività progettuale, e il significato profondo del termine “composizione”, ovvero non dimenticare mai che disegnare significa ridurre le infinite variabili a una serie di costanti.
Fondato a Basilea nel 2015, il Kabinett è l’archivio di oltre cinquecento progetti - realizzati e non - concepiti dagli architetti svizzeri dalla nascita del loro studio nel 1978. Le strutture che ospitano migliaia e migliaia di oggetti, lo stesso ordinamento più da museo di scienze naturali che da “Beaux-Arts”, ricordano la forma delle architetture per interni di Rossi, create per la maggior parte con l’amico Luca Meda per l’azienda Molteni.
I maestri non si dimenticano né si copiano: è necessario trascriverli concettualmente, come hanno fatto Herzog e de Meuron, pensando a un luogo che non è un museo né un semplice archivio. Credo che sia un’autobiografia unica nel panorama internazionale dell’architettura, certamente pensata per gli altri ma anche per se stessi, come uno specchio deformato che ti fa vedere oltre l’opera finale.
In fondo che cos’è quest’ultimo progetto dello studio elvetico, premio Pritzker 2001 (il maggior riconoscimento internazionale del settore), se non un laboratorio di idee, cose, manufatti, modelli, suggestioni, appunti, pezzi di architettura in scala 1:1, opere d’arte; se non uno smontaggio del pensiero progettuale, affidato a tutto ciò che viene prodotto, quando s’inizia a immaginare come sarà il risultato finale, senza averlo ancora né definito né portato a termine in tutte sue parti?
Il Kabinett non è un museo, è una rappresentazione scientifica di un percorso creativo e progettuale dove uno dei principi fondatori è costituito da una sollecitazione che proviene da un’opera d’arte, perlopiù contemporanea. Come aveva affermato la giuria del premio Pritzker: «È sempre presente nel loro lavoro la qualità artistica di un’antica professione con l’approccio aperto alle capacità tecniche del nuovo secolo».
«Da questo punto di vista il Kabinett», precisa Jacques Herzog, «è il luogo dove documentiamo il nostro modo di vedere e di riflettere sull’architettura e sul mondo. All’interno di un ordinamento cronologico dove sono presenti, numerati, tutti i nostri progetti, è possibile realizzare nuove relazioni e connessioni, perché le visioni del futuro devono essere appoggiate sulla conoscenza del passato e del presente».
L’“archivio” ha sede in un’imponente architettura in cemento grigio, alla periferia di Basilea, con grandi aperture in vetro; Helsinki Dreispitz, così si chiama l’edificio, nel quale sono presenti anche diversi piani di abitazioni. Gli architetti si sono permessi anche una sorta di “licenza poetica”: i pluviali scaricano l’acqua sulle pareti di cemento, in modo tale che l’invecchiamento “estetico” sia precoce, come se l’opera fosse sempre esistita.
«La città è l’esatto opposto del digitale, perché ha un carattere arcaico, come se fosse sempre esistita nel profondo dei bisogni primari dell’uomo», commenta Herzog; così anche gli oltre cinquecento progetti, presentati attraverso tutte le forme, tutti i diversi materiali, tutte le diverse soluzioni estetiche e tecnologiche, che hanno reso possibile la realizzazione di un determinato “manufatto” si manifestano a un visitatore attento (per ora la visita è possibile solo su appuntamento) come fossili da decifrare.
Scienza più che arte, materiali e tecnologie più che soluzioni formali, studio e ricerca attenta e quotidiana, senza dimenticare che dietro qualsiasi oggetto, anche il più anonimo, protagonista è sempre la capacità inventiva del progettista, che rimane unica e individuale. Il Kabinett è tutto questo: chiaro e razionale e, nello stesso tempo, misterioso.
Jacques Herzog und Pierre de Meuron Kabinett, Basel
ART E DOSSIER N. 399
GIUGNO 2022
In questo numero: ARTE CONTEMPORANEA - Biennale Gherdëina; CAMERA CON VISTA - Ennio, l’orecchio del cinema; STORIE A STRISCE - L’adolescenza vista dal fumetto; BLOW UP - Brescia Photo Festival; ARCHITETTURA PER L’ARTE - L’autobiografia di un luogo; GRANDI MOSTRE. 1 - Elmgreen & Dragset a Milano. Essere umani? Quasi un imbarazzo; GRANDI MOSTRE. 2 - Daido Moriyama e Shomei Tomatsu a Roma. Sguardi randagi su Tokyo; STUDI E RISCOPERTE. 1 - Toyen. La tela come sismografo dell’onirico; PAGINA NERA - Le colonie in riviera, c’è chi aspetta e c’è chi spera; GRANDI MOSTRE. 3 - GaudÍ a Parigi. Un outsider di successo; GRANDI MOSTRE. 4 - Grubicy de Dragon a Livorno. Devoto alle avanguardie; STUDI E RISCOPERTE. 2 - L’iconografia di Ruggero e Angelica. L’eroina e il suo salvatore; OGGETTO MISTERIOSO - Il cielo in una stanza; GRANDI MOSTRE. 5 - Giuseppe Bezzuoli a Firenze - Un distillato di Ottocento; GRANDI MOSTRE. 6 - Donatello a Firenze. Il terremoto all’alba del Rinascimento; GRANDI MOSTRE. 7 - Le culture megalitiche della Sardegna a Napoli. Figure di pietra; IN TENDENZA - Con Morbelli vince la terza età.