RITORNO A CASA‌
I RITRATTI DELLA MATURITÀ

Nell’ultimo decennio di attività la galleria ritrattistica di Moroni si fa sempre più intensa, realistica, introspettiva.

Il pittore, autoisolatosi nella natìa Albino e ormai lontano dai potenti circoli aristocratici e letterari di Bergamo, dipinge perlopiù personaggi della società locale. Nasce così una tipologia d’immagine più domestica e diretta, che vede l’effigiato dominare spazi anonimi fatti di fondi grigi e spogli, in cui i modelli seduti su una savonarola e illuminati da luce radente anticipano gli ambienti disadorni del Caravaggio.


I simboli di questa stagione sono alcuni dei massimi risultati della ritrattistica moderna: Il sarto ribalta secoli di gerarchie e schemi sociali secondo cui il ritratto doveva essere un onore riservato a regnanti, nobili, ecclesiastici di alto rango. Il suo sguardo penetrante e la verità con cui è concepito lo rendono l’opera manifesto del pittore.


L’anonimo effigiato (un sarto o, più probabilmente, un tagliapanni) colpisce per l’orgoglio con cui mostra il proprio lavoro borghese, offrendo il risultato allo spettatore. Il protagonista è bloccato con una pittura fluida e magra prima di tagliare con un paio di forbicioni appena slacciati dalla cintura su cui è apposto il gancio reggi cesoia una stoffa su cui ha fissato le linee guida con il gessetto. Si affianca a questa immagine, per ragioni stilistiche, il Gentiluomo con una lettera, più noto come L’avvocato; altezzoso, sfrontato, dagli occhi superbi, il protagonista deve il soprannome a un’errata interpretazione delle parole che si intravedono nella lettera stretta nella mano destra («Mag.o», interpretato come “magnifico” o “magistrato”). La figura è fissata con un taglio “fotografico” moderno che ne accentua l’imponenza espressiva, quasi minacciosa.

Ritratto di gentiluomo con una lettera (L’avvocato) (1570 circa); Londra, National Gallery.


Ritratto di gentiluomo con le due figlie (1572-1575 circa); Dublino, National Gallery of Ireland.


Ritratto della bambina di casa Redetti (1572 circa); Bergamo, Accademia Carrara.

L’ambiente locale in cui il pittore opera nell’ultimo decennio gli consente immagini più intime, come il Vedovo con due figlie di Dublino, in cui coglie i più minuti affetti familiari dettati dal rapporto di sguardi tra le due bambine e il gesto paterno di vigile protezione. Va collocata negli stessi anni la Bambina di casa Redetti, un ritratto infantile che cela una naturale irrequietezza spenta dalla noia delle pose estenuanti. Il taglio a mezzobusto, espediente tipico dell’estrema maturità per una maggior focalizzazione sulle espressioni dei personaggi, la apparenta all’intrigante Ritratto di gentildonna (1575 circa) di collezione privata, che spicca per la brillantezza cromatica e la fastosità dei dettagli del costume, come la preziosa gorgiera, la lavorazione damascata, la collana aurea che le cinge il collo.


Il Gentiluomo in pelliccia con cappello, recentemente riemerso sul mercato antiquariale, costituisce un ideale pendant che attrae magneticamente per la minuta perizia fisiognomica in grado di esaltare il carattere scaltro dell’anziano, oltre a porre in evidenza la finezza pittorica degli inserti in pelliccia.


Il contesto albinese vede Moroni impegnato quale autorità sociale nelle riunioni politico-civili, oltre che membro delle locali congregazioni religiose e gestore economico dei possedimenti di famiglia. Nel 1571 viene eletto console comunale, mentre nel 1573 assume la carica di ministro della Congregazione della misericordia, importante istituzione cittadina della quale diverrà presidente nel 1577.


Queste cariche gli favoriranno una serie di contatti con la classe dirigente seriana, e saranno occasioni di commissioni come i ritratti dei conti Spini, esponenti dell’aristocrazia locale dedita al commercio di panni. Lo status sociale della coppia è sottolineato dal taglio a figura intera, che permette al pittore di andare a ritroso attraverso la sua produzione degli anni Cinquanta e Sessanta; rispetto a quest’ultima si allontana dalle preziose decorazioni degli abiti, in favore di una severa sobrietà.


Ritratto di gentiluomo in pelliccia con cappello (1575 circa).

Il presunto ritratto di Gabriele Albani, tra i vertici della pittura moroniana, si impone sia per la veemente occupazione dello spazio, valorizzata dall’inconsueta presentazione frontale della figura, sia per la penetrante verità dello sguardo, accigliato e severo, puntato verso l’osservatore.


Alla durezza dell’espressione si contrappone la morbida consistenza della pelliccia di lince, che dalle spalle fluisce luminosissima fin sulle ginocchia.


Dal collo pende una massiccia catena d’oro con croce e leone alato, prestigiosa onoreficenza della Repubblica di Venezia.

Ritratto del maestro di scuola di Tiziano (1575 circa); Washington, National Gallery of Art.


Ritratto di vecchio seduto (Pietro Spino?) (1575-1579 circa); Bergamo, Accademia Carrara.

L’opera che con tutta probabilità immortala il nobile Gabriele Albani (e non il più celebre cardinale Gian Gerolamo, come a lungo si è creduto), costituisce uno dei vertici della produzione moroniana.


Il dipinto vanta una lunga fortuna critica legata al noto episodio secondo cui, riabilitato dall’esilio per la faida Brembati-Albani, il porporato avrebbe richiesto a Tiziano di eseguire il proprio ritratto. Il maestro veneziano, per tutta risposta, gli consigliò di rivolgersi a Moroni, riconoscendo la grande abilità del bergamasco in questo specifico genere.


Alcuni dettagli, come il collare dell’ordine aurato di San Marco e il caratteristico lipoma che adorna la fronte del gentiluomo assente nell’immagine marmorea del cardinale sulla sua tomba in Santa Maria del Popolo a Roma hanno recentemente indirizzato verso il riconoscimento del protagonista in Gabriele Albani, risolvendo una delle questioni più controverse sull’identità degli effigiati moroniani.


Il taglio moderno di personaggi seduti, messi in posa a contrasto di muri lividi e distolti dalla lettura di volumetti di cui tengono il segno con un dito, caratterizza alcune delle ultime prove pittoriche dell’artista. Gli esiti migliori sono il cosiddetto Maestro di scuola di Tiziano, un sacerdote con tricorno privo di qualsiasi orpello decorativo ma intriso di autorevolezza e moralità, e il Ritratto di vecchio seduto, forse identificabile con lo storico albinese Pietro Spino. Questo dipinto può essere considerato un vero e proprio testamento spirituale della maturità raggiunta dal Moroni ritrattista: un capolavoro che nell’indimenticabile sguardo severo e diretto rappresenta un’espressione efficace di tutti i valori di un uomo della Controriforma.

GIOVAN BATTISTA MORONI
GIOVAN BATTISTA MORONI
Luca Brignoli, Enrico De Pascale
Giovan Battista Moroni si forma a Brescia nella bottega del Moretto e inizialmente non si discosta troppo dalla tradizione pittorica devozionale tipica della Lombardia del XVI secolo. Nella seconda metà del Cinquecento si afferma soprattutto come ritrattista della borghesia emergente della sua città, e non solo. Caratterizzano questa sua produzione la naturalezza, la semplicità, la dignità con cui colloca i suoi soggetti nel clima operoso in cui vivevano. Si tratta di personaggi non necessariamente di alto lignaggio, ma di sarti, maestri, magistrati locali. La sua pittura sobria, costruita sui contrasti di pochi colori, sui chiari e gli scuri, prepara in qualche modo il retroterra lombardo di Caravaggio.