PLACES FOR PEOPLE

La formazione culturale e professionale di Renzo Piano.

La formazione culturale e professionale di Renzo Piano, e in seguito il dispiegarsi della sua carriera di progettista, è ancorata all’esperienza di alcune città: Genova, dove è nato e ha continuato a vivere; Milano, dove ha studiato al Politecnico e ha incontrato i primi maestri; Parigi, dove è approdato per costruire il Beaubourg e da cui non se ne è poi più andato. E poi New York, Londra, Berlino, Chicago, Los Angeles, Atene e molte altre. Da ognuna di queste ha preso, e in ognuna ha depositato, sotto forma di edifici, una parte delle precedenti esperienze. Tuttavia, nella differenza di forme immaginate e di materiali impiegati, alcuni caratteri metodologici legano i molti edifici progettati dal Renzo Piano Building Workshop; aspetti che aiutano a spiegare il peso determinante che il contesto urbano e il disegno dello spazio pubblico hanno nelle sue architetture.


Anzitutto ciò che Piano definisce «l’ascolto del luogo», cioè l’idea che l’edificio non debba planare come un corpo estraneo nell’intorno urbano, che non debba imporre la sua presenza chiassosa e spettacolare, che non debba stravolgere le trame sociali che la città ha nel tempo protetto e alimentato. Al contrario, il concept progettuale le prime idee abbozzate sotto forma di schizzi deve emergere dalle sensazioni che l’architetto percepisce visitando più volte il sito dove sorgerà l’edificio, come se i caratteri della nuova architettura dovessero essere implicitamente suggerite dal genius loci lo spirito che, nella tradizione latina, abita e imprime il suo carattere a un luogo. Il compito dell’architetto è dunque progettare un edificio che, sì, assolva rigorosamente alle sue funzioni, e che sia correttamente e solidamente costruito, ma il cui fine ultimo sia quello di alimentare il carattere urbano della porzione di città in cui si inserisce, riannodando lembi sfrangiati, ricucendo trame di percorsi pedonali, e aprendo spazi per la sosta e per l’incontro.

Renzo Piano, schizzo di progetto per la riqualificazione del Porto antico a Genova (1986).


RPBW, recupero del Porto antico (1985-1992); Genova. A sinistra si scorge la Biosfera, vicino all’Acquario, e a destra l’ascensore panoramico detto Bigo.

Genova. Recupero del Porto antico

Genova per prima ha alimentato questa consapevolezza, la città in cui Renzo Piano è nato nel 1937 e ha trascorso gli anni fondamentali dell’infanzia e della giovinezza, e in particolare l’esperienza del suo Porto antico, che egli ricorda come «magico» e che «è rimasto imprigionato nel mio modo di sentire fin dall’infanzia». Questa stretta lingua di terra compresa tra il centro storico alle spalle e il mare di fronte, animata dal carico e dallo scarico delle navi, e dallo sciamare dei marinai e dei camalli, impresse nel giovane Piano il marchio indelebile di una città intesa come spazio di comunicazione e di scambio, che, lontana dalle logiche di stringente conservazione, trae la sua essenza dalla capacità di incentivare la carica umana che la percorre.

Piano ha cercato di ritrovare questo spirito quando, nel 1985, il suo ufficio fu incaricato del progetto di recupero del Porto antico (1985-1992) in vista delle Celebrazioni colombiane in occasione dei cinquecento anni dalla scoperta dell’America che si sono tenute a Genova nel 1992.

Da tempo il Porto antico non era più il cuore pulsante della città. La costruzione, negli anni Sessanta, della strada sopraelevata fronte mare e il progressivo spostamento delle attività portuali verso ponente avevano trasformato quest’area nodale in una terra di nessuno, una zona recintata e inaccessibile che rendeva impossibile la secolare discesa a mare dei genovesi dal centro storico. L’obiettivo del progetto era dunque riannodare la città al Porto antico, attraverso una serie di scelte e di opere prolungate nel tempo, ben al di là delle Celebrazioni colombiane. Furono abbattute le recinzioni che delimitavano la vecchia area portuale, e operato un parziale interramento della strada di scorrimento antistante, realizzando un fondamentale passaggio pedonale in corrispondenza del palazzo San Giorgio. In tal modo i genovesi, scendendo dalla cattedrale di San Lorenzo, avrebbero potuto di nuovo raggiungere l’arco del porto e il mare. L’interramento parziale della strada permise di aprire una nuova piazza - piazza Caricamento, perché qui avveniva anticamente il carico e lo scarico delle navi, cerniera di raccordo tra il centro storico e Porto antico, e luogo di incontro aperto alle nuove funzioni che i vecchi magazzini andavano a ospitare. Furono infatti demoliti solo alcuni fabbricati fatiscenti, mentre vennero attentamente recuperati i quattro magazzini doganali, il Millo e i magazzini del cotone lungo i moli. Qui Piano ha applicato una strategia progettuale che ricorrerà anche nelle altre occasioni in cui ha dovuto fronteggiare il recupero per nuove funzioni di altri manufatti industriali: conservare cioè minuziosamente i paramenti murari esterni, concedendosi invece più ampi margini di libertà negli interni.

Anche se non presentano un particolare valore artistico, le quinte murarie di questi imponenti magazzini materializzano infatti la memoria storica che i genovesi hanno del Porto antico. Demolirli per sostituirli con nuovi edifici ancorché moderni e spettacolari avrebbe alterato l’“immagine” che questo luogo ha conservato per secoli. Si è scelto, al contrario, di restaurare gli involucri murari dei magazzini, insufflando nuova vita all’interno (con modifiche spaziali e strutturali anche importanti) sotto forma di locali commerciali, bar, ristoranti, librerie per animare la nuova piazza e il fronte mare, arredato con nuove sedute e una serie di bandiere al vento (Columbus Wind) dello scultore giapponese Sumusu Shingu. Sono state aggiunte invece una tensostruttura per ottenere uno spazio polifunzionale coperto, e il grande Bigo dal nome delle gru usate nel porto, imponenti bracci di acciaio che si librano a raggiera da una base incernierata a pelo del mare per sostenere un ascensore panoramico simbolo delle Celebrazioni colombiane e landmark del nuovo Porto antico. Completano l’intervento la costruzione del celebre Acquario e, in occasione della designazione di Genova come sede del G8 nel 2001, la Biosfera: la bolla in acciaio e vetro che ospita una raffinata collezione di felci.


Attraverso un paziente lavoro di abbattimento di barriere, di ricucitura dei percorsi, di conservazione e adattamento di edifici preesistenti e di nuove costruzioni, un’importante area di Genova è stata dunque restituita ai suoi abitanti.


RPBW, recupero del Porto antico (1985-1992); Genova. Piazza delle Feste è uno spazio coperto che si contraddistingue per la sua particolare versatilità.

RPBW, recupero del Porto antico (1985-1992); Genova. L’Acquario di Genova a Ponte Spinola. Visitato da milioni di visitatori si colloca tra le principali attrazioni culturali italiane. Sullo sfondo una parte del cuore del centro storico di Genova.


Il legame di Renzo Piano con il centro storico di Genova è testimoniato dalla collocazione per tutti gli anni Ottanta della sede del suo studio nella centralissima piazza San Matteo, a pochi passi dal Palazzo ducale e dalla cattedrale di San Lorenzo.

Berlino. Ricostruzione dell’area di Potsdamer Platz

Quello appena illustrato è un modo di interpretare il progetto d’architettura e il progetto urbano che, negli stessi anni, il Renzo Piano Building Workshop, vincitore del concorso internazionale, è stato chiamato ad applicare anche nell’area di Potsdamer Platz a Berlino (1992-2000). Ma se a Genova la parte di città c’era già, e andava “solo” ricomposta, a Berlino c’era ricostruire da zero un intero quartiere.


Della Potsdamer Platz fulcro della vita culturale della città durante gli anni Venti del Novecento non rimaneva niente, una desolata tabula rasa sgombrata dalle macerie della seconda guerra mondiale e attraversata dal filo spinato e dal muro che per lunghi decenni ha diviso Berlino Est da Berlino Ovest. Il sito di progetto era tuttavia estremamente stimolante, in prossimità del Kulturforum con la Neuenationalgalerie di Mies van der Rohe e la Philarmonie e Neue Staatsbibliothek di Hans Scharoun.


Il progetto urbanistico proposto da Renzo Piano prevedeva di ricostruire, per quanto possibile, la trama di strade e di piazze della vecchia Potsdamer Platz, rinnovando invece radicalmente l’architettura dei nuovi edifici che avrebbero animato questa parte di città, includendo la più ampia varietà di funzioni: dalle residenze ai negozi, dai cinema e teatri agli uffici.



l’Atrium Tower, edificio utilizzato per ospitare uffici, costruito dalla Daimler-Benz tra il 1993 e il 1997 su progetto di RPBW come quartier generale.


Potsdamer Platz

Alla vegetazione e alle superfici d’acqua è stato affidato il compito di ricucire il quartiere al contesto urbano: le stesse specie arboree presenti nel vicino Tiergarten bordano i nuovi viali, mentre dal Landwehrkanal, che fiancheggia il sito di progetto, è stato scavato un bacino di forma triangolare, e un canale che borda la nuova Marlene Dietrich Platz, il cuore pulsante del quartiere.


All’attento lavoro di lettura e ricucitura urbana si è affiancata la progettazione architettonica dei nuovi edifici. A Renzo Piano si devono la sede della Daimler-Benz e il poderoso edificio triangolare del teatro e del casinò che definisce la Marlene Dietrich Platz. Gli altri edifici del quartiere sono stati affidati a Hans Kollhoof, Lauber + Wöhr, Rafael Moneo, Richard Rogers e Arata Isozaki che hanno espresso le personali ricerche progettuali e linguaggi figurativi all’interno del rigido palinsesto di misure e materiali di rivestimento (per esempio, terracotta e laterizio) stabiliti dal masterplan di Piano. Si è cercato in tal modo di ottenere quella variazione all’interno di una tradizione costruttiva consolidata che è tipica della lenta stratificazione della città europea, e che invece nell’area di Potsdamer Platz andava ricreata in pochi anni.


Il bagaglio di esperienza acquisito nella riconfigurazione del Porto antico di Genova e nella ricostruzione dell’area di Potsdamer Platz a Berlino si rivelerà determinante per Renzo Piano. Le ricerche fatte per questi due progetti a cavallo degli anni Ottanta e Novanta, mentre il suo studio era in forte crescita e proiettato alla fama internazionale, sostanzieranno infatti molti dei grandi progetti urbani dei decenni successivi, tra cui la costruzione del Centro culturale della Fondazione Stavros Niarchos ad Atene (2008-2016) e il nuovo City Gate e sede del Parlamento a La Valletta (2009-2015).

Atene. Stavros Niarchos Foundation Cultural Centre

Come spesso accade nelle città che traggono dal mare la propria ricchezza, anche ad Atene, come a Genova, la primigenia connessione tra la città e l’acqua era andata perduta. Ciò era particolarmente evidente nel sobborgo di Kallithéa, dove si apre il Falero, il più antico porto di Atene, antecedente alla fortificazione del Pireo da parte di Temistocle (V secolo a.C.). In quest’area di grande valore storico e paesaggistico lo Stavros Niarchos Foundation Cultural Centre voleva recuperare un sito abbandonato dopo le Olimpiadi del 2004, da destinare alla costruzione di un teatro dell’Opera e della nuova sede della Biblioteca nazionale.


In uno dei primi sopralluoghi Renzo Piano con Giorgio Bianchi, partner dell’ufficio incaricato del progetto, avevano constatato come, nonostante l’abbandono dell’area, fossero ancora percepibili i legami con il mare e la parte storica di Atene. È stato sufficiente salire in cima a un edificio vicino per scoprire una magnifica vista verso la baia del Falero e, alle spalle, verso l’Acropoli.

Oltre alle nuove funzioni andava dunque restaurata la connessione fisica e percettiva tra la terra e il mare, e tra le nuove addizioni e la città. Renzo Piano ha riassunto il progetto in un gesto topografico: sollevare idealmente un lembo di terreno per disegnare un parco inclinato, sotto cui disporre le molte funzioni richieste dallo Stavros Niarchos Foundation Cultural Centre, e dalla sommità del quale fosse riguadagnata la vista verso il mare e l’Acropoli.


Il nuovo parco pubblico di centosettantamila metri quadri non richiesto ma rapidamente accettato con entusiasmo dalla committenza, punteggiato da millecinquecento alberi e arbusti della macchia mediterranea, è il nodo strategico del progetto. Percorrendone gradualmente i cinquecento metri di lunghezza si giunge a un’altezza di trentadue metri, sospesi fra il mare e il cielo, immersi fra i profumi della salvia, dell’alloro, del mandorlo, del melograno, del rosmarino, all’ombra di ulivi e cipressi. L’intento di riannodare la terra al mare ha condotto anche alla seconda azione topografica del progetto: l’incisione di un canale lungo trenta metri, che penetra all’interno nel sito.

RPBW, Stavros Niarchos Foundation Cultural Centre (2008-2016); Atene. Vista aerea del centro all’interno di un grande parco urbano di 170.000 m2 che comprende la Biblioteca nazionale greca e l’Opera nazionale greca.

sala di lettura, dalle pareti interamente in vetro, si trova alla sommit  dell’edificio.

La sala di lettura si trova direttamente al di sotto dell’Energy Canopy, un tetto sulla cui struttura è installato un sistema di pannelli fotovoltaici in grado di generare l’energia sufficiente per il centro durante l’orario di apertura.


Al di sotto del parco e a fianco del canale Piano ha aperto anche una nuova piazza, chiamata “agorà”, che è il cuore pulsante dell’intervento. Da questa piazza pubblica, di quaranta metri di lato, si aprono gli ingressi al teatro dell’Opera e alla Biblioteca nazionale tramite vetrate strutturali alte ventiquattro metri. In sommità al parco si libra, a diciassette metri di altezza, una copertura in ferrocemento di cento metri quadri, sorretta da esili colonne e controventi in acciaio, sulla quale poggia una estesa superfice di pannelli solari. Questo Energy Canopy è ricoperto con cinquemilacinquecentosessanta pannelli fotovoltaici, sufficienti a generare duemiladuecentottanta kilowattora di produzione annua di energia elettrica. Questa e altre soluzioni innovative in termini di sostenibilità ambientale hanno permesso allo Stavros Niarchos Foundation Cultural Centre di avere la certificazione Platinum, il rating più elevato previsto dal LEED, la più autorevole certificazione energetica nel settore delle costruzioni.


RPBW, Stavros Niarchos Foundation Cultural Centre (2008-2016); Atene.

La Valletta. Valletta City Gate

Anche nel centro storico della Valletta, a Malta, Renzo Piano ha interpretato il progetto della nuova sede del Parlamento e il recupero della prospiciente Opera House come un’occasione per proporre un più vasto progetto urbano che riconfigurasse l’accesso al centro storico dai borghi ottocenteschi, e la creazione di una nuova piazza pedonale al posto di un parcheggio.


La prima operazione è stata quella di riportare alla dimensione e proporzioni originarie il ponte d’ingresso al centro storico della Valletta, così come progettato da Tommaso Dingli nel 1633. In prossimità di questo attraversamento sono state poi costruite due scalinate che fiancheggiano una nuova porta urbica, modellata in possenti blocchi di pietra, tagliati e affiancati da lame in acciaio che definiscono nettamente i confini tra esistente e nuovo. Di fronte alla porta, dove prima c’era un parcheggio per autovetture, Piano ha ricavato una nuova piazza che funge da cerniera tra il centro storico e la città ottocentesca, e si apre di fronte al Parlamento e a fianco dell’Opera House.


Come a Berlino l’impiego del laterizio e della terracotta rilegavano visivamente gli edifici del nuovo quartiere, a Malta è la pietra locale la vera protagonista dei molteplici interventi promossi dal Renzo Piano Building Workshop. Nella vicina isola di Gozo è stata riaperta una cava appositamente per fornire questa pietra calcarea di colore giallo, tipica di moltissimi edifici a Malta, e che caratterizza tutto l’intervento. E se la porta urbica ne richiede un uso forte, pesante e potente, il Parlamento ne presenta una più vibrante interpretazione.

RPBW, la nuova aula del Parlamento maltese (2009-2015); La Valletta.


RPBW, il recupero dell’Opera House (2009-2015); La Valletta.

L’edificio è composto da due volumi massicci di pietra che sembra erosa dal sole, sorretti da colonne di acciaio arretrate rispetto alla facciata, così da sollevare idealmente l’edificio in aria. Le facciate sono composte da pannelli di pietra forati con una precisa geometria di aperture effettuata con macchine a controllo numerico, a ottenere come un tappetto litico che filtra le radiazioni solari e assicura una controllata illuminazione naturale degli spazi interni. Infine, a fianco del Parlamento, una nuova struttura metallica è appoggiata sulle rovine della Royal Opera House, distrutta nel 1942 durante i bombardamenti che flagellarono l’isola.


Ancora una volta, al posto di demolire e ricostruire, Piano dimostra la sua sensibilità verso il recupero “leggero” e l’integrazione di ciò che preesiste nel luogo e che è dunque depositario della memoria storica della città sovrapponendo ciò che è necessario ad assolvere le nuove funzioni richieste. La sovrastruttura in acciaio sorregge le gradinate in legno, i corpi illuminanti e i pannelli di rifrazione acustica, fornendo alla città un teatro all’aria aperta dalla capienza di mille spettatori, che quando non viene utilizzato per spettacoli funziona come una seconda piazza pubblica, offrendo una magnifica vista sull’Auberge de Castille.

RENZO PIANO & RPBW
RENZO PIANO & RPBW
Lorenzo Ciccarelli