XXI secolo. 2
Hans Ruedi Giger

VISIONI 
da incubo

I dipinti surrealisti di Hans Ruedi Giger sono immagini di un mondo spaventoso, affidato a un'estetica assai sofisticata. Ma cosa c'è dietro quest'apparenza spettacolare? Chi sono gli inquietanti abitanti di questo mondo?

Damiano Fantuz

«Ammiro la sua purezza: un superstite non offuscato da coscienza, rimorsi o illusioni di moralità». Sono le parole che pronuncia l’androide Ash (Ian Holm) riferendosi all’alieno nel film Alien, del 1979. Classico tra i classici nel cinema di fantascienza, Alien deve la sua fama non solo a un grande regista come Ridley Scott, ai suoi collaboratori e agli attori, ma soprattutto alla creatura diabolica attorno alla quale gira tutto il lungometraggio e che ne dà il titolo. L’alieno è un essere dai tratti tanto terrificanti quanto inspiegabilmente eleganti. Senza di lui, potremmo esporci dicendo che Alien non sarebbe ancora oggi un film che gode di tanta considerazione, e che forse non sarebbero stati realizzati tanti sequel (al momento, ben sette). Ma come nasce questo essere(1)?

Quando il film era ancora in via di sviluppo, a Ridley Scott venne recapitato un libro d’illustrazioni(2) di un artista surrealista svizzero, tale Hans Ruedi Giger. I suoi dipinti erano delle visioni di un mondo infernale e orrorifico, in cui uomini e macchine si fondono in esseri inquietanti. L’attenzione di Scott venne rapita da un’opera dal titolo Necronom IV, che raffigurava una creatura spaventosa dalla testa oblunga. Il regista aveva scelto: quell’essere sarebbe diventato il suo alieno. Sarebbero stati necessari solo un paio di piccoli accorgimenti, come la privazione degli occhi e l’aggiunta della caratteristica seconda bocca.

Ma chi era Hans Ruedi Giger(3)? Noto ai più come H. R. Giger, era nato a Coira, nella Svizzera orientale, nel 1940. Figlio di un farmacista, fin da bambino era affascinato dalla morte. A sei anni portava a spasso un teschio umano, posseduto dal padre per scopi medici, trascinandolo legato con una corda e rimase profondamente colpito dalle mummie egizie del museo cittadino. Il genitore non vide mai di buon occhio lo spirito artistico del figlio e gli impose di seguire studi più professionalizzanti; Hans Ruedi divenne così un designer d’interni, professione che non eserciterà mai per davvero ma che sarà fondamentale per lo sviluppo del suo senso estetico e dell’apparenza “industriale” delle sue opere. Lungo il corso della sua vita Giger sarà sovente tormentato dagli incubi, che andrà poi a riportare nei suoi lavori. L’arte era per lui un mezzo per tirare fuori le paure, concretizzarle e superarle.

Un mondo decadente dove il sole non splende mai, dove la natura è distorta da un'imposta simbiosi con le macchine in uno strano senso di armonia


È dunque da qui che nascono le visioni dell’artista, realizzate in gran parte negli anni Settanta con l’aerografo, in grado di spruzzare il colore a distanza tramite aria compressa. Attraverso questo peculiare strumento l’artista apre una serie di finestre su un mondo fatto di incubi e allegorie, abitato dall’alieno di Alien e da altri esseri compositi e bizzarri che possono sicuramente rimandare al genio visionario di Hieronymus Bosch. Un mondo decadente dove il sole non splende mai, dove la natura è distorta da un’imposta simbiosi con le macchine in uno strano senso di armonia, dove nascita e morte procedono a braccetto in un viscerale istinto erotico. Quella che potrebbe però apparire una mera estremizzazione estetica, tanto meticolosa quanto vuota, nasconde in realtà un ritratto inquietante e accurato dell’umanità del XX secolo(4). Il paesaggio è straziato, l’ecosistema è distrutto, sottomesso dagli esseri biomeccanici che lo abitano. La biomeccanica è infatti uno dei tratti più riconoscibili delle opere di Giger, e in questi esseri in parte macchine e in parte umani non è difficile leggere la profezia di una tecnologia che sovrasta la natura; gli esseri viventi sono diventati parte di quell’ambiente che hanno contaminato. Il secolo scorso è stato anche quello della rivoluzione sessuale: riferimenti al sesso più o meno espliciti sono presenti in ogni opera, le figure femminili hanno forme marcatamente sensuali, come se l’erotismo in quel mondo fosse l’unica reale fonte di piacere. Ma il XX secolo è anche quello della violenza, delle guerre mondiali e dei genocidi, e i biomeccanoidi hanno spesso parti del corpo fuse con vere e proprie armi, sia da taglio che da fuoco. Nemmeno i bambini sono risparmiati dalla smania omicida: i loro volti sono cagionevoli e sovente anche loro recano dei fucili al posto delle braccia. Per Giger i bambini non sono un simbolo di innocenza ma sono, al pari degli altri esseri umani, potenziali portatori di piaghe e morte. Una delle opere più famose e d’impatto dell’artista svizzero è la Macchina riproduttiva: realizzata in più versioni nel corso degli anni (la prima risale agli anni Sessanta) consiste nella sezione di una pistola, dentro la quale i proiettili sono in realtà dei bambini. L’arma è pronta a sparare, il primo colpo è in canna, nella frenesia di dover mettere al mondo delle nuove creature. Ognuno dei bambini è in possesso di una piccola pistola, carica di altrettanti minuscoli bambini-proiettile che al momento opportuno farà esplodere a sua volta. La critica alla sovrappopolazione è tagliente.



Cateratta (1977).

Hans Ruedi Giger, ritratto nel 1992 con una sua opera sullo sfondo.

L’ALIENO È UN ESSERE DAI TRATTI
TANTO TERRIFICANTI QUANTO
INSPIEGABILMENTE ELEGANTI


Proprio come l’alieno, tutti questi biomeccanoidi sono veramente dei «superstiti non offuscati da coscienza, rimorsi o illusioni di moralità». E questi superstiti, nuovi alieni passati attraverso il trauma del XX secolo, non sono altro che la proiezione di questo nuovo essere umano.

È facile immaginare come, per l’estetica scioccante della sua arte, Giger sia rimasto per molto tempo nell’ombra. Ma la sua vita non è stata avara di riconoscimenti: è diventato una figura di culto per le subculture dark, dei tatuatori e dei motociclisti; attraverso Alien, che gli è valso il premio Oscar per gli effetti speciali, la sua estetica è diventata un modello di riferimento della fantascienza e si è guadagnato l’ammirazione di tanti artisti e personalità, tra le quali spicca quella di Salvador Dalí. Nel 1998 a Gruyères, in Svizzera, Giger ha inaugurato il suo personale museo, l’HR Giger Museum, dove sono raccolte gran parte delle sue opere e dove è possibile avere un assaggio del suo mondo spaventoso e seducente.

Hans Ruedi Giger è morto il 12 maggio 2014 nella sua casa di Zurigo, in quello che sembra essere stato un banale incidente domestico. La sua eredità tuttavia rimane grande. Così di lui disse il regista Oliver Stone: «Non conosco nessun altro che sia riuscito a ritrarre con tanta precisione l’anima dell’umanità moderna. Tra tante decadi, quando si parlerà del XX secolo, si penserà a Giger».

Busto femminile (2009), Coira, Museo d’arte dei Grigioni.


Un’altra immagine della Macchina riproduttiva (1999), particolare, Gruyères, HR Giger Museum.

ART E DOSSIER N. 391
ART E DOSSIER N. 391
OTTOBRE 2021
In questo numero: INCONTRI RAVVICINATI: Gli eleganti alieni di Giger. Visitatori da altri mondi nell'arte medievale. MUSEI RITROVATI: L'archeologico di Cividate Camuno. La casa di Ensor a Ostenda. IN MOSTRA:Cattelan a Milano; La collezione Rota a Lucca; Soutine e De Kooning a Parigi; Il ritratto ad Amsterdam; Venere a Mantova.Direttore: Claudio Pescio