XXI secolo. 1
Mary Ellen Mark

LIBERA DI NON 
GIUDICARE

Mary Ellen Mark. The book of everything, la recente pubblicazione dedicata alla carriera e alla vita della fotografa americana, scomparsa pochi anni fa, ci ha dato lo spunto per scoprire la poetica della sua sfaccettata narrazione visiva, ispirata dal cinema e da autori umanisti come Irving Penn. Ne abbiamo parlato con il marito Martin Bell, curatore del volume.

Francesca Orsi

Recentemente è stata pubblicata da Steidl una corposa e intensa opera omnia di Mary Ellen Mark (Filadelfia, 20 marzo 1940 - New York, 25 maggio 2015), che dagli anni Sessanta ha fatto della fotografia la sua vita. Il titolo del libro si rende già manifesto della sua struttura narrativa, Mary Ellen Mark. The Book of Everything, una carrellata temporale (dagli anni Sessanta fino al primo decennio del Duemila) di molte immagini che Mark ha prodotto nella sua attività professionale. Il volume non è tanto una raccolta di singoli lavori, ma un dialogo poetico e umanamente emozionante di immagini o gruppi di immagini che il marito, Martin Bell, ha “intessuto” sapientemente, trasmettendo appieno il trasporto intimo e privato di un’artista che ha fatto del carattere sociale della fotografia la sua missione.

Cos’era la fotografia per Mary Ellen Mark? Come ci si avvicinò e qual era la sua urgenza nel fotografare?
Mary Ellen diceva: «Non ho trovato io la fotografia, la fotografia ha trovato me». Il suo lavoro era la sua vita e la sua vita l’ha vissuta interamente. In un’intervista alla televisione nazionale svedese ha detto: «Non ho avuto una vita domestica o un’infanzia delle più felici, questo mi ha dato un sentimento di giustizia ed empatia per le persone più sfortunate. Per me era importante essere libera, vagare per il mondo e non avere una famiglia. Non ho figli. Se non vieni da una situazione familiare felice forse non vuoi legarti. Ho sempre voluto essere completamente libera. Ricordo che anche all’età di sette, otto anni, tornando a casa dalle elementari, pensavo: “Quando me ne andrò da qui? Devo essere libera”. Quindi, la libertà è sempre stata un pensiero e un progetto importante per me».

LE IMMAGINI COMUNICANO TRA LORO
TRAMITE ANALOGIE E OPPOSIZIONI FIGURATIVE
MA ANCHE IDEOLOGICHE


Il libro è stato editato con una struttura narrativa cronologica, secondo un racconto corale che non dà importanza al singolo lavoro, ma alle singole immagini o gruppi di immagini. Esse comunicano tra loro tramite analogie e opposizioni, figurative ma anche ideologiche. Come ha proceduto nel creare questo emozionante flusso fotografico?
Ho pensato di fare questo libro dopo la morte di Mary Ellen, il 25 maggio 2015, causata dalla sindrome mielodisplastica (MDS), un cancro del sangue. Volevo dare un’idea della vita straordinaria e appassionata che aveva vissuto realizzando queste immagini. È un libro che raccoglie tutto, dai primi anni Sessanta al 2015. La struttura cronologica di The Book of Everything sembrava il modo più efficace per viaggiare insieme a Mary Ellen mentre faceva queste immagini: sul set di un film di Fellini negli studi di Cinecittà; per Ward 81, un reparto femminile di isolamento dell’Istituto mentale a Salem, Oregon; per Falkland Road in India con le giovani prostitute; per Pike Street con gli adolescenti scappati di casa a Seattle; per una parata a New York o a Oaxaca in Messico. Un diario visivo delle esperienze della sua vita, una documentazione umana compassionevole, senza giudizio.


Amanda and Her Cousin Amy (Valdese, Carolina del Nord 1990).

Il cinema è stato molto importante per la produzione di Mary Ellen Mark, non solo come fotografa di scena, ma anche per trovare un suo stile fotografico che è anche molto cinematografico. Ce ne può parlare?
Da bambina Mary Ellen fu commossa da una sceneggiatura illustrata, The Forgotten Village, scritta da John Steinbeck, pubblicata nel 1941. Ha fotografato due film di Federico Fellini: Fellini Satyricon nel 1969 e Roma nel 1972. È stata ispirata nel guardare questo grande uomo mentre creava i suoi film. Lavorare sul set di film realizzati da Federico Fellini, Luis Buñuel, François Truffaut, Francis Ford Coppola e Miloš Forman le ha dato un’idea dei loro poteri narrativi. E penso che abbia portato alcuni di questi elementi narrativi nel suo lavoro.

Lei stesso è un regista. Come i vostri lavori si sono accompagnati nel tempo?
Ci siamo incontrati sul set del film Ragtime di Miloš Forman allo Shepperton Studios di Londra nel 1980. Fin dall’inizio, abbiamo parlato di fare film insieme. Nel 1983 la rivista “Life” commissionò a Mary Ellen una storia di bambini che vivevano per le strade del centro di Seattle. Quando Mary Ellen incontrò i bambini - Tiny, Rat, Patti e Munckin, Lulu, Patrice e Shadow - sapeva che il loro mondo avrebbe dato forza a un film. Più tardi quello stesso anno, tornammo a Seattle per girare Streetwise. Questa è stata la nostra prima collaborazione. Mary Ellen ha fotografato uno dei personaggi del film, Tiny, per oltre trent’anni e ha pubblicato un libro di questo lavoro, Tiny: Streetwise Revisited, nel 2015. Abbiamo fatto diversi film insieme nel corso degli anni: The Amazing Plastic Lady, la vita di una ragazza nel circo indiano; Alexander, la vita di un giovane ragazzo disabile in Islanda; Twins e Prom qui negli Stati Uniti.

SI AVVERTE FORTE E CHIARA LA TENSIONE
CHE AVEVA NEL RITRARRE I CORPI DELLE PERSONE
COME SIMULACRI DI UN SENTIMENTO


Oltre al cinema, cosa ha ispirato ulteriormente lo stile di sua moglie?
Il lavoro di grandi fotografi umanisti, tra cui Irving Penn.

Si avverte forte e chiara la tensione che aveva nel ritrarre i corpi delle persone come simulacri di un sentimento, il sentimento umano colto nelle sue infinite sfaccettature. Se dovesse definire con un aggettivo questo sentimento che si configura come fil rouge di tutta la sua produzione, quale sarebbe?
Mai giudicante.

Perché, a volte, compare il ritratto della sua mano, come a punteggiare la narrazione?
Nel preparare The Book of Everything, ho guardato migliaia di provini a contatto di Mary Ellen, ci sono almeno novanta fotogrammi delle sue mani. Ho notato che per tutta la vita le ha fotografate. Per me questi fotogrammi segnano il passare del tempo. Sonya Dyakova, la “book designer” del libro, ha selezionato alcune di queste immagini e le ha inserite cronologicamente. Trovo la loro presenza molto commovente.


Federico Fellini with a Bullhorn During the Shooting of Fellini Satyricon (Roma 1969).

Laurie in the Bathtub of Ward 81, Oregon State Hospital (Salem, Oregon 1976).

Come riusciva a ritrarre con la stessa intensità e veridicità rappresentativa Catherine Deneuve in Mississippi Mermaid di François Truffaut e la brutalità del corpo già adulto di una bambina della Carolina del Nord che, nel 1990, si fa fotografare dentro a una piscina, insieme alla sorella, con in mano una sigaretta accesa?
All’inizio del 2020, quando l’editore, Gerhard Steidl, ha inviato le prime prove del libro allo studio di New York, ho iniziato a girare le pagine di questa bellissima opera. All’inizio del primo volume, rimasi di sasso sulle immagini dei concorrenti del concorso Miss America Teenager, scattate nel 1968. Sono rimasto colpito dal modo in cui queste giovani donne stavano guardando direttamente l’allora ventottenne Mary Ellen. Mi sono reso conto che era lo stesso modo con cui, per tutta la sua vita, le persone hanno reagito all’atto di Mary Ellen di fotografarli. Con poche parole - a volte nessuna - aveva una presenza silenziosa e intensa, a cui era difficile resistere. Dall’inizio alla fine, dai ricchi e famosi alle persone comuni di tutto il mondo, si nota che è stata stabilita la stessa connessione diretta. È stato un grande regalo.

A conclusione del libro scrive che probabilmente sua moglie non lo avrebbe mai fatto. Perché?
Mary Ellen raramente guardava indietro. Non c’è mai stato abbastanza tempo per riflettere su ciò che era stato, pensava solo a cosa ci sarebbe stato dopo. C’era un elenco di progetti costantemente aggiornato. Anche con tutta la sua voglia di andare avanti, nessuno è stato lasciato indietro. Nessun individuo, nessuna relazione, nemmeno gli animali domestici sono mai stati dimenticati. Tutti divennero parte del tessuto della sua vita, e di conseguenza della nostra.

Come viene gestita attualmente l’eredità fotografica di Mary Ellen Mark?
Meredith Lue è responsabile dell’archivio da vent’anni e Julia Bezgin responsabile dello studio da dodici. Senza di loro questo libro non esisterebbe. L’eredità di Mary Ellen ci tiene ancora molto occupati a lavorare su libri, film, mostre e ora sulla costruzione di un nuovo sito web.

ART E DOSSIER N. 391
ART E DOSSIER N. 391
OTTOBRE 2021
In questo numero: INCONTRI RAVVICINATI: Gli eleganti alieni di Giger. Visitatori da altri mondi nell'arte medievale. MUSEI RITROVATI: L'archeologico di Cividate Camuno. La casa di Ensor a Ostenda. IN MOSTRA:Cattelan a Milano; La collezione Rota a Lucca; Soutine e De Kooning a Parigi; Il ritratto ad Amsterdam; Venere a Mantova.Direttore: Claudio Pescio