INCERTEZZE E IPOTESI
SULLA COLLOCAZIONE ORIGINALE 

Ogni congettura sulla collocazione della Pietà nel santuario a pianta circolare di Santa Petronilla è destinata a rimanere tale, poiché la Rotonda venne demolita prima del 152096 e le fonti risultano nebulose, restituendo informazioni contraddittorie. L’attuale sistemazione all’interno di San Pietro si data al 1749. Vogliamo invece affidarci a quanto è deducibile dall’osservazione di certi dettagli della Pietà, che sottolineano tre punti di vista ottimali: due laterali e uno frontale, dei quali il laterale sinistro sembra aver orientato quasi tutto il lavoro dell’artista. Ci riferiamo alla posizione del Cristo disteso verso destra, all’enfasi simbolica della mano sinistra di Maria per chiarire il sacrificio del Redentore, alla significativa composizione piramidale che contiene e ordina per linee parallele verticali i particolari più pregnanti, e infine alla testa di Cristo reclinata all’indietro, perciò non visibile con la figura posta troppo in alto.

Dunque, il gruppo doveva essere visto di lato oltre che frontalmente.97 Di sicuro, la Pietà non poteva trovarsi sull’altare maggiore di Santa Petronilla (dove si conservavano le reliquie della martire), visto che esso - locato di fronte all’ingresso principale della Rotonda - era dotato di colonne e di un ciborio: elementi che avrebbero ostacolato l’apprezzamento del lavoro di Michelangelo.98 Una memoria del 1606 riporta la larghezza, la profondità e l’altezza dell’altare maggiore come di metri 2,23 x 1,04 x 1,04.99 

D’altro canto, l’importanza di Jean Bilhères de Lagraulas potrebbe avere alimentato una qualche confusione nelle fonti tra la cappella Regis Francorum e la cappella personale dell’abate di Saint-Denis. Questa supposizione è confermata dalla descrizione delle commemorazioni in onore del cardinale riportata da Johannes Burchard, secondo il quale la messa funebre per il grande prelato francese si sarebbe tenuta il 31 agosto 1499 “in altari sancte Petronille in cappella eiusdem”.100 Quindi l’altare in questione era quello dedicato alla santa e non uno laterale di minore importanza simbolica, dove non poteva aver avuto luogo una funzione tanto impegnativa da essere condotta con una certa pompa dal cardinale di Alessandria Sangiorgi e dal famoso predicatore Battista Casali.101 Secondo la nostra interpretazione, a quella data la cappella personale di Jean Bilhères era già ornata della Pietà di Michelangelo; tra l’altro, gli altari delle due cappelle o nicchie laterali, quelle fiancheggianti l’altare di Santa Petronilla, erano altresì intitolati alla Vergine e al Salvatore.102 Ciò potrebbe significare che la cappella con il gruppo di Michelangelo coincidesse con uno di questi due misteriosi spazi,103 verosimilmente quello a sinistra dell’altare maggiore (cioè a destra nello stesso edificio), tenendo conto dell’impostazione del lavoro di Michelangelo come abbiamo descritto poco sopra.
Proviamo, allora, a immaginare in che modo fosse installata la “Pietà di marmo tutta tonda”104: ovvero se si vedesse dentro una delle cappelle di sinistra, o se si trovasse addossata a un pilastro esterno alle stesse, quindi affacciata verso il centro del sacello e sempre a destra della Rotonda, magari incorniciata in un’edicola. Secondo una ricostruzione di Tiberio Alfarano del 1571, il diametro interno di tutto l’edificio a pianta circolare raggiungeva i 16,75 metri, mentre le cappelle misuravano circa 4,5 metri in larghezza.105 Tuttavia, al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi si conserva una pianta di Santa Petronilla databile ai primi del Cinquecento che reca misurazioni prese in braccia fiorentine, dunque un foglio di mano di un connazionale di Michelangelo.106 Secondo questi più antichi e forse più accurati rilevamenti, il diametro interno del santuario raggiungeva i 15,96 metri, mentre le cappelle laterali misuravano 4,38 metri di larghezza e, soprattutto, 2,01 metri di profondità. Questa informazione ci appare di grande importanza, perché stabilisce la scarsa profondità delle cappelle nella Rotonda, per cui esse risultavano in realtà come delle grandi nicchie. Così le immaginava lo storico ottocentesco Mariano Armellini, secondo cui il tempio di Santa Petronilla nel Vaticano era un edificio esternamente rotondo, internamente ottagono, cioè con otto grandi nicchie situate attorno nel muro.

Insomma, il lettore può capire che la confusione sull’originaria collocazione della Pietà in Santa Petronilla va risolta rimanendo aderenti alla conformazione del gruppo, in quanto la posizione decisa a monte tra committente e artista (evidentemente in base alle misure imposte dallo spazio a disposizione) deve aver determinato molte delle scelte formali poi compiute. Come dice il Vasari, la Pietà è un’opera “tutta tonda”, quindi risulta difficile pensarla imprigionata in una scura cavità del muro: soluzione che sarebbe andata a limitare l’effetto studiato di dettagli sofisticati, vera cifra antiquaria ricercata dal giovane artista. Difatti già nel Bacco con satiro Michelangelo aveva sperimentato un’audace relazione tra verticalità e molteplicità di punti di vista, per suggerire una lettura più complessa e avvolgente di quel gruppo.107

Così si spiega meglio nella Pietà il rapporto dinamico e insieme fluido tra la bombatura della pietra, al di sotto delle due figure, e le linee verticali formanti una sorta di piramide che ha il suo vertice nel volto della Madonna. Sono inoltre importanti le vedute di profilo, che sottolineano elementi narrativi secondo gli aspetti visivi frontali e tergali, dolcemente collegati tra loro. Proprio questi accorgimenti mettevano il riguardante in condizione di apprezzare più dettagli e significati a 180 gradi, muovendosi dall’ingresso della Rotonda verso la Pietà, superando in questo modo la fissità del solo punto di vista frontale.

La decisa inclinazione della figura di Maria, la quale si protende in avanti e verso il basso, nonché la lavorazione disomogenea della parte posteriore del gruppo, per esempio a livello del trono rupestre, fanno pensare che la Pietà si trovasse all’interno di una resede poco profonda, ovvero di una grande nicchia di due metri circa di spessore, come si deduce dal disegno fiorentino del primo Cinquecento. Dietro, il marmo invece che essere totalmente scabro appare scolpito con la subbia: per ottenere volutamente un effetto petroso, se non rustico.108 Questo risultato va visto in parallelo con un altro dettaglio a sostegno dell’ipotesi di una collocazione non schiacciata a una parete o peggio ancora incassata in un paramento murario. Ci riferiamo alla porzione estrema del manto della Vergine, che a sinistra ricade dietro la grande figura muliebre e si distende morbidamente sopra la roccia-sedile-trono. Si tratta di un brano di risentito e scenografico naturalismo, laddove il marmo si tramutava in morbida stoffa per essere lodato dagli estimatori della scultura all’antica; una prova di virtuosismo in ossequio alla letteratura artistica dei romani, sempre pronta a esaltare simili gesti tecnici. Ma è anche un argomento a favore della sistemazione dell’opera su un basamento di piccole dimensioni, libero da incorniciature oppressive. Il fatto che il manto della Vergine sia accomodato sopra la roccia, e poi scivoli al di là del suo limite, aggiunge volume e presenza al gruppo e obbliga ad allargare il campo visivo oltre il lato sinistro per seguire i dettagli ben risolti nel tutto tondo. 
Ribadiamo che il lato sinistro dell’opera doveva essere il primo a mostrarsi entrando nel sacello dei re di Francia, ovvero che il gruppo doveva trovarsi a destra dell’ingresso di Santa Petronilla (quindi a sinistra dell’altare maggiore). Guardando da questo angolo, Maria appare donarci la visione celeste del corpo sacrificato del Redentore, offerta enfatizzata dalla posizione della mano sinistra aperta della Vergine.

Probabilmente, una croce dipinta o in legno doveva stagliarsi sopra o dietro il gruppo, mentre alla base della statua una lastra tombale - davanti o dietro il suo altare - presentava l’effige del committente vestito dei suoi paramenti.109 La presenza di una croce avrebbe ambientato sul Golgota l’azione scolpita, localizzando precisamente le pietre su cui siede Maria come quelle del monte Calvario al momento dell’agonia e della morte di Gesù: “Questa se ne sta a sedere in sul sasso dove fu fitta la croce, col figliuol morto in grembo”.110 In rapporto alla mano sinistra di Maria la presenza di una croce avrebbe quindi rimarcato il nesso tra sacrificio e accettazione di tanto dolore da parte della Vergine.

In base a quanto detto, sembra ragionevole pensare che il cardinale e lo scultore avessero calcolato che il gruppo dovesse essere presentato tenendo conto di due punti di vista privilegiati, quello frontale e quello laterale sinistro. Il lato destro del gruppo, seppur significativo per la presenza della testa reclinata di Gesù, doveva essere più in ombra e forse leggermente arretrato rispetto alla mano di Maria sull’opposto lato. Giocoforza, questa parte della composizione evidenzia un vuoto e se vogliamo perfino un consistente spreco di materiale lapideo. Per assurdo, quella porzione di spazio risultante oltre il limite del corpo di Gesù avrebbe potuto essere colmata soltanto con un’altra figura, come accadde più tardi nel progetto abortito della cosiddetta Pietà Bandini, oppure come si vede nel Seppellimento di Cristo che Michelangelo dipinse nell’autunno del 1500 per la cappella funebre del cardinale Ebu nella chiesa degli agostiniani di Roma. 

La Pietà doveva apparire su un altare più basso o della stessa misura di quello maggiore di Santa Petronilla, che come abbiamo detto superava di pochi centimetri il metro di altezza.111 In questo caso la testa di Maria sarebbe stata visibile a meno della metà dei sette metri di altezza delle cosiddette cappelle laterali; i piedi dell’Unigenito quasi ad altezza degli occhi, pronti per essere carezzati dai devoti. Tirando le fila ipotizziamo che il gruppo ideato da Michelangelo si trovasse in una cappella ovata e poco profonda e che non fosse appoggiato a ridosso della parete di fondo ma piuttosto in avanti, sopra un altare a misura: una mensa che poteva essere circumnavigata nello spazio rimanente tra le pareti laterali di codesta nicchia-cappella e i bordi della stessa scultura. Sicuramente due elementi avranno concorso a rendere le immagini della Vergine e di Gesù particolarmente icastiche in questo contesto: l’altezza non eccessiva dell’altare e l’inclinazione in avanti dell’opera, con un leggero spostamento dell’asse a privilegiare la lettura immediata del gesto della Vergine. 

A codesta prima ipotesi va la nostra preferenza, tuttavia non sono da scartare altre soluzioni. Il gruppo avrebbe potuto trovarsi invece sopra un plinto piuttosto basso e addossato a uno dei pilastri di separazione tra le cappelline della Rotonda. Diversamente potremmo immaginare l’opera sempre in rapporto a tali pilastri ma inserita in una nicchia ricavata in uno di essi.112 In questo ultimo caso sarebbe stata incorniciata dalle sottili paraste di una stretta edicola (simile a quella che ospita in Sant’Agostino a Roma la Madonna con sant’Anna e Gesù Bambino, opera di Andrea Sansovino del 1512113), per non ottundere la visione da ambo i lati, come si evince dalla forma ovata che Michelangelo ha conferito alla base del gruppo. Un elemento di riflessione ci viene fornito dal testo del Vasari del 1568, dove si legge comunque un riferimento alla Rotonda di Santa Petronilla o perfino alla nicchia-cappella nella quale Michelangelo si sarebbe trovato suo malgrado ad ascoltare l’apprezzamento indebito di alcuni pellegrini lombardi: “Potè l’amor di Michelagnolo, e la fatica insieme in quest’opera tanto, che quivi (quello che in altra opera più non fece) lasciò il suo nome scritto attraverso in una cintola che il petto della Nostra Donna soccigne: nascendo che un giorno Michelagnolo entrando drento dove l’è posta, vi trovò gran numero di forestieri lombardi, che la lodavano molto; un de’ quali domandò a un di quegli chi l’aveva fatta, rispose: il Gobbo nostro da Milano. Michelagnolo stette cheto, e quasi gli parve strano che le sue fatiche fussino attribuite a un altro. Una notte vi si serrò dentro con un lumicino, e avendo portato gli scarpegli, vi intagliò il suo nome”.114 

Da questa storia più o meno vera si coglie un aspetto: l’estrema qualità attrattiva della Pietà, tale da impressionare anche i non addetti ai lavori mercé sia la lavorazione straordinaria del marmo, sia una collocazione particolarmente efficace. Per Vasari, invece, l’aneddoto poteva servire a spostare la discussione su nuovi argomenti inerenti il sistema dell’arte rinascimentale: la riconoscibilità dello stile, addirittura la supremazia dell’espressione formale sul tema religioso, in parte l’autonomia dell’artista rispetto ai committenti. Non a caso nella prima edizione delle Vite (1550) Vasari - per spiegare la presenza della firma di Michelangelo - aveva accennato all’orgoglio dello scultore, la cui nobiltà intellettuale emerge in questa impresa senza precedenti: “Poté l’amore di Michele Agnolo e la fatica insieme in questa opera tanto, che quivi quello che in altra opera piú non fece lasciò il suo nome scritto a traverso una cintola che il petto della Nostra Donna soccigne, come di cosa nella quale e sodisfatto e compiaciuto s’era per se medesimo”115

MICHELANGELO. LA PIETÀ VATICANA
MICHELANGELO. LA PIETÀ VATICANA
Sergio Risaliti - Francesco Vossilla