«SCORAMENTO
E DEPRESSIONE FISICA»

Nel 1917 Suzanne Valadon si reca a Belleville-sur-Saône, nella regione di Lione, per rivedere Utter tornato dal fronte.

Lo aveva sposato nel 1914 prima dello scoppio della guerra e lo ritrova convalescente nell’ospedale militare di Meyzieux. Erano stati anni duri per lei, con grossi problemi economici e preoccupazioni per il figlio, ma aveva dipinto moltissimo, nudi sfolgoranti di luce, ritratti, nature morte, paesaggi. La sua pittura progrediva e il suo linguaggio si formava, vigoroso e originale, con echi di Degas, Gauguin, Van Gogh.

Spesso dipingeva accanto a quel figlio disperato, nello studio a Montmartre, o nei rari viaggi, dove i rispettivi paesaggi mostrano, pur nelle differenze, qualche elemento di contatto. In quel 1917 Utrillo continua a lottare contro il suo male chiuso in una stanza, disegnando, dipingendo o giocando con un trenino. Si racconta che a volte, esasperato, buttasse giù i suoi carboncini dalla finestra. In giugno è arrestato per aver infranto la vetrina di una panetteria, ma viene rilasciato poco dopo, e continua a fare piccoli quadri di Parigi e di Montmartre (La casa di Berlioz, 1918 circa; Rue de la Bonne, 1918 circa; Place des Abbesses, 1918; Il Moulin de la Galette, di sera, 1919). Muri umidi «orlati di piscio», come scrive Carco, silenzi e figure scure, monacali, alberi stecchiti.

Ma da quel 1917 nei dipinti di Utrillo il colore si fa più vivo e intenso, dando inizio a quello che viene indicato come il Periodo colorato. I gialli, i verdi, gli arancio, gli ocra, animano una pittura che intanto cresce, si fa più matura, sofisticata e variata. La Rue de la Bonne a Montmartre, del 1918, con la sua muraglia creata con sovrapposizione di linee e chiazze di colore dalle diverse tonalità, racconta i progressi del pittore. E lui non dimentica di segnalare nell’angolo il nome della via, «Rue Saint-Vincent», che incrocia rue de la Bonne.

La casa di Berlioz (1918 circa).


Trattoria e vecchio mulino a Sannois (1919 circa).

Nel Moulin de la Galette, sera, dai tratti nervosi e liberi, si mescolano in armonia molti colori (blu oltremare, blu cobalto, verde smeraldo, giallo cromo, rosso veneziano, vermiglione, bianco di zinco e altro ancora). Siamo all’imbrunire, il vecchio, malandato mulino apre le sue braccia al di là delle palizzate. Il cielo è plumbeo, come l’animo, ma qualche zolla verde del prato e le foglie degli alberi sembrano rassicurare.

Maurice è in pessimo stato fisico e psicologico. Il 30 gennaio 1918 scrive al mercante Delloue: «Sono in uno stato malsano di scoramento e depressione fisica, intellettuale e morale - quanto di più preoccupante. Devo assolutamente farmi curare. Non riesco veramente a lavorare. Ho scritto a mia madre perché vi dica lei, che mi conosce così bene, in che stato di abbattimento mi trovo».

Del 1919 circa è anche il piccolo olio su cartone con Trattoria e vecchio mulino a Sannois, altra zona battuta da Utrillo. Sui muri del ristorante si ricorda che il luogo offre banchetti per nozze, sale da ballo.


Il Moulin de la Galette, di sera (1919).

Lui invece si accontenterebbe dei mezzi litri di vino. Ma, intanto, sogna e percorre tutte le vie di Sannois accompagnato da un infermiere che gli porta il cavalletto e il materiale di pittura. Grande fatica, poche entrate, i quadri all’inizio del 1919 sono ancora poco quotati, e il pittore non immagina certo il successo che avrebbero avuto entro breve.

Il trentaduenne Utter riprende la vita con Suzanne e Maurice a Montmartre, occupandosi della vendita dei loro quadri e lavorando come pittore. Nel corso del 1919 le quotazioni dei dipinti di Maurice salgono dagli iniziali trenta franchi l’uno sino ai mille (La casa rosa, rue de l’Abreuvoir) e addirittura a millecinquecentottanta (Notre-Dame di Parigi), seicentocinquanta per un Moulin de la Galette. Gli osti di Montmartre, che ne avevano accumulati tanti in cambio di vino, si affrettano a venderli facendo soldi. Paul Guillaume acquista tutti quelli che tappezzano i muri della Belle Gabrielle, pagandoli a Marie Vizier. I collezionisti e le gallerie si affrettano a procurarsene.

Agli inizi degli anni Venti, Utrillo, ormai noto, espone alle gallerie di Berthe Weill, di Paul Guillaume e di Bernheim-Jeune, spesso insieme alla madre, ed è presente, ogni anno, al Salon d’Automne. Vende dipinti e guadagna, firma contratti con gallerie che gli assicurano alte rendite annuali. Il successo sta arrivando. Ma non mancano scandali, scenate, ricoveri in ospedale e interventi della polizia. Nell’aprile del 1920 è rinchiuso in una cella della clinica psichiatrica del dottor Revault d’Alonnes in rue de Picpus 10, da cui riesce a evadere grazie a Zborowski. Il 27 giugno 1921, dopo essere stato rinchiuso due mesi nel carcere della Santé, viene assolto dall’accusa di oltraggio al pudore per aver urinato, sotto la luce del sole, nella piazza della Borsa a Parigi. La situazione è tragica, Maurice entra ed esce dagli ospedali psichiatrici e tenta più volte il suicidio.

Ma forse proprio per questo, per essere un “artista maledetto”, i suoi quadri vanno a ruba e la sua fama si diffonde. Per tenerlo lontano dall’alcol e dalla Butte de Montmartre, la madre e Utter, preoccupati, lo isolano per qualche tempo nella regione di Lione presso amici. Intanto a Parigi si susseguono le mostre di Utrillo, apprezzate dal pubblico più di quelle della stessa madre, che in quegli anni crea capolavori (Maurice Utrillo al cavalletto, 1919). Utter smette di dipingere per gestire gli interessi di Maurice. A fine 1921 esce sulla “Nouvelle Revue Française” il primo studio critico sul pittore, a firma di Francis Carco.


Rue Saint-Rustique e il Sacré-Coeur (1919 circa).

Nel 1922 ben sette mostre celebrano Utrillo. Il successo è enorme. Maurice comincia a diffidare dei falsari, che, con un certo umorismo, avverte con scritte ironiche sui dipinti. Su un Moulin de la Galette del 1922 scrive: «Fabbrica di dipinti artistici. Specialità di paesaggi. Colori fini. Presso Maurice Utrillo V. 12, rue Cortot. Paris, 18. Si diffidano i contraffattori».

Nel 1923 sei gallerie e due Salons si contendono le opere del pittore. Utter, con i proventi dell’attività di Maurice, compra il castello di Saint-Bernard sulle rive della Saône, denominato ancora oggi «Le Château d’Utrillo». Un maniero in rovina, con fossati, ponte levatoio, torre, dove i tre artisti allestiscono i propri studi. L’anno dopo finisce di pagarlo vendendo ai signori Pauwels la tela di Maurice con Villaggio di Maixe, detto anche Municipio con bandiera.
I dipinti che Utrillo realizza numerosi in questi anni, 1919-1924, sono ancora paesaggi parigini, strade e case, in cui il colore appare accentuato rispetto ai precedenti e le figure umane, per quanto piccole, hanno maggiore evidenza. La Place Constantin-Pecqueur a Montmartre, un olio su tela del 1919 circa, rappresenta una piazza con grandi alberi verdi, circondata da alti edifici e case più basse. A destra si affacciano negozi e locali coperti, poche persone. Si sente il silenzio, l’atmosfera rarefatta. Il pittore, anche se ha lavorato su una cartolina, si è calato fortemente nel luogo tante volte visto e studiato. Utrillo infatti, già da tempo, utilizza le cartoline per i suoi paesaggi che ripercorre con la memoria. Alternare “plein-air” e cartoline era un metodo in voga già presso gli impressionisti.

Place Constantin-Pecqueur a Montmartre (1919 circa).


Nei pressi di Saint-Julienle- Pauvre (1920 circa).

In Rue Saint-Rustique e il Sacré-Coeur dello stesso anno, la grande cupola della basilica domina la stretta via con i suoi edifici colorati e le sue botteghe, su cui si intravedono scritte sbavate: «Epicerie», «Vins», «Café». Le finestre sono chiuse, come chiuso è il mondo malato in cui il pittore vive, ma che non gli toglie la possibilità di ricordare e sognare. La tela Nei pressi di Saint-Julien-le-Pauvre, del 1920 circa, porta ancora a Montmartre. Un grande muro circonda un gruppo di edifici impenetrabili. Ma il taglio di quel muro è originale e la resa della pietra e del cemento raffinata, forse uno dei migliori dipinti di questi anni, in cui il pittore, debilitato e spesso rinchiuso, gioca abilmente col colore rendendo con maestria il bianco-azzurro-grigio di quel muro in ombra, con solo una porzione al sole. Un raggio di speranza?

Difficile dirlo. Perché se anche le finanze della famiglia vanno finalmente bene, grazie alle vendite di Utrillo, con tanto di autista e governante inglese, la vita di Maurice va a pezzi. Nel 1924, mentre la Galerie Bernheim-Jeune gli organizza una nuova mostra, il pittore tenta di suicidarsi.

Viene arrestato, rilasciato per curarsi e mandato in convalescenza nel castello di Saint-Bernard. Il trio di artisti comincia a essere soprannominato, per lo sperpero di denaro e le vicende tragiche, la «trinità maledetta », «il trio infernale» e altro ancora. Il gallerista Josse Bernheim acquista per Maurice una casa in avenue Junot, dove il pittore e la madre vanno a vivere, quando non sono nel castello di Saint-Bernard, preferito da Utter.


Suzanne Valadon, Maurice Utrillo e André Utter nello studio di avenue Junot a Parigi attorno al 1926.

Utrillo, dovunque si trovi, dipinge Montmartre e la sua vita, oltre ai paesaggi del luogo. La sua pittura è più densa e colorata, più solare, potremmo dire, anche se il termine non riflette il suo stato d’animo. In Tre donne nella neve, del 1925 circa, tre figure dagli abbondanti fondo schiena camminano, i tacchi nella neve. Secondo Carco quel tipo di donna dai fianchi larghi piaceva al pittore, secondo altri non gli piaceva affatto. Per il critico francese Claude Roger-Marx c’era forte insofferenza da parte di Maurice per «quelle megere con quegli enormi sederi, comari crudeli […] incarnazione dei demoni cattivi che continuano a tormentarlo».
Nonostante tutti i suoi guai, Utrillo ha sempre maggior successo presso critici e pubblico. Nel 1925 si tengono mostre a Bruxelles, Berlino, Düsseldorf e Amburgo. I suoi quadri si vendono ad alte cifre, mentre cominciano a diffondersi studi critici: Adolphe Basler pubblica Lettre sur Maurice Utrillo nel 1925, Robert Rey presenta il suo Maurice Utrillo. Peintre et Litographe, Gustave Cocquiot, che possedeva centottanta tele di Utrillo, scriverà un libro. Il pittore si cimenta anche con la litografia. Mentre il mondo è in fermento per i suoi dipinti che fanno guadagnare mucchi di soldi, Maurice passa lunghi periodi al castello di Saint-Bernard, emarginato.
A raccontare la vita dei tre artisti in questi anni, sino al 1935 quando Maurice convolerà a nozze, è la sua infermiera Annette Jacquinot. Racconta infatti che, quando Suzanne e André si allontanavano, le raccomandavano di non permettere a Maurice di uscire né di ricevere posta. Ma lui riusciva a eludere la sorveglianza e a rintanarsi da qualche parte per bere. Suzanne gestiva la “produzione” del figlio e, anche da lontano, gli dava istruzioni sui quadri e le litografie da fare. Annette, ogni quindici giorni, doveva spedire a «Madame Utter» i dipinti fatti da Maurice, che avrebbero fruttato un sacco di franchi. Maurice era diventato un “affaire commerciale” per famigliari, collezionisti, mercanti.

UTRILLO
UTRILLO
Maurizia Tazartes
Maurice Utrillo (Parigi 1883 - Dax 1955) nasce a Montmartre da padre ignoto. Ad assumerne la paternità sarà, nel 1891, il pittore catalano Miquel Utrillo. La madre, Suzanne Valadon, è modella e pittrice. È lei che gli insegna a dipingere e Maurice non tarda a raggiunge una certa notorietà. Ancora giovanissimo, però, manifesta i segni di un’infermità mentale che lo condizionerà per tutta la vita, così come la dipendenza dall’alcol. Di lui restano i colorati e poetici paesaggi urbani, tema quasi esclusivo di una pittura che raggiunge la metà del ventesimo secolo, ma resta lontana da ogni tentazione di avanguardia.