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VA SOTT’ACQUA
LA CHIESA

PER LO STATO
È LA RESA

A Cittaducale, in provincia di Rieti, la chiesa barocca di San Vittorino continua a sprofondare nell’acqua. La causa? Una sorgente riaffiorata nel Settecento, forse per ripetuti terremoti, ed emersa nel pavimento. L’edificio è un rudere. La Regione avvia lavori urgenti circa dieci anni dopo il sisma del 1979. Poi un piano di recupero, a oggi mai realizzato.

Fabio Isman

A una novantina di chilometri da Roma, sulla Salaria a Cittaducale, c’è una chiesa che va sott’acqua, sempre di più; ormai, è inagibile: le manca perfino il tetto. L’interno del monumento barocco è allagato; l’acqua esce dal portale, e invade la campagna circostante. Restano le mura perimetrali, ed emerge una porzione della monumentale facciata in calcare giallo. E basta. Il problema è remoto (ma la chiesa ancora di più: sul luogo, sorgeva un tempio pagano), però nessuno vi ha mai posto rimedio. Dopo il sisma che nel 1979 ne ha compromesso la copertura, la Regione, nel 1988, ha avviato lavori urgenti; ai quali doveva seguire il recupero dell’edificio. Ma finora, non se n’è fatto nulla. Così, al povero San Vittorino - questo il santo cui la chiesa è dedicata, anche se, per essere precisi, il nome completo è Santa Maria in San Vittorino - non resta che piangere sulle proprie glorie antiche. 

Il luogo è sacro fin dalla notte dei tempi: in età romana, un tempio pagano - come si è accennato poco sopra - era votato alle ninfe dell’acqua, presso una sorgente sacra. È dove il santo viene martirizzato: legato e abbandonato a testa in giù, nell’anno 96; dicono che l’agonia durò tre giorni e sia stato soffocato dai vapori sulfurei della vicina fonte. Era il primo vescovo della diocesi di Amiternum, città romana a ovest dell’Aquila, di fondazione sabina, che ha dato i natali a Sallustio: dalla conquista romana nel 290 a.C. si arriva fino alla più totale distruzione e al completo abbandono del sito nel XIII secolo. Il santo muore proprio vicino alle Aquae Cutiliae, le terme di Cotilia. È stata ritrovata la cripta del suo sepolcro (un’iscrizione del V secolo su una mensa d’altare conferma che si tratta proprio di quello di san Vittorino), ampliata dal IV secolo fino al VII. Il culto del santo si espande ben presto e, poco prima del Mille, le sue reliquie finiscono a Metz, in Francia, nella chiesa del monastero di San Vincenzo. 

Ma sul luogo del martirio resta la devozione. Già dal Trecento vi nasce una chiesa; e finalmente, nel 1613, dopo cinque anni di lavori, come racconta un’iscrizione sull’architrave del portale, sorge quella attuale. Che è a tre navate, con un prospetto elegante, e attribuita all’architetto romano Giovanni Battista Soria (sue, a Roma, le facciate di Santa Maria della Vittoria, San Gregorio al Celio, Santa Caterina da Siena e San Crisogono; è stato anche principe dell’Accademia di San Luca); da altri, però, la chiesa è assegnata al meno noto Antonio Trionfo, di Domodossola. A volere l’edificio è il vescovo Pietro Paolo Quintavalle; circa un secolo prima, per una lite tra papa Alessandro VI Borgia e il titolare della diocesi di Rieti, che era un Colonna, Cittaducale è enucleata dalla precedente dipendenza, e diventa autonoma. Il vescovo Quintavalle vi lascia parecchie realizzazioni, tra cui questa chiesa che, all’interno, possedeva anche arredi di qualche rilievo; per esempio, un fonte battesimale e un bassorilievo con un’Annunciazione, entrambi del Trecento, ormai trasferiti e messi in salvo nella cattedrale di Cittaducale - oggi nemmeno settemila abitanti, fondata nel 1308 dal re Carlo II d’Angiò -, abruzzese e della provincia dell’Aquila per oltre sei secoli, finché, nel 1927, non è diventata laziale. Fonte battesimale e bassorilievo messi in salvo perché la falda acquifera corre a nemmeno un metro sotto l’edificio sacro; tanto è vero che, forse a causa dei quattro terremoti del gennaio 1703, non troppo tempo dopo una sorgente nascosta (l’intera area è prodiga di acque) si riattiva emergendo dal pavimento del tempio. Così, nell’Ottocento la chiesa comincia ad allagarsi; e con il tempo, viene necessariamente abbandonata. 


Un solido parallelepipedo isolato nel verde; del bel portale, emerge soltanto la metà superiore. La vegetazione spontanea la fa ormai da padrona


La studiosa Ileana Tozzi racconta la storia di San Vittorino, fin da quando sul posto c’erano un “pagus” romano, un borgo con il suo già ricordato tempio, e poi soltanto un sacello cristiano. E ricorda anche una singolare e bella leggenda popolare, che è ancora diffusa nelle campagne circostanti. La sorte dell’edificio sarebbe stata decisa, in un anno imprecisato, in occasione della festa del Corpus Domini. «Non essendo un giorno feriale, il lavoro era interdetto. Anche nei campi. I contadini però trasgrediscono, e provvedono ugualmente a mietere. Un improvviso temporale compromette tuttavia il raccolto; e la chiesa comincia a sprofondare». La credenza popolare dunque vuole che il fenomeno sia legato a un evento soprannaturale, a una punizione divina per la disobbedienza al precetto festivo. In realtà, è dovuto a un assai più banale accadimento idrogeologico. E nei secoli, la situazione si è aggravata sempre di più.


Quel che rimane della chiesa barocca di San Vittorino a Cittaducale (Rieti), totalmente allagata e invasa dalla vegetazione.


Una porzione della monumentale facciata.

Oggi, anche soltanto passando sulla Salaria, si vede il poco che resta: un solido parallelepipedo isolato nel verde; del bel portale, emerge soltanto la metà superiore; archi e contrafforti sono immersi nell’acqua; negli ambienti, un lago. La vegetazione spontanea la fa ormai da padrona incontrastata, sembra quasi una piccola giungla. «È andata persa la complessità dell’edificio », dice Ileana Tozzi. Il suo stato attuale sarebbe piaciuto a qualche inguaribile romantico di un paio di secoli or sono: tutto diventa una rovina quanto mai suggestiva, tanto che, nel 1983, il regista russo Andrej Tarkovskij sceglie San Vittorino come sfondo per una scena del suo film Nostalghia

Salvare la chiesa è ormai un’impresa improba e certamente assai costosa; però, dopo l’ultimo terremoto del 1979, la Regione, come si è accennato all’inizio, aveva elaborato un progetto. Al quale, tuttavia, fino a oggi non è stato dato corso alcuno. E ogni giorno che trascorre, il povero tempio di San Vittorino - «la chiesa sommersa», o «nell’acqua», oppure «che sprofonda », come viene chiamata - è dimenticato un po’ di più, si inabissa qualche millimetro più in basso, sempre più vicino a una fine che nessuno pare riesca a scongiurare. Perché perdere, in eterno, un monumento che è, tutto sommato, significativo e, soprattutto, intimamente legato a una devozione popolare di cui si conserva la memoria, che è ancora ricordata e vissuta?


Annunciazione (1300) trasferita dalla chiesa di San Vittorino alla cattedrale di Cittaducale.

Immagine dei resti della chiesa immersa nell’acqua e semicoperta dalla vegetazione.


Immagine dei resti della chiesa immersa nell’acqua e semicoperta dalla vegetazione.

ART E DOSSIER N. 386
ART E DOSSIER N. 386
APRILE 2021
In questo numero: KLIMT RITROVATO. MOSTRE A PRIMAVERA: Koudelka a Roma; Arte e musica a Rovigo; Dante a Forlì e Ravenna; Arte pompeiana a Roma. LUOGHI SPECIALI: I tesori di Sanpa a Rimini; Flavin e la chiesa rossa a Milano; Il teatro Andromeda ad Agrigento. LETTURE D'OPERA: Un giovane alla moda per Fra Galgario; Le fatiche astrologiche di Ercole. Direttore: Claudio Pescio