LETTURE ICONOLOGICHE
IL RITRATTO DI GIOVANE GENTILUOMO DI FRA GALGARIO

UN NOBILE ALLA
MODA

CHI È IL PERSONAGGIO RAFFIGURATO NEL RITRATTO DI GIOVANE GENTILUOMO DI FRA GALGARIO, EMBLEMATICO ESEMPIO DELLA RITRATTISTICA BERGAMASCA DEL SETTECENTO? L’IDENTITÀ È ANCORA INCERTA MA, DI SICURO, GLI ABITI, GLI ACCESSORI, LA GESTUALITÀ NON LASCIANO DUBBI SUL SUO STATUS SOCIALE.

Alessio Francesco Palmieri-Marinoni

Il Ritratto di giovane gentiluomo di Fra Galgario (Vittore Ghislandi, al secolo Giuseppe, 1655-1743), a seguito del recente affidamento in comodato all’Accademia Carrara di Bergamo da parte della Direzione regionale Musei Lombardia, ha riacceso l’interesse accademico sull’identità di uno dei personaggi più enigmatici ritrattati dal pittore bergamasco. Tante sono le domande che emergono dall’osservazione dell’opera: chi è questo gentiluomo? Perché si fa ritrarre in questo modo? Possiamo forse riconoscere nell’effigiato, come si è già proposto in passato, il conte Francesco Maria Tassi, amico di Fra Galgario e suo primo biografo? Insomma prendendo a prestito la celebre frase del Don Abbondio manzoniano: «Carneade, chi era costui?». 

La lettura dell’opera ha lasciato emergere tanti quesiti e ipotesi intriganti che, a oggi, non hanno ancora trovato adeguati riscontri documentari. Ciononostante, la tela di Fra Galgario incarna una delle testimonianze più emblematiche della ritrattistica bergamasca del XVIII secolo e, per tale ragione, permette di fare alcune considerazioni e indagini specifiche anche nell’ambito della cultura materiale. Prima tra tutte, il nostro gentiluomo fornisce l’occasione per riflettere su uno dei momenti più interessanti nella storia della moda: il primo Settecento. La recente collaborazione scientifica tra la Fondazione Arte della seta Lisio di Firenze e l’Accademia Carrara di Bergamo procede in questa direzione: l’analisi dettagliata degli aspetti storico-vestimentari e tessili risulta un contributo utile agli storici dell’arte per determinare maggiormente gli aspetti storico-artistici strettamente legati al ritratto oggetto di studio. 

Come già evidenziato da Doretta Davanzo Poli(1), la prima metà del XVIII secolo è caratterizzata da una sempre maggiore influenza della moda francese nei territori del Nord Italia e, nella fattispecie, nella Serenissima, sotto il cui dominio era allora Bergamo. Una vera e propria ingerenza culturale che, oltre a segnare il passaggio dal Barocco al Rococò, vedrà Venezia nel costante tentativo di recuperare la sua originalità tramite l’utilizzo di nuove regole vestimentarie e con l’abbandono graduale delle fogge ufficiali a favore di una rilassatezza dei costumi. 


LA CAMICIA RICHIAMA QUEL GUSTO TARDO SECENTESCO RISCONTRABILE ANCHE NEL RITRATTO DEL CONTE GIACOMO CARRARA


La lettura dell’opera(2) permette di riconoscere una camicia da giorno impreziosita, alle maniche, da ampi e morbidi “maneghetti” . Si tratta di un elemento che, al pari del morbido e ricco “jabot”, richiama ancora quel gusto tardo secentesco riscontrabile anche nel Ritratto del conte Giacomo Carrara di Fra Galgario. Al di sopra della camicia, riconosciamo la “camisiola”, ossia la sottomarsina o gilet. Realizzata in pelle scamosciata foderata in ermesino (tessuto in seta) verde, è impreziosita da una ricca e fitta abbottonatura, detta “bottoniera”, così come da ampie tasche chiuse da pattina sagomata. La struttura sartoriale, la vestibilità e l’uso di portare la camisiola abbottonata solo nella parte inferiore permettono di circoscrivere il modello tra il 1720 e il 1730. La stessa datazione è riscontrabile anche per l’ultimo elemento vestimentario: la marsina o “velada”, ancora una volta realizzata in pelle scamosciata. Colpiscono l’attenzione i larghi e ampi paramani. La costruzione così come le dimensioni di questo elemento sartoriale permettono di confermare la datazione entro il 1735. Difatti, già nel 1735 le velade presentano paramani ridimensionati che preludono a una loro totale scomparsa, come testimonia il Ritratto del marchese Erasmo Aliprandi Martinengo del Ceruti.


Fra Galgario, Ritratto di giovane gentiluomo (1730-1735), Bergamo, Accademia Carrara.


Di Fra Galgario: Ritratto di giovane gentiluomo (1730-1735), particolare, Bergamo, Accademia Carrara;


Di Fra Galgario: Ritratto del conte Giacomo Carrara (1737), Bergamo, Accademia Carrara.

(1) D. Davanzo Poli, Abiti antichi e moderni dei veneziani, Venezia 2001, pp. 99-101.
(2) Si ringraziano i docenti del Corso biennale in sartoria storica e per la scena della Fondazione Arte della seta Lisio di Firenze, in particolare Lorenzo Pesci per i tessuti e Patrizia Lia per le acconciature.

Se l’abbigliamento rispecchia la moda in voga nella Serenissima, gli accessori “parlano” francese: dal tricorno in feltro nero, ingraziosito da una leggera profilatura in pelo, alla cosiddetta parrucca a tupè “à l’Coudet”, versione tutta italiana della più nota parrucca francese detta “à la Beaumont”, il nostro gentiluomo denota in maniera evidente l’influenza d’Oltralpe in Italia. L’acconciatura prevedeva che i ragazzi arricciassero i capelli, tramite la “boccolatura”, con ferri caldi per poi cospargerli con abbondante cipria o polvere di farina, come ben evidente nel Ritratto di Philippe Coypel di Charles-Antoine Coypel. Sempre di origine francese sono il sacchetto di raso nero, detto “catogan” o “dolfina”, chiamato in Francia “crépeaux” , all’interno del quale veniva accomodato il codino della parrucca, e il nastro di stoffa annodato a farfalla o a gala, detto “solitario”. 

Al pari dell’abbigliamento, è la gestualità a non lasciare spazio ad alcun fraintendimento in merito al rango sociale del ritrattato, da intendersi come membro della nobiltà(3). Il gesto, ovvero l’inequivocabile posizione ad angolo retto del braccio destro con la mano appoggiata al bacino, esprime quella postura tipica ed esclusiva dei membri dell’aristocrazia di ambito ispano- francese costituitasi a partire dal Seicento, come ben evidente nel coevo e raffinato Ritratto di uomo in costume dalmata di ambito bergamasco conservato al Museo Poldi Pezzoli di Milano o in Orazio Del Conte di Antonio Lucini. Tale gestualità, dichiarazione del proprio “status” sociale, è evidenziata dalla presenza della spada, nello specifico uno spadino a coccia intera con pomo sferoide, elemento “ad usum” esclusivo dei nobili. 


I COMPLEMENTI DI ABBIGLIAMENTO DENOTANO UNA SPICCATA INFLUENZA FRANCESE


Fra Galgario ci restituisce dunque un giovane appartenente alla nobiltà di area veneta. Di età compresa tra i venticinque e i trent’anni, egli veste secondo i canoni dettati dalla moda agli albori del secondo quarto del Settecento, in un arco cronologico ascrivibile tra il 1720 ed il 1730. Un giovane “alla moda”, come diremmo oggi, i cui accessori e complementi d’abbigliamento denotano una spiccata influenza tipicamente francese(4).


Giacomo Ceruti, detto il Pitocchetto, Ritratto del marchese Erasmo Aliprandi Martinengo (dopo il 1740), Brescia, Arte UBI Banca.

Antonio Lucini, Ritratto di Orazio Del Conte (1705), Milano, Raccolte d’arte dell’Ospedale maggiore.


Charles-Antoine Coypel, Ritratto di Philippe Coypel (1732), Parigi, Musée du Louvre.

(3) Cfr. F. Braudel, Civilisation materielle et capitalisme, XVe et XVIIIe siècle, vol. 1, Parigi 1967; D. Roche, La culture des apparences. Une histoire du vêtement, XVIIe-XVIIIe siècles, Parigi 1987.
(4) Per un ulteriore approfondimento e analisi inerente agli aspetti vestimentari, si rimanda a: www.fondazionelisio.org e www. lacarrara.it

ART E DOSSIER N. 386
ART E DOSSIER N. 386
APRILE 2021
In questo numero: KLIMT RITROVATO. MOSTRE A PRIMAVERA: Koudelka a Roma; Arte e musica a Rovigo; Dante a Forlì e Ravenna; Arte pompeiana a Roma. LUOGHI SPECIALI: I tesori di Sanpa a Rimini; Flavin e la chiesa rossa a Milano; Il teatro Andromeda ad Agrigento. LETTURE D'OPERA: Un giovane alla moda per Fra Galgario; Le fatiche astrologiche di Ercole. Direttore: Claudio Pescio