CATALOGHI E LIBRI

MARZO 2021

SCRITTI. 1958-2012

Enrico Castellani (1930- 2017) è fra gli artisti italiani più notevoli del secondo dopoguerra. La fama dell’artista ha varcato i confini del nostro paese per giungere fino negli Stati Uniti, dove ha esposto spesso, come peraltro in molte altre parti del mondo.
Oggi le sue opere sono battute a cifre milionarie. Non sempre però i valori dei dipinti sul mercato corrispondono a un’effettiva qualità delle opere proposte. Non è questo il caso di Castellani, ammirato da collezionisti, studiato dai critici per le sue tele “estroflesse” e non solo: per quei materiali poveri, come i chiodi («le punte», come le chiamava), per quel dominio del colore bianco, in sintonia con le ricerche svolte con l’amico fraterno, e sodale, Piero Manzoni, di tre anni più giovane di lui. In attesa che Skira dia alle stampe il terzo tomo del catalogo ragionato dell’opera di Castellani (i primi due, dedicati agli anni 1955- 2005, sono usciti nel 2012), Abscondita pubblica gli scritti dell’artista dal 1958 al 2012. Il curatore Federico Sardella ha qui ben riunito non solo i testi già noti e studiati, presenti anche nel catalogo sopra citato, ma anche diversi inediti, più intimi. Questi scritti, di solito brevissimi, in veste di appunti o di lettere mai inviate in tale forma, svelano aspetti di grande poesia e raffinatezza. E confermano, ancora una volta, la profondità del pensiero e delle amicizie del loro autore. Valga per tutte lo scritto dedicato a Piero Manzoni. Con lui, fra le altre cose, Castellani aveva fondato nel 1959 “Azimuth”: rivista epocale, ancorché uscita solo per due numeri. Piero Manzoni scomparve, com’è noto, il 6 febbraio 1963. Aveva trent’anni. Per Castellani fu uno strazio, una perdita mai risarcita. La “lettera” che gli scrive è rivolta a un Piero Manzoni che pare trovarsi ancora con gli altri al bar Giamaica di Milano. Proprio come poche ore prima, quando aveva bevuto realmente l’ultima bottiglia con l’amico. Mentre gli scrive, Piero però è morto, e quella della sera prima era stata davvero l’ultima bottiglia.

Enrico Castellani Abscondita, Milano 2021 122 pp., 22 ill. b.n. € 22

I CARTONI RINASCIMENTALI DELL’ACCADEMIA ALBERTINA

I cinquantanove cartoni di Gaudenzio Ferrari (Valduggia, Vercelli 1475/1480 - Milano 1546) e della sua scuola, oggetto di un riallestimento nel 2019, fanno parte dal 1832 delle raccolte dell’Accademia Albertina di Torino, donati da re Carlo Alberto di Savoia. Di fondamentale importanza per chi studia il Cinquecento lombardo e piemontese, essi sono riferibili a dipinti, anche di notevoli dimensioni, non solo di Gaudenzio, ma anche di Bernardino Lanino, Gerolamo e Giuseppe Giovenone, meno noti al grande pubblico. Stampato a seguito di una campagna fotografica in alta risoluzione, il libro curato da Paola Gribaudo presenta testi autorevoli di Andreina Griseri, Simone Baiocco, Enrico Zanellati e un catalogo delle opere redatto da Beatrice Zanelli ed Erika Cristina.
Rileggiamo qui anche un testo vertiginoso di Giovanni Testori (morto nel 1993 a settant’anni), comparso nel catalogo dell’ancora insuperata mostra su Gaudenzio del 1982, curata da un altro grande studioso appena scomparso, Giovanni Romano, che ci ha lasciato la vigilia di Natale, a poco più di ottant’anni, che qui vogliamo ricordare.



a cura di Paola Gribaudo Skira, Milano 2020 160 pp., 105 ill. b.n. e colore € 45

DIPINTI & DISEGNI DAI LIBRI MASTRI

Edward Hopper (Nyack 1882 - Manhattan 1967) è fra i più amati artisti del secondo dopoguerra. Il grande pubblico ha imparato a conoscerlo perfino dalle copertine dei libri. Lo rivediamo anche, ci pare, in fermi immagini di registi come Bogdanovich (L’ultimo spettacolo, 1971), e, tra le righe, nell’algida solitudine postmoderna di autori come Don DeLillo o Paul Auster. Il nostro Aldo Nove gli ha dedicato un intenso racconto (Si parla troppo di silenzio, Skira, Milano 2012). La silente “American Way of Life” raccontata da Hopper, insomma, è ben nota. Assai meno, qui in Italia, la sua meticolosa “registrazione” dei suoi dipinti: tutti, proprio tutti, annotati nei libri mastri (i “ledger books”), che sua moglie Jo, artista ella stessa, ha conservato per tutta la vita e riordinato nei pochi mesi nei quali è sopravvissuta al marito tanto amato. Questi straordinari taccuini sono conservati al Whitney Museum di New York, che custodisce anche duemilacinquecento opere del grande maestro newyorchese. E bene ha fatto Jaca Book a pubblicare in Italia il libro che in lingua inglese uscì nel 2012 (The Artist’s Ledger Book), con i testi di Adam D. Weinberg, Deborah Lyons e Brian O’Doherty.
Tanto per capire l’importanza di questi taccuini citiamo qui un appunto riferito al famoso dipinto Cape Cod Evening (quello con il collie nell’erba alta): «Finito 30 luglio, 1932. Casa bianca, bosco verde; erba alta giallo pallido, un po’ verde sotto gli alberi. Abito donna verde bottiglia, come alberi. Cane marrone, petto, ventre, estremità coda bianchi». Nella pagina non ci sono solo gli appunti, che riportano anche i dati sulla vendita, le citazioni nell’Enciclopedia britannica e tutto ciò che riguarda la genesi del quadro ma c’è anche lo schizzo a penna del dipinto. Bellissimo libro, che in ogni doppia pagina “fotografa” da una parte il dipinto finito, così come lo conosciamo, e dall’altra il foglio del libro mastro al quale si riferisce, sempre illustrato da uno studio preparatorio, impeccabile quanto il quadro.


Edward Hopper Jaca Book, Milano 2020 152 pp., 130 ill. b.n. e colore € 50

MOROZOV E I SUOI FRATELLI

È la Storia di una dinastia russa e di una collezione ritrovata, come suggerisce il sottotitolo di questo libro che si legge d’un fiato, per poi tornarvi sopra, a più riprese, volendo approfondire notizie legate a dipinti celebri di artisti come Cézanne, Van Gogh, Gauguin, Maurice Denis, Picasso, Matisse, fra i tanti. La dinastia in questione è quella del magnate moscovita Ivan Abramovič Morozov, incredibilmente ricco e precocissimo amante e collezionista non solo degli impressionisti ma anche delle avanguardie, in anticipo rispetto a molti altri imprenditori europei o statunitensi. Morozov è scomparso nel 1921 a soli cinquant’anni, in esilio, in Cecoslovacchia, vittima delle espropriazioni a seguito della rivoluzione bolscevica, che non solo lo depredò di tutti i suoi immensi beni mobili e immobili, ma soprattutto dei suoi meravigliosi dipinti, alcuni commissionati appositamente. È il caso della Sinfonia marocchina, trittico fra i più intensi del soggiorno di Matisse a Tangeri, che l’artista francese dipinse per lui nel 1912. La collezione di Morozov vantava i più bei Gauguin, molti capolavori di Cézanne, e per lui nel 1907 Maurice Denis aveva dipinto la Stanza della musica nel fastoso palazzo moscovita. Al suo alter ego Sergej Ščukin, così diverso per carattere, era unito idealmente per le medesime passioni e gusti collezionistici. Rivali? Forse, in parte. Grazie a loro oggi ammiriamo all’Ermitage e al Puškin di Mosca capolavori assoluti di tutti i tempi, che dopo l’esproprio subirono vicende rocambolesche, magnificamente documentate in questo libro da Natalia Semënova, che già ci aveva regalato nel 2016 la biografia su Sergej Ščukin (Un collezionista visionario nella Russia degli zar, in collaborazione con André Delocque, anch’essa pubblicata in Italia da Johan & Levi). E chissà se mai aprirà e se potremo vedere la mostra dedicata a Morozov alla Fondazione Vuitton di Parigi, che segue quella su Ščukin del 2016. Per noi, la più bella in assoluto mai vista.


Natalia Semënova Johan & Levi, Milano 2020 pp. 340, 50 ill. b.n. e colore € 30

ART E DOSSIER N. 385
ART E DOSSIER N. 385
MARZO 2021
In questo numero: IN MOSTRA: Signac a Parigi; La collezione Ramo a Houston; Olmechi a Parigi. MARMI DI TORLONIA: Vita complicata di una grande collezione. COSA CI DICE IL VOLTO: Della Porta e la fisiognomica; il filosofo di Porticello; gli autoritratti di Francesca Woodman. CONTEMPORANEI TRANSNAZIONALI: Le non-sculture di Lee Seung-Taek, Alighiero Boetti e Salman Ali. Direttore: Claudio Pescio